- Il 2 luglio è partito il Jova Beach Party da Lignano Sabbiadoro, nel corso dell’estate nelle varie tappe è atteso mezzo milione di spettatori.
- A Ravenna i lavori per il concerto hanno portato all’abbattimento di un filare di alberi, altre polemiche simili a quelle del 2019 riguardano le tappe di Vasto e Roccella Jonica.
- Il Wwf patrocina l’evento ma alcune sezioni locali hanno condannato le tappe nelle rispettive spiagge.
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Foto Michele "Maikid" Lugaresi (ufficio stampa)
Il 2 luglio scorso la spiaggia di Lignano Sabbiadoro è stata invasa da oltre 36mila persone e lo stesso è successo il giorno successivo. Nella località balneare friulana è infatti andata in scena la due giorni della prima tappa italiana del Jova Beach Party, la tournée che nel corso dell’estate porterà il cantante Jovanotti in concerto sulle spiagge di tutta Italia, con una proiezione complessiva di quasi mezzo milione di spettatori.
Da Ravenna a Vasto, da Roccella Jonica a Fermo, passando per Castel Volturno, Barletta e molte altre località, il viaggio del “ragazzo fortunato” ricalcherà in parte lo stesso del primo tour, quello del 2019. L’obiettivo è “lasciare il segno senza lasciare segni”, scrive sul proprio sito Trident Music, società produttrice della manifestazione, per quello che viene definito come “il primo grande evento itinerante al mondo che parla di ambiente”.
La comunicazione del Jova Beach Party 2022 ha in effetti spinto molto nella direzione della sostenibilità, tanto che tra i partner c’è il Wwf. Sul sito della tournée c’è una sezione apposita dove vengono raccontate le iniziative che contribuiranno a renderlo un evento perfettamente green.
Progetti satellite di sensibilizzazione ecologica, eliminazione della plastica dai concerti, raccolta differenziata a più non posso, crowdfunding che ha già raccolto oltre 3 milioni di euro per pulire e recuperare 20 milioni di mq di spiagge, laghi, fiumi e fondali in tutta Italia, finanziamento di borse di studio per corsi di biodiversità e molto altro.
Anche quest’anno però, proprio come nella scorsa edizione, il tour ha già sollevato numerose polemiche proprio per il suo impatto ambientale, tra alberi abbattuti, dune spianate, fauna a rischio e accuse di greenwashing da parte di quell’universo ambientalista che lo stesso Jovanotti nel 2019 definì “più inquinato della fogna di Nuova Delhi”.
Il caso Ravenna
La seconda tappa del Jova Beach Party si è tenuta l’8 e il 9 luglio a Marina di Ravenna. Per mesi sono andati avanti i lavori per organizzare il concerto e per mesi diverse associazioni ambientaliste locali hanno fatto sentire la loro voce sulle possibili conseguenze dell’evento sulla flora e la fauna.
L’area scelta per il concerto si trova infatti a 75 metri dalla riserva naturale della pineta costiera ravennate e a 185 metri da quel Parco Delta del Po facente parte della Rete Natura 2000, zone di protezione speciale create dall'Unione europea. «In una situazione simile ci aspettavamo, e ne abbiamo fatto richiesta più volte, la realizzazione da parte degli enti competenti (Parco Delta del Po, Comune di Ravenna e Carabinieri forestali) e la pubblicazione entro 30 giorni, come vuole la legge per consentire le osservazioni del pubblico, di una valutazione di incidenza ambientale (VINCA) dell’evento», spiega a Domani Francesca Santarella di Italia Nostra Ravenna.
Del documento, necessario per i siti in prossimità di aree protette, non vi è stata traccia per lungo tempo, in un rimpallo di responsabilità tra gli enti preposti e la Regione. Poche ore dopo un’interrogazione comunale sul tema e la richiesta di accesso agli atti fatta da Domani all’amministrazione di Ravenna il 6 luglio mattina, la VINCA è comparsa sul sito del Parco Delta del Po e del Comune, quando mancavano ormai 48 ore al concerto e con un cambio data in calce al documento che faceva risultare la sua pubblicazione a giugno.
«Probabilmente hanno aspettato l’ultimo momento per non darci il tempo di organizzarci con eventuali azioni legali o contestazioni», chiosa Santarella. La risposta a Domani dell’assessore al Turismo di Ravenna, Giacomo Costantini, è che “le linee guida che vengono date dalla direttiva europea sui VINCA ed ereditate dalle normative parlano sì di osservazione al pubblico, ma qui non si tratta di un progetto di tipo strutturale che ha un’incidenza continuativa sul territorio. Per un evento temporaneo non è previsto un percorso di partecipazione “da fuori””.
