Anna vive ad Osino, un comune di 30.000 anime in provincia di Ancona che conserva ancora nel suo centro storico tracce di un passato antichissimo che risalgono all’epoca romana. La donna è una delle centinaia di persone che ha risposto all’appello di questo giornale per mappare il disagio abitativo nel nostro paese dopo la pubblicazione della nostra inchiesta sul mercato immobiliare nella Capitale, e racconta a Domani: «Siamo un piccolo nucleo familiare di due persone, io professionista e lui a partita Iva. Del nostro reddito familiare integralmente dichiarato, il 70 per cento va in tasse arretrate, bollette e affitto, il 15 per mangiare e il resto a caso».

Poi aggiunge che, con il suo compagno, vive in una casa dove la proprietaria ha intenzione di aumentare l’affitto a partire dal 2025, che è già alto, tuttora, per i loro stipendi. È così che la donna oggi è preoccupata per il loro futuro, perché trovare da casa in affitto da quelle parti è diventato complicato, mentre non può permettersi né di acquistarne una, né di accedere alle graduatorie per una casa popolare, perché il suo reddito è considerato troppo alto.

Salari bassi

Nella condizione di Anna – secondo i dati di una recente indagine di Nomisma – si trovano poco più della metà delle famiglie italiane, il 56 per cento, per le quali l’affitto rappresenta l’unica soluzione possibile a causa della mancanza di risorse economiche sufficienti per accedere al mercato della compravendita. D’altronde, quale sia un altro punto della questione, sono i dati dell’Ocse a ricordarcelo; i quali indicano come in Italia la contrazione dei salari reali ha registrato negli ultimi due anni una cifra pari al 7 per cento.

E ancora, è la stessa ricerca di Nomisma a confermare che oggi in Italia più di una famiglia su tre ha dichiarato di avere problemi a pagare il canone d’affitto. Già, perché in tutto il paese, ad esempio, la media generale dei prezzi dei canoni che è stata fotografata agli inizi dell’ultima estate dall’osservatorio di immobiliare.it, è pari al 13,63 euro al metro quadrato, con un’impennata dei prezzi del 10 per cento in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Tant’è.

Fuga dalla città

C’è chi come Silvia (che chiede di omettere il cognome) lavoratrice della cultura, ha sempre abitato in affitto, sia durante l'infanzia, sia da adulta lavoratrice e, dopo un periodo dove ha vissuto a Milano, abitando soprattutto nell’hinterland della città meneghina, oggi si è trasferita in provincia, a Rimini, dove sta cercando una casa in affitto per i genitori anziani che vorrebbero trasferirsi lì dove vive la figlia, ma la ricerca di una casa è diventata un incubo, dato che, come racconta a Domani, «tutte le proposte sono affitti stagionali dedicati ai turisti o a studenti, e quello che rimane sul mercato sono appartamenti di lusso dai canoni stratosferici, oppure qualche rarissima soluzione impraticabile per una coppia di anziani, come vecchi appartamenti in pessimo stato, monolocali o piani alti senza ascensore».

E c’è anche chi come Viviana Regine, a 28 anni, con un contratto, precario, ovviamente –  specifica –  ha dovuto rinunciare a vivere a Bologna, «perché non riuscivo a trovare una casa che non costasse più del mio stipendio». Come la donna spiega a Domani: «Ho visto un monolocale di 40 mq per cui mi chiedevano 790€ al mese per vivere con il bagno pieno di muffa che il proprietario non aveva intenzione di togliere. Inoltre, ho visitato un monolocale a 800 euro al mese, sempre per 40 mq, con un proprietario che mi ha chiesto 4 mensilità per entrare».

E poi, Viviana ancora racconta: «Ogni visita era anche seguita da un colloquio in cui dovevo specificare il mio lavoro e la retribuzione e, non avendo un contratto stabile, avrei dovuto ovviamente indicare i miei genitori come garanti». Aggiunge: «Prima di questa esperienza terribile nella ricerca della casa, ho vissuto in un appartamento di 35 metri quadrati, sempre a Bologna, pagando una pigione di 1.200 mensili, poi quando sono andata via, il proprietario ha alzato il prezzo a 1.300 euro».

