-
Sul palco dell’Eurovision è stato tra i primi artisti a esibirsi con un tributo alla scena dance italiana dagli Anni 80 a oggi. E col suo singolo Horizon in your eyes. Una diretta tv vista da oltre 50 milioni di persone, di cui quasi 6 solo in Italia. «Cercavano un esponente della nuova scena elettronica. Qualcuno che avesse un’idea del sound design contemporaneo e anche futurista», commenta.
-
E questo fa sorridere, visto che dai musicisti che gli girano intorno è considerato una specie di oracolo. Complice il suo nome, che richiama il personaggio alieno di Bowie, Stardust. Ma soprattutto il suo tocco magico, che porta una canzone a diventare una hit. Da Soldi di Mahmood, che all’artista è valsa la vittoria al Festival di Sanremo e il successo a seguire, o la metamorfosi di Irama col brano Ovunque sarai, tanto per dirne due.
-
Ma la lista è lunghissima, si va da Tommaso Paradiso, il primo ad avergli fatto produrre un intero album, Love, a Madame, La rappresentante di lista, Elodie, Jovanotti e per ultimo il rapper Massimo Pericolo. Lui minimizza anche questo.
Sul palco dell’Eurovision è stato tra i primi artisti a esibirsi con un tributo alla scena dance italiana dagli Anni 80 a oggi. E col suo singolo Horizon in your eyes. Una diretta tv vista da oltre 50 milioni di persone, di cui quasi 6 solo in Italia.
«Cercavano un esponente della nuova scena elettronica. Qualcuno che avesse un’idea del sound design contemporaneo e anche futurista», commenta. «L’organizzazione voleva valorizzare il fatto che l’Italia non è solo il bel canto ma anche contemporaneità, futuro e sperimentazione» spiega, quasi giustificandosi.
E questo fa sorridere, visto che dai musicisti che gli girano intorno è considerato una specie di oracolo. Complice il suo nome, che richiama il personaggio alieno di Bowie, Stardust. Ma soprattutto il suo tocco magico, che porta una canzone a diventare una hit. Da Soldi di Mahmood, che all’artista è valsa la vittoria al Festival di Sanremo e il successo a seguire, o la metamorfosi di Irama col brano Ovunque sarai, tanto per dirne due.
Ma la lista è lunghissima, si va da Tommaso Paradiso, il primo ad avergli fatto produrre un intero album, Love, a Madame, La rappresentante di lista, Elodie, Jovanotti e per ultimo il rapper Massimo Pericolo. Lui minimizza anche questo. «Empatia e umiltà sono le chiavi per lavorare bene con gli altri», mi dice quando lo incontro nel backstage. Non lascia nulla al caso. Anche il suo piano b, la laurea in psicologia, sembra acquisire un senso ora. «È stata una scelta iniziata quando non sapevo chi volevo essere. L’ho anche abbandonata per un po’. Sono stati i miei genitori a consigliarmi di chiudere quel capitolo e laurearmi», racconta.
Qual è stata la scintilla che ti ha fatto avvicinare alla musica?
Labyrinth, film del 1986 dove era protagonista proprio David Bowie. Il suo personaggio, Jared, re dei folletti, mi aveva talmente incuriosito che ho iniziato a fare ricerca. La colonna sonora del film è stata folgorante.
Quindi sei partito dal cinema.
Sì, totalmente. Credo nella contaminazione dei generi. Sono seguiti Et, con la musica di John Williams. E poi La storia infinita. La colonna sonora, The neverending story era composta proprio da Giorgio Moroder. La sua influenza mi ha cambiato per sempre. Mi tornano in mente gli arpeggiatori di I feel love di Donna Summer, sono stati rivoluzionari.
Un tuo maestro chi è stato?
A parte Bowie, anche Ennio Morricone. Studiare sui suoi spartiti, capire gli arrangiamenti, le scritture, le melodie, i passaggi di accordi, il contrappunto, i suoni, la visione generale dei pezzi. Non esiste maestro migliore.
Quando sei a casa da solo che cosa suoni?
Pianoforte in tutte le declinazioni. Il mio è stato un percorso classico.
Fammi un esempio di cosa suoni adesso.
Suono tanto Šostakovič, oppure i Giochi d’acqua a Villa d'Este di Franz Liszt.
Come hai vissuto lo studio “matto e disperatissimo” del pianoforte?
Male. All’inizio mi era imposto, dovevo andare a lezione e studiare Schubert e Bach, non mi divertivo anche se ero considerato un ragazzino di talento. Ho ripreso a studiare il piano dopo i 30 anni con una consapevolezza diversa. Oggi mi approccio al repertorio classico con una curiosità e un ardore che non avevo prima.
Chi ti ispira tra i contemporanei?
Olafur Arnalds, pianista islandese che mi ha fatto riscoprire un certo tipo di pianismo d’atmosfera ultraemozionale.
Dammi una descrizione del tuo mestiere.
Compositore e performer. Il lato live della performance per me è fondamentale. È il fine ultimo di tutto il lavoro.
Che cosa accomuna gli artisti con cui scegli di lavorare?
Niente. Ogni artista ha una visione e un’emotività diversa. L’unione del mio mondo, che continua sempre a cambiare, insieme a quello di un altro artista crea un assetto unico e irripetibile.