Nella valutazione si trovano una serie di prescrizioni da rispettare nell’organizzazione del concerto, tra cui che «tutti i materiali utilizzati per l’allestimento strutture e parcheggi temporanei legati all’evento, dovranno essere rimovibili al termine dell'evento che non causino danno alla vegetazione esistente».
Le operazioni sulla spiaggia per spianare l’area, montare il palco, creare percorsi di ingresso e deflusso e quant’altro dovevano insomma avvenire senza intaccare la flora locale. Ma così non è stato.
A marzo infatti i primi lavori hanno portato all’abbattimento di un filare lungo 65 metri di tamerici, in un periodo dell’anno in cui è peraltro vietato il taglio degli arbusti in quanto periodo di nidificazione. Secondo prescrizioni del Comune, le piante dovevano essere tagliate con le radici al seguito così da ripiantumarle in un’altra area.
«Noi avevamo fatto delle prescrizioni agli organizzatori, poi però le tamerici sono state controllate da professionisti per visionarne lo stato ed è emerso che l’apparato radicale estratto non era sufficiente a effettuare una ripiantumazione efficace», sottolinea l’assessore Costantini.
«In ogni caso si trattava di vegetazione abusiva e non autoctona, piantata in modalità che non aveva nemmeno funzione di filtro verso la pineta». In effetti sulla delibera comunale all’abbattimento si parla di “tamerix africana”, specie alloctona, da sostituire nella stessa area e a seguito del concerto con l’autoctona “tamerix gallica”.
Un sopralluogo del naturalista Federico Montanari ha però rivelato che le piante abbattute fossero anch’esse della specie autoctona gallica.
Il Comune di Ravenna in ogni caso ha chiesto agli organizzatori del concerto misure di compensazione ecologica maggiori visto il problema occorso con le tamerici. Come da progetti di sostenibilità visibili sul sito della Trident, con la raccolta fondi del Jova Beach Party è previsto in effetti il finanziamento della piantumazione di nuovi alberi e la rinaturalizzazione di aree antropizzate, contribuendo per esempio alla formazione di nuove dune.
Quello che le realtà ambientaliste lamentano però è che in alcuni casi, come quello di Ravenna, potrebbero essere proprio i lavori per il concerto a cancellare quei segmenti di flora e di fauna che poi si vuole ricreare.
Lo sbancamento delle dune
In un articolo del 2019 sul Manifesto, il capo ufficio stampa del Wwf, Antonio Barone, elencava tutte quelle che sarebbero state le fake news circolate a proposito della prima edizione del Jova Beach Tour: «C’è chi è arrivato a dire che sono state spianate le dune di Rimini (magari ne fossero rimaste di dune a Rimini)».
In effetti nella località balneare romagnola non ci furono interventi sulle dune, ma perché di dune non ce n’erano. Altrove non è andata così. Nel 2020 l’ambientalista ed ex attivista del Wwf, Augusto De Sanctis, è riuscito a ottenere un documento ufficiale della Trident Music in cui si trovano le richieste dei produttori del Jova Beach Party al comune di Roccella Jonica per l’organizzazione della tappa calabrese del tour del 2019. «Sbancamento delle dune da effettuarsi entro il mese di marzo/aprile e successiva livellatura della spiaggia entro fine luglio», si legge nel testo.
De Sanctis inoltre ha sovrapposto il Piano del demanio comunale e la planimetria con l’area oggetto dell’intervento del Comune e il risultato è che parte dei lavori di sbancamento per consentire il concerto di Jovanotti, per cui sarebbero stati spesi 50mila euro di fondi pubblici, sarebbero avvenuti su un’area di naturalizzazione dove sono vietati «alterazioni e movimentazione delle coltre superficiale di terra».
Un’area peraltro abitata da specie animali e vegetali fragili, come la tartaruga Caretta caretta, che proprio nel periodo del concerto (agosto) aveva il picco delle schiuse nei suoi nidi, o il fratino, uccello in via di estinzione che proprio in estate nidifica su spiagge come quelle di Roccella.
Elementi evidenziati in un documento del 24 luglio 2019 dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), che aveva dato parere negativo alla tappa del Jova Beach Party della località calabrese, poiché «si ritiene che sia gli interventi ambientali necessari alla preparazione del sito in funzione dell’evento, sia la realizzazione dell’evento stesso e il successivo ripristino dell’area, comportino rischi di impatto su diverse componenti ambientali compresi habitat e specie tutelati dalla normativa comunitaria vigente».
L’evento a Roccella poi si tenne lo stesso e si terrà anche quest’anno, con le tappe del 12 e 13 agosto. Stavolta senza valutazioni dell’Ispra: «Quest'anno non abbiamo ricevuto richieste e pertanto non abbiamo emesso alcun parere», hanno dichiarato a Domani.
