- Il sacerdote campano Livio Graziano, arrestato a ottobre scorso, è già a processo per una violenza sessuale su un bambino di 12 anni avvenuta meno di un anno fa. Rischia fino a 12 anni di carcere.
- L’imputato è imprudente, come se avesse un senso di impunità. Manda whatsapp alla vittima a tutte le ore, anche di notte, pieni di chioccioline che – spiega il bambino – significano “ti amo”.
- Le dioces i di Avellino e Aversa sapevano solo di “voci”. Don Vitaliano Della Sala: «Purtroppo i vescovi, invece di interrompere ogni rapporto fra il prete e i ragazzi, lo trasferiscono. Aggravando il problema».
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Quando apre la porta ai carabinieri, don Livio non sospetta nulla. Conosce già quella coppia, era venuta a chiedere informazioni per mandare il figlio nella comunità Effatà Apriti che il sacerdote gestisce a Prata Principato Ultra, in provincia di Avellino. Invece era la copertura di due investigatori dell'indagine per violenza sessuale su un bambino di dodici anni. Per don Livio Graziano, 56 anni, scatta l'arresto: l'ordine di custodia cautelare viene firmato ad Avellino il 22 ottobre 2021 dalla gip (giudice per le indagini preliminari) Francesca Spella.
Quattro giorni dopo viene perquisita la sede della comunità: «Nell'armadietto del bagno vengono trovati preservativi, vaselina e lubrificanti, oltre a 107 mila euro in due scatole chiuse a chiave», racconta l'avvocato Giovanni Falci, che assiste il padre della vittima – i genitori, infatti, si sono costituiti parte civile in proprio e in rappresentanza del figlio minorenne. Il processo è già nella fase dibattimentale: l'imputazione è violenza sessuale, secondo l'articolo 609 bis del codice penale, aggravata dall'età della vittima, minore di 14 anni; il sacerdote rischia da sei a dodici anni di reclusione.
Originario della provincia di Caserta, don Livio è un prete sui generis. Le sue messe sono perturbanti, pervase da spirito carismatico: impone le mani e i fedeli si accasciano a terra. I malati vanno da lui per essere guariti.
È anche un educatore: si dedica ai bambini senza famiglia, va nelle periferie per cercare chi è rimasto ai margini. Nel 2002 fonda ad Avellino la Fidde, Fraternità i Discepoli di Emmaus, una onlus che in breve tempo si ramifica in tutta la regione, aprendo ambulatori, attività per disabili, gruppi di auto aiuto per chi soffre di ansia, ludopatie, disforie di genere. A Castel Volturno dal 2004 al 2020 il sacerdote gestisce anche una comunità educativa a gestione famigliare, dove accoglie decine di ragazzi in difficoltà.
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Esperto di pedofilia
Nel 2015 la onlus si costituisce in cooperativa sociale con il nome di Effatà Apriti, specializzata in disturbi alimentari e convenzionata con il Servizio sanitario nazionale e con il Tribunale di Avellino. Fra le vocazioni del versatile sacerdote non manca, tragica ironia, la lotta contro la pedofilia: nel 2012 lo troviamo come esperto a un convegno sulla pedopornografia patrocinato dall'Ordine degli avvocati di Benevento, con un intervento sul “recupero del minore vittima di abusi”. Per il suo impegno sociale e umanitario, due anni dopo riceve addirittura il premio “Padre Pio da Pietrelcina”.
Andrea (nome di fantasia) ha una famiglia normale; va a scuola, ha la passione per il calcio e da tifoso del Napoli sogna di incontrare Insigne.
Da un rapporto con un coetaneo si prende un'infezione e i genitori, disorientati, lo affidano proprio a don Livio, nella speranza che possa aiutarlo a mettere ordine nei suoi turbamenti preadolescenziali. Andrea resta per tutta l'estate 2021 nella grande casa di Prata Principato Ultra, dormendo su un materasso ai piedi del prete: secondo il padre del ragazzo, già dopo cinque giorni dal suo arrivo don Livio abusa di lui con il pretesto di “visitarlo”. «Le violenze da quel momento si ripeteranno per tutto il periodo della sua permanenza nella comunità», conferma l'avvocato Falci.
Il programma della “rieducazione di Andrea” è organizzato in una rigida griglia di impegni giornalieri, monitorata da un'équipe di specialisti.
«Don Livio mi aggiornava su come proseguiva il soggiorno e mi mandava foto del ragazzo impegnato in diverse occupazioni», racconta il padre. Ma è soltanto una messinscena: «Mio figlio mi ha detto in seguito che il prete lo metteva in posa apposta per le foto». Nella relazione finale consegnata ai genitori, si legge che Andrea è molto migliorato e «mostra una serenità e una pace interiore. Quella serenità che è la scoperta di esserci, di vivere l'istante intensamente».
