A quasi due mesi dalla scomparsa in Venezuela di Alberto Trentini, l'operatore umanitario originario di Venezia, la famiglia rompe il silenzio e lancia un appello al governo italiano. I familiari, attraverso una nota diffusa dall'avvocata Alessandra Ballerini, già legale dei genitori di Giulio Regeni, chiedono al governo italiano «di porre in essere tutti gli sforzi diplomatici possibili e necessari, aprendo un dialogo costruttivo con le istituzioni venezuelane, per riportare a casa Alberto e garantirne l'incolumità».

Come raccontato il 10 gennaio da Domani, Trentini si trovava in Venezuela dal 17 ottobre 2024 per una missione con la Ong francese Humanity e Inclusion, che si occupa di portare aiuti umanitari alle persone in situazioni di povertà, esclusione, conflitto e disastri.

Da tempo Alberto aveva segnalato alla sua compagna di subire «ostilità in ogni aeroporto» durante i suoi spostamenti tra l'Amazzonia e la capitale Caracas. Il 14 novembre, il giorno prima della scomparsa, in un messaggio WhatsApp, le aveva comunicato l'intenzione di volersi dimettere.

Alberto è stato fermato il 15 novembre mentre si recava in missione da Caracas a Guasdalito, a un posto di blocco, insieme all'autista della Ong, che secondo alcune fonti locali sarebbe stato arrestato insieme al cooperante. «Dalle scarse e informali informazioni ricevute sembrerebbe che Alberto pochi giorni dopo il fermo sia stato trasferito a Caracas e, ad oggi, ci risulta “prigioniero” in una struttura di detenzione, senza che gli sia mai stata contestata formalmente nessuna imputazione» spiega la nota.

Secondo fonti locali, lo stato di Apure dove si trovava, è diventato il centro di detenzione di cittadini stranieri che lavorano per organizzazioni non governative e vengono solitamente accusati di spionaggio, mercenariato e reati simili. Trentini e la sua Ong disponevano però dei permessi per operare in quella zona.

La famiglia denuncia il silenzio totale delle autorità: «Nessuna notizia ufficiale è mai stata comunicata da nessuna autorità venezuelana né italiana e di fatto, da quasi due mesi, nulla sappiamo sulle sorti di Alberto, tenuto anche conto che soffre di problemi di salute e non ha con sé le medicine né alcun genere di prima necessità». La situazione appare particolarmente preoccupante dal momento che «dal suo arresto ad oggi, a quanto sappiamo, nessuno è riuscito a vederlo, né a parlargli. Neppure il nostro ambasciatore è riuscito a comunicare con lui né ad avere sue notizie nonostante plurimi tentativi».

Sul caso si è mossa anche la Commissione Interamericana dei Diritti Umani (Cidh), che il 7 gennaio ha emesso una risoluzione urgente chiedendo al Venezuela di fornire informazioni immediate sulle condizioni di detenzione di Trentini. La Commissione ha richiesto che vengano garantiti i contatti regolari con familiari, avvocati e rappresentanti diplomatici italiani, oltre a una valutazione medica immediata e l'accesso alle cure necessarie.

La vicenda è arrivata anche in Parlamento con un'interrogazione urgente al ministro degli Esteri Antonio Tajani. I deputati del PD Peppe Provenzano, Gianni Cuperlo, Fabio Porta, Enzo Amendola, Lia Quartapelle e Laura Boldrini chiedono attraverso un’interrogazione urgente quali siano le iniziative del governo per garantire i diritti processuali e di detenzione di Trentini e assicurare il suo immediato rientro in Italia.

Il documento sottolinea come Trentini soffra di ipertensione e non ci siano garanzie che stia ricevendo le necessarie cure mediche regolari né che abbia mai ricevuto alcun genere di prima necessità.

«È inaccettabile che cittadini italiani che si trovano a lavorare o visitare altri Paesi con l'unica finalità di contribuire a migliorare le condizioni di vita dei loro abitanti, si trovino privati delle libertà e dei diritti fondamentali senza poter ricevere nessuna tutela effettiva dal nostro Paese», denunciano i familiari nella loro nota.

L'appello si conclude con un riferimento al recente caso di Cecilia Sala, liberata dopo 21 giorni di detenzione nel carcere di Evin in Iran: «Confidiamo che la Presidente del Consiglio ed i Ministri interessati si adoperino con lo stesso impegno e dedizione recentemente dimostrati a tutela di una nostra connazionale, per riportare presto, incolume, Alberto in Italia».

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