Polemiche sullo sbancamento delle dune, la riproduzione del fratino e l’antropizzazione di aree già altamente antropizzate avevano riguardato anche altre tappe del tour del 2019, come il romagnolo Lido Degli Estensi, dove Legambiente aveva denunciato che «il sito è stato smembrato e le dune embrionali sono state arate», mentre a Rimini nei giorni del concerto era scomparso uno dei quattro fratini appena nati. Queste tappe sono state eliminate dal tour del 2022, ma le tensioni non si sono placate.
In un comunicato di alcuni mesi fa la Lega Italiana Protezione Uccelli (Lipu) si oppone ai concerti di Jovanotti sottolineando che «le spiagge sono un ambiente delicato: farne un luogo di concerti è sbagliato materialmente e culturalmente», mentre secondo l’Ente Nazionale per la Protezione degli Animali (Enpa) il tour sulle spiagge del cantautore italiano costituisce “un rischio di sopravvivenza per diverse specie”.
Tra le tappe più al centro delle polemiche oggi c’è quella a Vasto del 19-20 agosto. Qui le associazioni ambientaliste come Italia Libera denunciano l’intubazione del corso d’acqua di fosso Marino e lo spianamento della spiaggia nell’area destinata al concerto, che secondo le carte demaniali dovrebbe invece essere soggetto a naturalizzazione.
Un progetto di fatto uguale a quello del 2019, che ai tempi aveva creato tensioni anche per l’uso di 80mila euro di fondi pubblici e che poi si risolse con un nulla di fatto visto che la tappa del tour venne annullata all’ultimo momento «per problemi di sicurezza».
A differenza di Ravenna, però, nel caso di Vasto quest’anno la valutazione di incidenza ambientale dell’evento è online da settimane, così da permettere eventuali osservazioni del pubblico.
L’ambiguità del Wwf
Il sostegno del Wwf al Jova Beach Party è uno degli aspetti su cui la società produttrice Trident Music e lo stesso Jovanotti hanno insistito di più quando gli sono state rivolte critiche.
«Quando abbiamo iniziato a progettare il tour la primissima cosa che abbiamo fatto è stato contattare il Wwf», spiegava il cantautore nel 2019 in risposta agli attacchi ricevuti e anche quest’anno la partnership è solida, soprattutto attraverso il progetto RI-PARTY-AMO con cui Jovanotti e l’associazione ambientalista stanno raccogliendo risorse per interventi a livello ambientale, sociale e culturale in tutta Italia.
Eppure in alcuni casi le perplessità sull’impatto su fauna e flora del Jova Beach Party sono arrivate dal Wwf stesso, in quello che appare come un piccolo cortocircuito.
«Quel concerto non si doveva fare», tuonava nel 2019 l’ex presidente del Wwf Rimini Antonio Cianciosi a proposito della tappa romagnola del tour, un’opinione condivisa dal suo successore Claudio Papini.
Sempre nel 2019 il Wwf pubblicava un esposto contro il comune di Vasto per il modo in cui stava operando per preparare la spiaggia al concerto (poi cancellato): nell’area dell’allestimento del palco si trovavano delle giostre, spostate in un’altra zona della spiaggia «secondo modalità non concordate» in un periodo, quello di giugno, di nidificazione del fratino.
Quest’anno le polemiche stanno invece riguardando Fermo e Ravenna. Nella città marchigiana, dove Jovanotti arriverà il 5 e 6 agosto, alcune associazioni ambientaliste tra cui il Wwf Natura Picena hanno inviato una diffida al Comune contro la sua decisione di concedere la spiaggia al concerto. Per quanto riguarda la tappa di Ravenna invece tra i firmatari di una lettera di denuncia contro il Jova Beach Party, definito un rave party più che un concerto, ci sono anche il Wwf Ravenna e il Wwf Faenza.
«Noi personalmente non condividiamo questo tipo di attività sulle spiagge», spiega a Domani Davide Emiliani, presidente del Wwf Ravenna, che comunque loda l’intervento dell’organizzazione ambientale: «Arriva un momento in cui bisogna ragionare in maniera diversa e interrogarsi su cosa si può fare per evitare che ci siano impatti negativi visto che le spiagge sono ambienti molto delicati».
Che il ruolo del Wwf nel Jova Beach Party abbia un lato mitigativo è la sensazione che emerge leggendo anche altre dichiarazioni. «Abbiamo deciso di partecipare al Jova Beach Party per favorire la trasformazione di un evento che comunque si sarebbe tenuto rendendolo il meno impattante possibile», scriveva qualche giorno fa l’organizzazione sul Fatto Quotidiano.
