Il dossier presentato ad Assisi. Nel 2022 sono stati segnalati 32 abusatori e 54 vittime. Tra queste anche minori. La parola pedofilia non compare mai. E molti casi restano fuori
Avevano promesso un secondo report sugli abusi nella chiesa cattolica, in occasione del 18 novembre, giornata nazionale di preghiera della chiesa per le vittime di violenza, ed è arrivata una “Rilevazione sulle attività dei Servizi diocesani per la tutela dei minori e dei Centri di ascolto”.
Cambiato il nome, non cambia la sostanza e qui, nella sintesi fornita in coda all’assemblea straordinaria della Cei il 16 novembre ad Assisi, di sostanza ce n’è proprio poca.
La rilevazione porta a termine il lavoro dello scorso anno, che presentava l’attività del Servizio diocesano o interdiocesano per la tutela dei minori, del Centro di ascolto e del Servizio regionale per la tutela dei minori nelle diocesi italiane nel 2020 e 2021. La sintesi fornisce numeri non esaustivi, che non aiutano a fare chiarezza. I dati più interessanti emergono soltanto dal rapporto integrale.
I numeri
Ecco quindi i dati, elaborati dall’équipe di ricercatori dell’università cattolica del Sacro Cuore di Piacenza. Nel 2022 i presunti abusatori segnalati alla chiesa sono stati 32 e le vittime 54 (con prevalenza di casi che riguardano il passato per il 56,8 per cento); nel biennio 2020-2021 le vittime erano state 89 e 68 i preti abusatori.
L’età delle vittime nel 2022: 25 hanno fra i 15 e i 18 anni e 19 sono maggiorenni, con una netta prevalenza di femmine (44 su 54). Rimangono quindi dieci segnalazioni di abuso che riguardano bambini, ma la sintesi non lo esplicita, così come non nomina mai la parola “pedofilia”. Le vittime minori di 14 anni però ci sono, come si legge nella versione estesa del rapporto: due hanno meno di 4 anni, quattro fra 5 e 9 anni e quattro fra 10 e 14 anni.
Le segnalazioni sono arrivate ai 108 centri di ascolto attivi in 160 delle 206 diocesi italiane, mentre nel primo report i centri d’ascolto erano 90, di cui solo 30 avevano fornito dati. Analizzando i casi segnalati per tipologia di abuso, «si nota la prevalenza di comportamenti e linguaggi inappropriati, offese, ricatti affettivi e psicologici, molestie verbali, manipolazioni psicologiche, comportamenti seduttivi, dipendenze affettive». Il profilo dell’abusatore è un sacerdote o un religioso che ha dai 40 ai 60 anni e nel 37 per cento dei casi è un laico.
Domande senza risposta
Cambiano i motivi che spingono le persone a contattare i centri: è vero che nel 2022 è cresciuto il numero complessivo di persone che hanno contattato i centri d’ascolto (374 rispetto agli 86 del biennio 2020-21), ma nel 2022 nell’81,9 per cento dei casi si tratta in realtà di richiesta di informazioni e soltanto nel 18,1 per cento di una denuncia all’autorità ecclesiastica (rispetto al 53,1 per cento del 2021). Inoltre, pur avendo ampliato la base di indagine (nel 2022 ha risposto il 92 per cento delle diocesi rispetto al 73 per cento del biennio precedente), gli abusatori presunti sono meno della metà di quelli indicati nel primo report. Non solo: il 63,9 per cento delle diocesi (e addirittura l’85,7 per cento al sud) non ha ricevuto un solo contatto nel periodo 2020-2022.
Dati che indicano chiaramente che i centri d’ascolto diocesani non funzionano perché le persone non ci vanno, nonostante siano triplicati gli incontri formativi sulle “buone prassi in parrocchia” e sull’ascolto delle testimonianze. «Nel 2022 sono arrivate più vittime alla Rete l’abuso che a tutti gli sportelli diocesani italiani», commenta il presidente Francesco Zanardi.
La Rete l’abuso, l’associazione sopravvissuti agli abusi sessuali del clero, ha documentato 332 casi di violenza da parte di chierici o religiosi dal 2010 a oggi, casi che la Cei non ha finora voluto acquisire. «Non entro nel merito della raccolta di dati di altre strutture, ci basiamo soltanto su quello che abbiamo raccolto noi», ha commentato Emanuela Vinai, coordinatrice del Servizio nazionale per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili.
Rimangono senza risposta le domande più scottanti. La collaborazione fra la Cei e il dicastero per la Dottrina della fede, annunciata più di un anno e mezzo fa, non è ancora stata formalizzata, e non è iniziato il lavoro di analisi dei 613 fascicoli sui casi di abuso depositati al dicastero vaticano dopo il 2000. «Lavoro lungo e delicato, ne daremo notizia nei prossimi mesi», ha detto il sottosegretario della Cei, don Gianluca Marchetti.
Per quanto riguarda i vescovi che hanno coperto casi di abuso clericale, si agirà secondo le norme del Vox Estis e, qualora si riscontrassero delle responsabilità, «se ne occuperà direttamente la Santa sede», ha sottolineato Marchetti.
«Oggi è davvero difficile che ci siano vescovi che insabbiano, è più facile che siano troppo ligi e avviino procedimenti anche quando non sarebbe necessario», ha aggiunto il presidente della Cei Matteo Zuppi. Interrogato sul caso di Rosario Gisana, il vescovo di Piazza Armerina intercettato mentre ammette di aver coperto gli abusi di uno dei suoi sacerdoti (don Giuseppe Rugolo, oggi a processo), Zuppi ha dichiarato a Domani «di non aver mai seguito il caso».
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