Parchi dimenticati ed erba sui marciapiedi: la Capitale è la città più green d’Europa ma somiglia a una grande giungla. Le disuguaglianze nella distribuzione del verde e il caso dell’ex Snia Viscosa, un parco archeologico in pericolo
«È partito il grande cantiere di piazza Pia, che trasformerà il volto di uno degli spazi più suggestivi di Roma. Entro il 2024 avremo una piazza più bella e vivibile, pedonalizzata, arricchita da elementi di arredo urbano e spazi verdi». Il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, ha annunciato la partenza del cantiere per la pedonalizzazione dell’area fra lungotevere Castello e via della Conciliazione. Ma nel rendering pubblicato per presentare l’intervento non si vedono elementi di arredo né tantomeno spazi verdi. E se ne uscisse una spianata di cemento, una nuova “isola di calore” sulla porta d’accesso al Vaticano?
Il progetto per la nuova piazza, prevista per il Giubileo del 2025, ha sollevato tante polemiche. E qualche vip si è mobilitato: «Caro sindaco, quando faranno 45 gradi viene con me un’oretta in centro per vedere chi resiste di più? Alberi, dovete piantare alberi», ha detto l’attore Alessandro Gassmann. «Passeremo da un luogo con tremila auto l’ora a uno arredato e percorribile a piedi. Saranno piantati in quell’area quasi duecento alberi», replicano dall’ufficio di Sabrina Alfonsi, assessora all’Ambiente nella giunta Gualtieri.
Giungla capitale
Il giorno prima era stata un’altra attrice, Anna Foglietta, a denunciare lo stato di un parco di Roma. Il comune si è giustificato dicendo che era solo una piccola parte e poi è corso a ripulire la zona. Nonostante la campagna di pulizia straordinaria che sindaco e assessora promuovono sui social, la capitale somiglia a una grande giungla: parchi e aiuole senza manutenzione, erba incolta sulle piste ciclabili, serpenti che sbucano in giardini e terrazzi. E marciapiedi a volte impraticabili per le sterpaglie e i troppi rifiuti. La situazione di degrado va dal centro alla periferia, mentre le segnalazioni dei romani restano spesso inascoltate.
La gestione del verde romano si inserisce in un paradosso, che in realtà paradosso non è e anzi aiuta a spiegare lo stato di alberi e arbusti. Roma è la città più verde d’Europa. Grazie ai suoi grandi parchi urbani e alle ville storiche – Villa Doria Pamphili, Villa Ada, Villa Borghese – la città non ha eguali per estensione del verde, che rappresenta il 40 per cento del territorio comunale. Sotto la responsabilità del Campidoglio ricadono 340mila alberi, con un bilancio arboreo che nel 2021 è tornato positivo dopo vari anni.
Con i suoi 50mila ettari coltivati, Roma è il più grande comune agricolo d’Europa. Sul territorio ci sono 19 aziende agricole curate da privati e l’amministrazione gestisce in modo diretto due imprese: la tenuta di Castel di Guido, poco distante da Fiumicino, e la tenuta del Cavaliere, nel quadrante est della città. Dopo anni di prosperità, le due aziende sono adesso in declino, con la gestione a Roma capitale rinnovata solo su base annuale. Ma con la delibera last minute dello scorso febbraio la regione ha prorogato la concessione per altri sei anni: un tempo sufficiente per «mettere in campo investimenti per un vero rilancio».
Chi gestisce cosa
Il verde urbano ricade sotto la gestione di varie strutture capitoline. Attraverso la manutenzione ordinaria e straordinaria, al Dipartimento tutela ambientale spetta la cura del verde comunale, fra cui i 36 parchi e le ville storiche: aree «manutenute in economia, in convenzione o in adozione». I municipi, invece, curano le aree verdi di quartiere, con la possibilità di stabilire apposite convenzioni. Alla Sovrintendenza ai beni culturali competono 59 aree in zone archeologiche e monumentali, la cui gestione è affidata a Zètema.
Lo scorso aprile il comune ha lanciato un nuovo bando per la manutenzione ordinaria del verde pubblico, che coprirà il periodo 2024-2026. Sono previsti cento milioni per quindici lotti in quindici municipi, suddivisi in base alla quantità di aree verdi: l’importo maggiore, 13 milioni di euro, andrà al IX municipio, seguito dal IV e dal II (che comprende Villa Ada) e dal I, che con Villa Borghese riceverà poco più di 8 milioni.
