«Una sentenza storica», che apre alle famiglie monoparentali, anche della comunità Lgbtq. Tutela il diritto all’autodeterminazione e l’interesse del minore. Rimangono discriminazioni
È incostituzionale escludere le persone single dall’adozione internazionale. Con una sentenza storica, depositata ieri, la Corte costituzionale ha stabilito che le persone non coniugate «possono adottare minori stranieri in stato di abbandono». Una decisione autoapplicativa che, quindi, non ha bisogno dell’intervento del legislatore e che apre alle adozioni internazionali anche da parte delle persone della comunità Lgbtq+, purché single.
«Il parlamento intervenga e cancelli ogni ostacolo ideologico», ha commentato Alessandro Zan, responsabile diritti del Pd. Un passo fondamentale, per le opposizioni, che hanno chiesto che sia allargata anche alle coppie omogenitoriali e alle adozioni nazionali, e ritenuto urgente una revisione della legge sulle adozioni. Per Forza Italia è «un passo avanti significativo verso un sistema sempre più inclusivo».
Mentre per la Lega è un’occasione per una modifica della normativa, in cui è necessario coinvolgere anche le coppie eterosessuali conviventi. I partiti di maggioranza non hanno fatto alcun riferimento sulla possibilità che questa sentenza apre anche alla comunità Lgbtq+. Cosa che non è sfuggita a Pro Vita e Famiglia, che ha dichiarato che «il miglior contesto possibile» sarebbe «la famiglia formata da un padre e una madre».
Un passo significativo
«Nel faticoso cammino per la rimozione delle barriere all’accesso alla genitorialità, con questa decisione la Corte fa un passo significativo – dice Angelo Schillaci, professore associato di Diritto pubblico comparato all’università Sapienza di Roma – riconoscendo che una famiglia può essere, come è nella realtà di molte famiglie, anche monoparentale».
Il caso è stato sollevato dal tribunale per i minorenni di Firenze in relazione all’articolo 29 bis della legge 184 del 1983, nella parte in cui prevede un divieto assoluto per le persone singole di adottare un minore straniero residente all’estero. Per la Corte la norma è incostituzionale perché in contrasto con due articoli della Carta: l’articolo 2, che riconosce e garantisce i diritti inviolabili della persona, e l’articolo 117, che richiama i vincoli derivanti dagli obblighi internazionali. Tra questi, l’articolo 8 della Cedu, che stabilisce il diritto al rispetto della vita privata e familiare.
Secondo la Corte, quindi, in astratto le persone single sono idonee a garantire al minore un ambiente stabile e armonioso. È poi compito del giudice accertare, nel caso concreto, il rispetto degli altri requisiti previsti dalla norma, relativi all’età, all’idoneità affettiva e alla capacità di educare, istruire e mantenere i minori che intende adottare. Tant’è che, scrivono i giudici, «anche il modello della famiglia monoparentale trova riconoscimento in Costituzione».
«La disciplina censurata si riverbera sul diritto alla vita privata, inteso come libertà di autodeterminazione, che si declina, nel contesto in esame, quale interesse a poter realizzare la propria aspirazione alla genitorialità», si legge nella sentenza. La Corte, spiega Schillaci, «non ha posto la questione su un piano di discriminazione tra coppie coniugate e persone singole, ma è intervenuta nel perimetro della tutela della posizione soggettiva della persona di stato libero che voglia accedere all’adozione». Questo è uno dei due pilastri evidenziati dalla Consulta: da un lato, la libertà di autodeterminarsi della persona, dall’altro, i molteplici e primari interessi del minore. Ancor di più, sottolinea la Corte nella nota, se si considera che c’è «una significativa riduzione delle domande di adozione».
Il tribunale per i minorenni di Firenze, rimettendo il caso alla Consulta, ha poi sottolineato come ormai i modelli familiari presentino «caratteristiche di pluralismo sociale, culturale, identitario», il che sarebbe «un dato acquisito della vita sociale e comunitaria». Un elemento che è stato accolto dalla Corte, che ha richiamato la sua giurisprudenza, ricordando però l’importanza di una valutazione del caso concreto.
Non era, però, dello stesso avviso l’Avvocatura di stato, intervenuta in giudizio a difesa della presidente del Consiglio, per chiedere l’inammissibilità della causa, o comunque la manifesta infondatezza. Due eccezioni che i giudici hanno dichiarato non fondate.
Discriminazioni
Se può essere definita una sentenza storica perché scardina il modello di famiglia tradizionale e accoglie quello di famiglia aperta che comprende la rete sociale, questa decisione, però, dà spazio a discriminazioni nei confronti delle coppie unite civilmente. «Adesso si crea una situazione per cui una coppia eterosessuale sposata può fare domanda di adozione nazionale o internazionale. Una coppia di persone dello stesso sesso, unita civilmente, non può fare né l’una né l’altra. Una persona single eterosessuale o omosessuale che sia può chiedere solo l’adozione internazionale». Questa è la geografia in cui Vincenzo Miri, avvocato e presidente di Rete Lenford, associazione dell’avvocatura per i diritti Lgbtq+, vede un’irragionevolezza di trattamento e una discriminazione. «Evidentemente c’è qualcosa che non va in questo scenario e che, a mio parere, darà corso a ulteriori pronunce della Corte costituzionale», prosegue Miri. La Corte, per poter decidere una questione più ampia rispetto a quella sottoposta, avrebbe potuto autosollevare una questione di costituzionalità davanti a sé stessa. Così avrebbe potuto includere le coppie unite civilmente e le adozioni nazionali, ma probabilmente ha ritenuto, conclude Miri, «che la discrezionalità legislativa andasse prioritariamente salvaguardata».
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