Si è tenuta oggi, martedì 7 gennaio, nel quartiere Tuscolano di Roma la cerimonia commemorativa per le vittime della strage di Acca Larentia, con la deposizione della corona di alloro da parte di Fratelli d'Italia, del comune di Roma e della regione Lazio in tre momenti diversi.

Nel pomeriggio del 7 gennaio 1978 alcuni giovani militanti del Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile del Movimento sociale italiano, furono uccisi a colpi di pistola fuori dalla sede di via Acca Larentia a Roma: Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta morirono subito, Stefano Recchioni a seguito degli scontri con le forze dell'ordine. Per la commemorazione istituzionale odierna sono intervenuti familiari, cittadini e rappresentanti istituzionali.

Tra i presenti per FdI il vicepresidente della Camera, Fabio Rampelli, e il deputato Federico Mollicone. Per il comune di Roma l'assessore alle Politiche del personale di Roma, Giulio Bugarini. Per la regione Lazio, il presidente Francesco Rocca.

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«Come Fratelli d'Italia siamo presenti oggi a quella che è una cerimonia istituzionale, che vuole essere un invito alla pacificazione per ribadire che quelli degli anni '70 sono stati anni terribili - ha detto Mollicone di Fratelli d'Italia -. Essere qui per noi è lineare e coerente, i tre ragazzi trucidati da un commando comunista sono stati riconosciuti dallo Stato come vittime del terrorismo».

«Siamo qui per ricordare il terribile atto avvenuto il 7 gennaio del 1978. Ogni anno il comune di Roma depone una corona a ricordo del periodo drammatico e terribile degli anni di piombo», ha sottolineato l'assessore Bugarini.

La polemica sulla targa per Recchioni

La rimozione nei giorni scorsi, per decisione di Roma Capitale, della targa commemorativa di Stefano Recchioni in via Evandro (rimessa la notte scorsa) con la scritta «chi si è sacrificato nei valori eterni della tradizione è esempio immortale nella rivoluzione», l'ultima (in ordine di tempo) delle tre vittime della strage di Acca Larentia, è stata la ragione per cui il presidente della regione Lazio, Francesco Rocca, ha deciso di non commemorare insieme al comune (a differenza dello scorso anno) il 47esimo anniversario delle morti dei militanti del Fronte della Gioventù.

«Per la mia generazione è una ferita ancora aperta il fatto che non si sia riuscita ancora a fare luce sulla vicenda - ha osservato Rocca -. Quello che conta oggi è ricordare che questi ragazzi sono stati vittime di una violenza. Adesso la magistratura farà i suoi accertamenti. Mi farebbe piacere dedicare questa giornata alla memoria e alla violenza politica che ha visto vittime a destra e sinistra. Non mi sono sentito di fare la commemorazione con il comune di Roma, perché ho trovato inutili e vergognose le polemiche dei giorni scorsi. L'anno scorso eravamo qua insieme, ma l'atteggiamento sulla targa non ci ha messo in condizioni di avere una commemorazione condivisa».

«Quella targa stava qui da decenni, si poteva scegliere una strada di memoria condivisa, individuare una targa comune, si potevano fare tante cose - ha continuato Rocca -. Ma a distanza di pochi giorni l'ho trovata una provocazione inutile. Dopo anni ci si sveglia e si distrugge quella targa. Quando il dito indica la luna, che è la pacificazione, l'imbecille guarda il braccio. Spero che questo mio gesto porti a una riflessione per arrivare a una memoria realmente condivisa».

 Sul punto l'assessore comunale Bugarini ha precisato: «Sulla ricomparsa della targa in ricordo di Recchioni, la pacificazione passa sulla ricerca delle parole e dei testi di un linguaggio condiviso che chiuda una storia ormai conclusa. Lo sforzo delle istituzioni dopo tanti anni è quello di trovare un linguaggio comune per descrivere quei fatti».

Sulla stessa linea Rampelli: «L'unica cosa sensata è costruire la pacificazione ma la pacificazione non si costruisce tirando giù a picconate una targa commemorativa» ha detto il mentore di Giorgia Meloni. «Uno deve decidere cosa vuole dalla vita, quella targa l'avevano messa i fratelli e gli amici di Stefano Recchioni e non andava buttata giù - ha aggiunto Rampelli - Chi tira giù a picconate le targhe la fa da solo, e chi ritiene non possa essere questa la strada per costruire un clima di serenità e superamento delle contrapposizioni, peggio ancora se violente, fa un'altra strada e un'altra scelta».

La contestazione

Durante la cerimonia, presenti anche contestatori: «Viva la rivoluzione italiana, viva la resistenza. M*rde» ha gridato un uomo, che è stato immediatamente identificato dalle forze dell’ordine presenti. Gli agenti in borghese della polizia gli hanno chiesto i documenti appena superato l'incrocio tra via Evandro e largo Orazi e Curiazi, dove si trova la targa commemorativa (rimessa dopo che il Comune l'aveva tolta nei giorno scorsi) di Stefano Recchioni.

«Invece di arrestare i manifestanti per apologia di fascismo, che è anticostituzionale, fanno i controlli a chi si appella alla costituzione. Questa è l'Italia» ha detto l'uomo, abitante del quartiere, mentre gli venivano controllati i documenti. «Ci sono le croci celtiche, si inneggia al fascismo, c'è una lapide con su scritto “I Camerati”. È giustissimo che vengano commemorate delle morti di un periodo in cui c’era la lotta politica armata e tutti i giorni venivano uccise persone da parte di forze politiche di destra e sinistra, ma non è accettabile che questo diventi Predappio, un raduno di neofascisti che fanno il saluto romano e si inneggia pubblicamente al ventennio. È inaccettabile per qualsiasi paese che abbia subìto il fascismo, il nazismo e tutto questo abbia portato a morti, guerre, campi di sterminio e agli orrori che abbiamo visto tutti e che abbiamo studiato. Forse qualcuno non ha studiato».

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