Provincia tragica

Le storie di Anna, Silvia e Viviana e quelle di altre centinaia di persone che hanno denunciato la propria tragica condizione a Domani, raccontano tutte della difficoltà di trovare una abitazione dignitosa, delle discriminazioni che si incontrano a causa della propria situazione contrattuale precaria, dei proprietari che offrono, nella maggioranza dei casi, affitti brevi, soluzioni transitorie; accade dal nord al sud del paese, nelle metropoli, come in provincia.

A Brescia, per esempio, Maria Elena, dipendente di una amministrazione pubblica, racconta: «Nel giugno 2022 ho preso in affitto a 570 euro un grazioso bilocale in una zona non centrale, comunque comoda, ma ora con l’arrivo di un bambino la casa non sarà più sufficiente, dato che non c'è lo spazio neanche per mettere un piccolo fasciatoio. E ora con quella cifra trovo solo stanze singole in appartamenti condivisi, dato che i bilocali sono arrivati a costare 900 euro. Prendere in appartamento è un lusso», conclude. È diventato un privilegio, di certo, per chi si trova a dover aggiungere alle difficoltà richiamate, anche discriminazioni di natura etnica o sessuale, e per di più in alcune delle province più progressiste come questo giornale ha raccontato nei giorni scorsi.

Giovani e no

È una dinamica, quella del “caos affitti”, che di certo è legata all’aumento della componente nella domanda di affitti brevi per turismo in tutte le città, a cui si aggiunge l’aumento nella richiesta temporanea di locazioni da parte di lavoratori e studenti fuorisede; un problema, per questi ultimi, esacerbato dalla scarsa accessibilità delle residenze universitarie che ha scatenato nei mesi scorsi dure proteste nelle università.

Sia come sia, è una questione drammatica che riguarda tutte le fasce della popolazione. Come Erica, che ha 25 anni e, dopo la laurea, ha lavorato per otto mesi con un contratto di stage, a Milano, spendendo 500 euro per una stanza singola in una casa infestata due volte l’anno dalle blatte e dove l’umidità è a farla da padrona, ma, dice: «Mi trovo costretta ad accettare questa situazione perché con lo stipendio che percepisco non potrei permettermi di spendere più di 500€ per una stanza in affitto, e non vorrei chiedere soldi alla mia famiglia per trasferirmi».

E infine c’è la storia di Eleonora (nome di fantasia) che ha 68 anni, vive a San Casciano Val di Pesa, in provincia di Firenze, e spiega a Domani di vivere con una pensione di 380 euro al mese, insieme a quella del marito che ne percepisce 420, di euro al mese, vivono con 800 euro. La coppia, dopo un lungo periodo di separazione e vari problemi, tra cui anche il pignoramento della azienda agrituristica a conduzione familiare e un mutuo a tasso variabile che non sono più riusciti a pagare, ora ha deciso di riprovare a stare insieme «per tentare di sopravvivere con le nostre pensioni e aiutarci». «La nostra azienda – racconta – a causa dell’inflazione di aziende e case alle aste nella zona, è rimasta ancora invenduta e per questo non possiamo richiedere l’adeguamento alla pensione minima perché dall'Isee risultiamo proprietari di una ricca proprietà, da cui, peraltro, ci hanno sfrattati».

E poi aggiunge: «Quando ci siamo messi in cerca di una casa in affitto, amici e parenti ci hanno ospitati per il periodo necessario alla ricerca, e poi però abbiamo avuto fortuna. Paghiamo 600 euro al mese per un appartamento grazioso in un paesino intorno a Firenze, ma abbiamo un contratto transitorio, entro febbraio del 2026 dovremo cercare una nuova casa, auguri a noi».

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