«Dire che tutte le spiagge in quanto ambito di transizione ambientale non debbano essere destinate a questa tipologia di eventi è un discorso che in generale posso anche condividere», spiega a Domani Gaetano Benedetto, presidente del Centro studi Wwf.
«Dopodiché la domanda che viene spontanea è perché focalizzarsi solo su Jovanotti. Sulle spiagge italiane si tengono decine di migliaia di eventi simili che spesso non hanno la medesima attenzione ambientale. Non è per dire che siccome rubano tutti allora rubo anch’io, ma per sottolineare che c’è un approccio diverso».
Benedetto cita gli screening sui siti dei concerti che vanno avanti da mesi, la scelta delle date in funzione dei periodi di nidificazione, le valutazioni di incidenza ambientale fatte anche quando non obbligatorie, le transenne e gli steward a protezione delle aree da non calpestare, la raccolta differenziata e altre procedure e accorgimenti etici, oltre al reinvestimento nell’ambiente delle risorse raccolte attraverso progetti come RI-PARTY-AMO.
«Noi ci siamo perché vogliamo mandare una serie di messaggi precisi, ingaggiare i soggetti che devono essere protagonisti della transizione, cioè i cittadini», continua Benedetto, secondo cui un danno ambientale è tale quando è irreversibile, cosa che non si è mai verificata nell’ambito del Jova Beach Party.
Il caso degli sponsor
Per il Jova Beach Party c’è chi come la scrittrice ambientalista Linda Maggiori ha parlato di greenwashing, tanto per il processo di snaturalizzazione e rinaturalizzazione che caratterizzerebbe le fasi precedenti e successive al concerto, quanto per gli attori che tengono in piedi una manifestazione raccontata come un modello green.
A parte il Wwf, tra i principali sponsor del tour c’è Società Agricola Fileni, colosso degli allevamenti di polli biologici marchigiano da 531 milioni di fatturato di filiera nel 2021 e oltre 2mila dipendenti.
Fileni è accusato dai comitati di cittadini di basare il suo business sugli allevamenti intensivi, tanto che la costruzione di 12 capannoni per un totale di 2.200.000 polli l’anno nel paese di San lorenzo in Campo è finita davanti ai giudici, con il Consiglio di Stato che il mese scorso ha accolto il ricorso dei cittadini.
L’azienda in questi anni ha sempre negato di realizzare allevamenti di tipo intensivo: «Fileni non proporrebbe mai la realizzazione di progetti che si dimostrassero non sostenibili per l’ambiente e per le popolazioni circostanti“, sottolineava già nel 2016 la società. Intanto proprio Jovanotti questa primavera raccontava di aver smesso di mangiare carne per “un rifiuto quasi pregiudiziale nei confronti degli allevamenti intensivi: per me sono inaccettabili».
Tra gli altri sponsor del Jova Beach Party c’è anche A2A, società leader nella produzione di energia con un occhio di riguardo agli inceneritori. «Noi siamo il volano per le polemiche di qualunque tipo», chiosa a Domani Maurizio Salvadori, amministratore delegato di Trident Music. «Sull’inceneritore è come le polemiche sull’energia atomica. Chi ha detto che gli inceneritori non vanno bene? Ma soprattutto cosa c’entra il Jova Beach Party con gli inceneritori? Sono polemiche totalmente pretestuose perché se non ci fossero questi sponsor e ce ne fossero altri non andrebbero comunque bene».
Salvadori rivendica la forza degli oltre tre milioni di euro raccolti grazie a quegli sponsor per la realizzazione di progetti ambientali, sottolinea che proprio grazie alla prima edizione dei concerti sulle spiagge di Jovanotti alcune località in stato di abbandono come Castel Volturno e Roccella Jonica siano rinate e ricorda gli accorgimenti presi quest’anno per evitare problemi del passato, come la calendarizzazione delle tappe in funzione del periodo di nascita del fratino.
«Io ho ricevuto quasi 20 denunce nel 2019 e sono state tutte archiviate d’ufficio, vorrà dire qualcosa», conclude. «Le ostilità che subiamo riguardano situazioni microscopiche di associazionismo locale che hanno un atteggiamento talebano su ogni tipo di argomento e che per portare avanti una teoria usano notizie false».
Dopo pochi giorni dal via alla seconda edizione del Jova Beach Party, la partita tra una parte del fronte ambientalista che si oppone alla tournée e l’altra che invece ha scelto di mettersi al suo fianco e già serrata e la sensazione è che le polemiche ci accompagneranno ben oltre l’estate, come già successo nel 2019.
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