Chi è un bravo produttore?
È un compagno di viaggio di un artista, gli trasmette nuova prospettiva e nuovi colori. È come prendere un diamante grezzo, preziosissimo, e scolpirlo. E renderlo meraviglioso. È necessario enfatizzare tutti gli aspetti positivi e scegliere il repertorio giusto.
Come si fa?
È una materia indescrivibile. Un lavoro emozionale e intuitivo, ha a che fare con l’ispirazione.
Quando accetti un progetto?
Quando l’artista ha coraggio e rischia. Mi piace portarlo in una dimensione futuribile. Mettendolo, a volte, anche in una posizione di rischio. Ma gli artisti amano rischiare e io amo chi ha il coraggio di rischiare.
Uno dei tuoi ultimi progetti è stato Il signore del bosco col rapper Massimo Pericolo. Che cosa vi ha unito?
La passione per i film di Miyazaki e le colonne sonore.
Avevi letto il suo libro Il signore del bosco?
Sì, e infatti dopo averlo finito l’ho cercato io e gli ho chiesto di collaborare. Non il contrario, come spesso mi succede. Mi ha attratto la sua forza, aver toccato un punto bassissimo della propria esistenza e poi esserne uscito con una versione migliore di se stesso.
Hai lavorato anche con Jovanotti. Che cosa hai imparato da lui?
Lorenzo è un eterno ragazzo, che non invecchia. È sempre recettivo al nuovo, il suo è un messaggio importantissimo perché il rischio dell’artista è che a una certa età inizia a girare su se stesso. Invece Lorenzo ha una forza magica, diversa da tutti.
Hai rubato il suo segreto?
È il suo motore, è la sua natura. Si appassiona di tutto. E poi non ha l’ego, ne la superbia che lo chiudono ai giovani. Che magari sono meno strutturati di lui, ma possono avere un assetto talmente nuovo che lo rinnovano ogni volta.
L’ego quanto conta per un artista?
L’ego, e un certo tipo di narcisismo, è un motore potente. Per salire sul palco ed esporsi. L’esposizione però porta amore, ma anche odio. Per questo si deve essere strutturati, altrimenti il rischio è venire fagocitato dall’esterno.
Tu quanto ego hai?
Nella creatività l’ego va eliminato. Ti porta a compiacere te stesso, mentre invece devi essere nel flow delle cose e scomparire. Altrimenti non riesci a essere recettivo su tutto.
A ottobre uscirà il tuo album. Di cui ancora non si conosce il titolo.
Lavorare come produttore è bello. Dopo tanti anni al servizio degli altri però vorrei vivere solo delle mie visioni. Vorrei che avessero uno spazio maggiore rispetto a quelle degli altri. Ma non rinuncio a lavorare con gli artisti perché mi contamina. Lo scambio dà sempre qualcosa.
Usi spesso la parola contaminazione.
Sì. In un mio brano ci puoi trovare il pianoforte; all’inizio sembra una ballad e poi a un certo punto ti trovi in un mondo rave. Oppure come nel brano con Massimo Pericolo. Si parte con un flauto e un pianoforte; sembra una fiaba e invece poi sfoga in un bit inglese anni Novanta, che richiama un disco degli Underworld. Amo la fluidità dei generi.
C’è una delusione che ti ha portato a essere chi sei oggi?
Ce ne sono state tante, e continuano a esserci.
Anche per chi, come te, ha la fila di tanti artisti fuori dalla porta?
Gli obiettivi crescono sempre. Si alza l’asticella e il territorio conquistato non basta più. E si guarda a mete alte, difficili da raggiungere, che portano frustrazioni e delusioni. Però ragiono e cerco di migliorare per ottenerle.
Un esempio?
La colonna sonora di un film molto importante è uno dei miei obiettivi. Però, anche in questo caso, deve arrivare il momento giusto. E se ancora non è accaduto vuol dire che non sono ancora prontissimo. Ci vuole tempo, non ho fretta.
C’è un tuo punto debole su cui stai lavorando?
Una mia priorità durante la giornata è studiare il pianoforte, sempre di più rispetto al passato. Voglio raggiungere l’eccellenza. Un aspetto che prima ho trascurato e non deve più accadere.
E la musica elettronica?
Non so ancora quale direzione prenderò. Se la direzione del danceflor o la direzione definitiva del piano solo. Non a caso il mio album sarà un doppio album. Metà musica elettronica e metà piano solo. Non è sempre necessario scegliere. Il tour, che parte a marzo 2023, si chiama Duality proprio per questo. Vorrei che fosse la mia forza.
Vai a vedere i concerti degli altri?
Sì. Kendrick Lamar e i Chemical Brothers. Sono i due live che vedrò quest’estate.
E tu che farai?
In attesa di chiudere l’album, quest’estate curerò la Notte della Taranta a Melpignano. Festeggia i 25 anni il 27 agosto. Sarà una grande festa.
Sembra lontana anni luce dal tuo mondo.
Mi ha affascinato per questo.
Anche in questo caso ti sei proposto tu?
No, ammetto che mi hanno corteggiato loro.
© Riproduzione riservata