L’idea è di passare «da un approccio incentrato sulla manutenzione alla cura del verde in ogni suo aspetto», superando la distinzione fra verde verticale (le potature) e orizzontale (gli sfalci). Ogni lotto sarà affidato a un’impresa diversa e saranno scoraggiati i subappalti. «Gli alberi di Roma verranno potati una volta ogni cinque anni – ha detto l’assessora all’Ambiente Alfonsi – e gli interventi verranno tracciati su un’apposita app». Le domande di partecipazione sono state presentate a inizio maggio: seguirà ora la fase di aggiudicazione, per entrare a regime in primavera.
Le isole di calore
«La situazione nella capitale potrebbe essere migliore. Roma è una delle città europee con più verde, ma è poco salvaguardato», spiega Gianluca Burchi, dirigente di ricerca del Crea. «Mantenere alberature e parchi è molto costoso, e così varie amministrazioni hanno preferito dare spazio a nuove costruzioni. Ma il verde è fondamentale anche per l’indotto: una casa con uno spazio verde nelle vicinanze vale il 10 per cento in più».
Senza contare che il verde, in città, svolge funzioni importanti: sul piano ecologico-ambientale mitiga gli effetti dell’inquinamento, mentre dal punto di vista sanitario ha effetti terapeutici. È dimostrato che chi vive in spazi naturali ha meno probabilità di contrarre asma e bronchiti, e non vanno sottovalutati i benefici sociali e culturali: la presenza di spazi green incoraggia le persone a incontrarsi all’aperto e ad avere uno stile di vita sano.
Le aree verdi sono poi fondamentali per la regolazione del microclima. Quando investite da ondate di caldo, infatti, le città trattengono una quantità di calore superiore alle zone limitrofe: «È il fenomeno delle “isole di calore”, che può essere combattuto riducendo le aree cementificate e piantando più alberi», dice Burchi. Secondo uno studio di Lancet, le aree alberate sono fino a cinque gradi più fresche di quelle senza vegetazione e i muri ombreggiati hanno venti gradi in meno rispetto a quelli esposti al sole.
Quest’estate, a Roma, ci sono state escursioni di quattro gradi fra le zone più calde e le zone più fresche. Le isole di calore sono state più marcate nei quartieri centrali e nella periferia est, i settori urbani più densamente edificati. I quartieri più freschi, invece, sono quelli a nord e a ovest, aree meno urbanizzate con fiumi e tanto verde: lungo l’Aniene e il Tevere le temperature restano più basse; il parco del Pineto mitiga il clima da Primavalle alla Balduina.
Un verde per pochi
Nonostante i suoi mille chilometri quadri di giardini e riserve, Roma ha una distribuzione del verde molto disuguale: il paesaggio della capitale ha una forte disomogeneità, frutto di uno sviluppo urbano disordinato. «Ciò riguarda soprattutto la “città compatta”, con quartieri intensivi che offrono attività culturali e ricreative ma sono carenti dal punto di vista delle aree verdi», osserva Stefano Quaglia, ricercatore in Sviluppo urbano al Politecnico di Milano.
La lista include il V municipio, nel quadrante est della capitale, contraddistinto da una densità abitativa e da una quota di suolo consumato fra le più alte di Roma. E da un’evidente scarsità di spazi verdi. In quest’angolo di città – fra Pigneto e Casal Bertone – sorge l’area dell’ex Snia Viscosa, una fabbrica di seta dismessa negli anni 50. L’importanza di uno dei pochi polmoni verdi del quartiere è testimoniata dal processo partecipativo e dalle mobilitazioni che nel 2004 hanno portato all’esproprio dell’area.
Gli spazi tornati di tutti sono quelli del Parco delle Energie e del lago Bullicante, nato nel luogo scavato per costruire un parcheggio sotterraneo. Qui, fra i pini e gli alaterni, vivono 350 specie botaniche e 89 specie di uccelli. Nel parco archeologico dell’ex Snia sono quattro gli habitat protetti dall’Ue, mentre un terzo delle libellule d’Italia vive sullo specchio d’acqua, unico lago naturale di Roma.
A queste due aree si aggiunge una parte ancora privata, su cui sorge la maggior parte dei ruderi industriali. La zona è al centro di uno scontro fra l’attuale proprietario, il gruppo Pulcini, che vorrebbe costruirvi un polo logistico (ipotesi ora esclusa dal comune), e i cittadini dei comitati locali, che spingono per un altro esproprio e la creazione di un progetto sostenibile. Non un restauro degli edifici ma un sito verde che riunisca l’area: il parco, il lago e l’ex fabbrica insieme.
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