C’era una volta tra 120 e 40.000 anni fa Homo neanderthalensis, meglio conosciuto come Neanderthal. Questo piccolo e vigoroso uomo viveva in un territorio vastissimo che va dall’Europa occidentale alla Siberia, dal Nord Europa al Medio Oriente. Adattato ad un clima freddo e a inverni lunghi, era molto muscoloso e, al netto delle variazioni morfologiche regionali, aveva un naso molto largo, un cranio allungato, un marcato toro sopraorbitario seguito da una fronte cosiddetta sfuggente.

Con una statura media di 160 cm e massa corporea di 72 Kg, i neandertaliani presentavano ossa molto robuste con inserzioni muscolari marcate, probabilmente un adattamento risultato di una forte pressione selettiva indotta da clima rigido, dal momento che una corporatura tozza risultava più vantaggiosa per il mantenimento del calore. Una tale descrizione ce lo fa immaginare non molto carino e infatti, grazie alle ricostruzioni che le moderne tecniche di indagine hanno fornito, pare che effettivamente così fosse.

Ma nonostante lo si rappresenti come un rozzo e rude primitivo paragonabile vagamente all’incredibile Hulk, con i capelli rossi, come uno dei primi genomi neandertaliani sequenziati ci ha rivelato, c’è un elegante aspetto che finora era sfuggito, pare fosse uno chef sopraffino. Come lo sappiamo? Chiaramente non ci ha lasciato video su YouTube né tutorial da seguire ma ce lo raccontano gli studi di paleoantropologia: i resti, infatti, parlano e narrano della biologia ma anche degli stili di vita di chi popolava la Terra tanti anni fa, una sorta di finestra sempre aperta sulle origini della nostra storia evolutiva.

A tavola con Neanderthal

Ma procediamo per gradi. Come si componeva un pasto dei Neanderthal? Le principali fonti di informazioni derivano dai resti di cibo intrappolati nei depositi di tartaro sui denti, dalle feci fossilizzate, dalle ossa e dagli scarti lasciati, si fa per dire, nel piatto! Tradizionalmente, si è sempre pensato che la loro dieta fosse caratterizzata per lo più da carne. Nostro cugino era infatti un abile cacciatore di grandi mammiferi come mammut e bisonti. Una volta abbattuti, gli animali venivano smembrati e i pezzi trasportati agli accampamenti. Nelle caverne poi c’era sempre qualcuno che manteneva viva la brace.

Utilizzando bastoni o lunghe ossa a guisa di spiedini, le bistecche venivano cotte vicino ai tizzoni ardenti, mentre ai lati del fuoco, le frattaglie – considerate una prelibatezza – cuocevano lentamente. A cottura ultimata, il tocco finale: un po' di erbette aromatiche per esaltare il sapore della carne. Una volta cotta, anche se troppo al sangue per i nostri gusti, la carne veniva afferrata e morsa, usando mani e denti. I pezzi più coriacei potevano essere tagliati con raschiatoi, le uniche posate disponibili, mentre qualcuno rompeva le ossa lunghe per gustarne il nutriente midollo.

Ecco, questa descrizione riflette quella che poteva essere una cena tipica tra Neanderthal, ma oggi sappiamo che c'era molto di più…

Un foodie

E infatti i neandertaliani erano dei veri e propri buongustai oltre ad essere abili chef stellati. A rivelarcelo è stata una recente analisi eseguita su resti carbonizzati rinvenuti in un'antica dimora Neanderthal, la grotta di Shanidar in Iraq. Gli scavi diretti da Chris Hunt, professore di paleoecologia culturale presso la Liverpool John Moores University, hanno portato alla luce frammenti di cibo bruciato risalenti a circa 70.000 anni fa.

Questi alimenti, i più antichi mai trovati dall’uomo moderno, dimostrano che i Neanderthal non si limitavano a consumare esclusivamente carne ma al contrario seguivano una dieta molto più varia e complessa che prevedeva anche l'uso di cereali, legumi e vegetali. Infatti grazie all’utilizzo della microscopia elettronica a scansione, i ricercatori hanno dato un “volto” ai frammenti di cibo carbonizzato e hanno scoperto la presenza di semi e cellule vegetali provenienti proprio da grano e legumi.

In realtà, che Neanderthal non fosse prettamente carnivoro lo si sospettava già da qualche tempo quando, cioè, le analisi sul tartaro avevano mostrato la presenza di datteri, tuberi e semi di piante erbacee, oltre a granuli di amido cotto e particelle di fumo.

È probabile, sostiene Hunt nel suo studio pubblicato lo scorso anno sulla rivista Antiquity, che i Neanderthal, dopo aver valutato il rapporto tra costi e benefici, avessero individuato alcune risorse vegetali ricche di carboidrati che utilizzavano come alimenti base per la loro dieta, anche perché facili da raccogliere e preparare. Tra l’altro poi, avevano probabilmente intuito che la cottura offriva vari vantaggi: sterilizzava gli alimenti (anche se non ne erano consapevoli), li rendeva più gustosi e più digeribili.

Cuocere i vegetali inoltre migliorava l'assimilazione di amidi e proteine mentre un barbecue di animali selvatici ammorbidiva il collagene fibroso, rendendo il bocconcino più facilmente masticabile. La cucina inoltre prevedeva diverse fasi di preparazione del cibo, un altro aspetto sorprendente dello stile di vita di questo uomo primitivo che lo rende tanto simile a noi. In particolare, grazie alle moderne tecniche di indagine, gli studiosi non hanno dubbi sul fatto che i legumi venissero addirittura messi in ammollo prima della cottura e che i semi fossero pestati e mischiati tra loro prima di essere consumati.

Ma c’è di più ed è ciò che ci rende Neanderthal ancora più simpatico: grazie alla curiositas che contraddistingue i ricercatori, Hunt e i suoi colleghi hanno cercato di riprodurre in laboratorio, o forse sarebbe meglio dire in cucina, una ricetta usando i semi raccolti nelle vicinanze della grotta di Shanidar … il risultato? Una focaccia al sapore di nocciola! Che sia un antesignano di pane e nutella? Sta di fatto che è un fantastico risultato, da leccarsi i baffi!

Il fuoco e la cottura

È chiaro che una tale cultura gastronomica associata a scelte alimentari complesse presumeva una buona abilità nel controllo e nella gestione del fuoco. E infatti pare che i neandertaliani non prendessero semplicemente il fuoco dalla natura, ad esempio dopo un incendio causato da un fulmine, ma riuscivano a ricrearlo, alimentarlo con legna e sfruttarlo per cucinare.

A chiarire questo punto sono stati i rinvenimenti effettuati presso quella che è considerata una sorta di supermercato della preistoria, la Gruta da Oliveira nel Portogallo centrale. In questa grotta sono state trovate ossa bruciate di tartarughe, che venivano stufate adagiate sul carapace e cucinate su pietre roventi, ma anche di capre, cervi, cavalli, uri (antenati dei buoi) e rinoceronti. La cosa interessante è che nelle grotte verso il Mediterraneo sono stati rinvenuti resti di pesci, cozze, molluschi e persino pinoli tostati.

Lo studio pubblicato lo scorso ottobre su Plos One, condotto da un gruppo di ricerca internazionale guidato da João Zilhão della Universidade de Lisboa, dimostra dunque una grande abilità nella gestione del fuoco e nelle tecniche di cottura che conferma un livello di competenza simile a quello dei sapiens vissuti più tardi. Come facessero ad accenderlo, questo rimane ancora un nodo da chiarire…


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