Le opposizioni chiedono al governo di fermarsi, gli esponenti della maggioranza si rifugia nel silenzio e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi vuole andare avanti. Abbandonare il progetto dei centri per migranti in Albania equivale a decretare il fallimento di uno dei cavalli di battaglia di Giorgia Meloni. Ma finora la storia del protocollo firmato dalla premier con l’omologo albanese Edi Rama è costellata di insuccessi dopo le mancate convalide dei trattenimenti dei migranti nel centro costruito a Gjader.

Eppure ieri il ministro Matteo Piantedosi ha ribadito la volontà del governo di proseguire nel progetto, mentre i giornalisti lo interrogavano in merito alla notizia pubblicata da Domani sulla lettera di licenziamento inviata dall’ente gestore Medihospes ai dipendenti impiegati nei centri. Piantedosi a Montecitorio ha detto che non ha intenzione di svuotare le strutture costruite dal genio dell’Aeronautica militare e inaugurate meno di un anno fa.

Licenziamenti

Come raccontato su questo giornale, un centinaio di lavoratori hanno ricevuto una lettera da Medihospes nella quale c’era scritto: «La informiamo che a causa di una serie di pronunce giudiziarie contraddittorie e non conformi agli orientamenti della Corte di Cassazione italiana, nonché dell’impossibilità momentanea di accogliere nuovi flussi di migranti, siamo costretti a sospendere temporaneamente il nostro servizio».

La Medihospes era stata scelta all’esito di una procedura negoziata, senza gara, del valore di 151,5 milioni di euro per quattro anni con un ribasso del 4,94 per cento. E quindi «il contratto di lavoro sarà considerato risolto a partire dal 15 febbraio 2025 fino a nuova comunicazione». E, «in attesa di una soluzione giuridica stabile e definitiva».

Reazioni

La notizia ha suscitato diverse reazioni tra le opposizioni. Per la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein, si tratta dell’«ennesima certificazione del fallimento di questa operazione che calpesta i diritti fondamentali e le leggi italiane ed europee», oltre che «uno spreco di risorse economiche». E aggiunge un appello a Meloni: «Basta, si fermi, c’è un paese che tra calo di produzione industriale, costo dell’energia e salari bassi richiede risposte, non becera propaganda».

I centri sono «un colossale fallimento» dice invece Angelo Bonelli di Avs e sottolinea che «da sabato, nei centri di Shengjin e Gjader rimarranno solo pochi poliziotti di guardia e qualche medico».

«Cosa resta? Centinaia di migliaia di euro degli italiani buttati, una manciata di migranti ospitati a fronte di migliaia di arrivi sulle coste italiane, personale delle forze dell'ordine impiegate a dare da mangiare ai cani randagi in un paese straniero invece che contrastare la criminalità qui in Italia e una enorme ombra nera sul nostro paese», ha detto invece il segretario di +Europa, Riccardo Magi.

Il futuro

Nei mesi scorsi il governo ha inviato in Albania migranti provenienti principalmente dal Bangladesh e dall’Egitto ma i giudici di Roma – tutte e tre le volte – non hanno convalidato i trattenimenti aspettando una decisione della Corte di giustizia europea sui paesi sicuri. Cosa accadrà ora non è chiaro.

Al momento i tecnici del Viminale sono al lavoro per aggiornare le modalità di funzionamento dei centri. L’ipotesi più accreditata è quella dell’allargamento del Cpr già esistente a Gjader per accogliere non soltanto i migranti salvati in acque internazionali dalle imbarcazioni delle autorità italiane, ma anche chi si trova già in Italia.

Si stanno facendo una serie di valutazioni tecniche e non è sicuro che la questione approderà nel Consiglio dei ministri del prossimo lunedì. Il governo, prima di agire, dovrà necessariamente confrontarsi con il Quirinale e l’Unione europea.

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