A settembre, Andrea torna a casa. «Mi sono insospettito perché mio figlio era silenzioso e se ne stava sempre in disparte con il telefono – racconta il padre – gli ho chiesto a chi scrivesse continuamente e mi ha risposto: “A padre Livio, se non gli rispondo subito poi mi stressa”».
Dalla chat fra i due vengono fuori centinaia di messaggi: quelli del prete sono incalzanti, si lamenta che il ragazzino non lo considera, che senza di lui la sua vita non ha più senso. Don Livio è inarrestabile e, alla luce del successivo rovescio giudiziario, assai imprudente: manda whatsapp a tutte le ore, anche di notte, pieni di chioccioline che – gli spiega Andrea – significano “ti amo”. «Gli scriveva anche mentre celebrava la messa», rimarca il padre del ragazzo. «Durante l'esame del contenuto dell'iphone di don Livio sono emerse alcune fotografie di Andrea mentre dorme, in pose inequivocabili – dichiara l'avvocata della madre della vittima, Benedetta Falci – foto cancellate dal sacerdote ma recuperate dagli inquirenti nella memoria dei file eliminati».
Segno inequivocabile del delirio di onnipotenza in cui vive il sacerdote che, mentre fa la parte dell'amante con un bambino, sciorina su Facebook massime sull'amore e l'accettazione di sé, sostenuto dall'adorazione e dagli emoticon dei suoi seguaci. La storia di don Livio rappresenta bene il senso d'impunità radicato nei preti abusanti, che oscillano indisturbati fra adescamenti ed esercizi spirituali, al riparo di gerarchie ecclesiastiche che perlopiù giocano a scaribarile. Sulla pelle delle vittime.
Sentivano parlare di lui
La Chiesa, alla notizia dell'arresto di don Livio Graziano, ha preso le distanze, in senso proprio. La diocesi di Aversa, alla quale il sacerdote è incardinato, si è limitata a precisare che don Livio da ormai molti anni operava fuori dalla diocesi. Arturo Aiello, vescovo di Avellino dal 2017, a sua volta alza le mani e scarica la questione sul suo predecessore Francesco Marino che a più riprese aveva chiesto al sacerdote di non esercitare il ministero pastorale nel territorio diocesano.
Marino conferma: l'attività terapeutica di Graziano lo preoccupava, «agiva senza controllo, la situazione a me non convinceva, sia perché sganciata da ogni riferimento ecclesiale, sia perché in campi tanto delicati ci sarebbe stato bisogno di discernimento e competenza che non mi risultava avesse. Non mi sembrava avere un retroterra psicologico personale equilibrato e adeguato».
Comunque Marino sottolinea che Graziano operava sotto la responsabilità del vescovo di Aversa Angelo Spinillo il quale ribatte che l'imputato da ormai quindici anni manteneva con la sua diocesi «un rapporto molto occasionale». Il predecessore di Spinillo, Mario Milano, aveva però ingiunto a don Livio un periodo di discernimento e di recupero spirituale nella comunità monastica di Montevergine.
Don Vitaliano Della Sala, vicedirettore della Caritas di Avellino, ha conosciuto il sacerdote proprio a Montevergine. Lo ricorda come una specie di santone («incoraggiava la superstizione della gente e a volte ho avuto l'impressione che confondesse la fede con la magia») e non è sorpreso dallo scandalo: «Che io sappia è stato allontanato da Aversa per sospetti di pedofilia. Purtroppo i vescovi, in questi casi, invece di fare un'indagine seria e interrompere subito ogni rapporto fra il prete e i ragazzi, lo trasferiscono da un'altra parte, aggravando il problema».
Proprio ad Aversa, secondo Della Sala, lo stesso vescovo Milano nel 2011 era stato costretto a dare le dimissioni a pochi mesi dal pensionamento proprio per avere spostato un altro prete sospettato di pedofilia. Decisioni che hanno conseguenze drammatiche, tanto più se, come nel caso di don Livio, il sacerdote si occupa di minori a rischio, anche in convenzione con il servizio pubblico: «Se avessero avuto una denuncia in mano, forse le istituzioni ci avrebbero pensato due volte ad affidargli dei ragazzini», chiosa don Vitaliano.
Gli sta montando la rabbia
Andrea, intanto, ha lasciato gli amici e a calcio non parla con nessuno. «È sempre da solo, gli sta montando la rabbia», dice il padre, desolato. «Il ragazzo ha subito un'esperienza di abuso continuativa che il sacerdote ha qualificato come amore – spiega lo psichiatra Egidio Errico, che ha fatto una perizia su richiesta dell'avvocato Falci – i danni, già evidenti, purtroppo tenderanno a peggiorare con il tempo».
Lo scorso dicembre don Graziano è uscito dal carcere in seguito a uno sciopero della fame e ora si trova agli arresti domiciliari in una struttura di proprietà della Chiesa. È stato sospeso dal ministero sacerdotale e il Tribunale ecclesiastico ha avviato un processo che procede su un binario parallelo e indipendente da quello dello Stato.
(continua)
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