Si sa, a Roma d’estate fa molto caldo, per questo è bene rintanarsi nelle ariose sedi delle ambasciate estere dove vengono serviti lauti banchetti per ogni celebrazione, tra i festeggiamenti per il 4 luglio presso l’ambasciata americana al banchetto per la Festa nazionale francese a piazza Farnese
Questo articolo è tratto dal nostro mensile Cibo, disponibile sulla app di Domani e in edicola
Bono ‘sto hamburger, il pane sciapo. Ma ’n’era meglio quello dell’anno scorso? Me pare che ce stava più roba». È l’estate romana dei buffettari, che si danno appuntamento alle grandi feste in ambasciata con un solo obiettivo: mangiare e bere a gratis, finché ce n’è.
«Guarda che te sbaji, la festa co’ le bandierine è di almeno un paio d’anni fa». Il completo appena inamidato, la camicia bianca e una cravatta con un disegno dal significato criptico. Passa in rassegna di sottecchi, al di là delle lenti degli occhiali, ogni vassoio da portata che imbandisce una delle tavole apparecchiate a Villa Taverna.
La festa americana
Nella residenza dell’ambasciatore americano a Roma sono attesi i festeggiamenti per il Giorno dell’Indipendenza, con circa tremila invitati. Sopra la tovaglia, il corrispettivo di un intero menùdella cucina a stelle e strisce servito per una falange oplitica; hamburger, panini, bistecche, fritti misti, orecchiette al pesto – il tocco italico non manca mai –, formaggi, patate fritte, patate al forno, cheddar, ketchup-maionese-senape, salsicce, hot dog.
Tra i presenti, uomini e donne dai profili discreti, di non meglio specificata estrazione sociale; non si sa bene che professione svolgano. Alcuni sembrano in pensione, altri fanno pensare a qualche ruolo nel pubblico; altri hanno l’aria di essere alti funzionari.
Si riconoscono dalla precisione chirurgica con la quale riempiono il piatto e il bicchiere.
Non importa che Matteo Salvini e Antonio Tajani stiano tessendo le lodi dell’America; i professionisti del buffet sanno precisamente quale sia il momento per abbandonare i convenevoli della socialità di rito per fiondarsi sul cibo. E le loro facce si incontrano di nuovo, e poi di nuovo ancora, in giro per i corridoi e i giardini delle ambasciate nella Capitale. La grande abbuffata americana trascina con sé qualche malumore di chi si lamenta dei bicchieri di plastica al posto delle flûte per il prosecco: «‘Sti americani fanno sempre tutto troppo abbondante. Guarda ‘sta fetta de carne, pare ’n orecchio d’elefante»; «l’altra volta ce stavano le penne e le matite co’ la bandiera. A ‘sto giro niente gadget, me sa...». Ma alla fine tutti concordano: «Prossimo anno, ce ritornamo».
Evasioni francesi
E l’olimpionico del buffet non poteva non offrire i suoi omaggi a palazzo Farnese, storica sede dell’ambasciata francese. Il giardino segreto che ospita il banchetto per la Festa nazionale è raggiungibile solo passando per il primo cortile del palazzo: bimbetti in divisa intonano la Marsigliese e dal palco l’ambasciatore ringrazia il governo italiano e proietta spot pre Olimpiadi.
«Cara, tu vai a fare la coda per prendere da mangiare, io intanto recupero piatti e forchette». Sgusciano con piè veloce e recuperano la loro posizione davanti a sei metri di tavolo su cui poggiano decine e decine di ostriche fresche e fette di limone.
Dall’altra parte, le maestranze della cucina, con la toque blanche sulla testa, sfilano come in una staffetta, servendo i festeggianti e disvelando nuove pietanze come il mago con il coniglio dal cilindro.
C’è il barbecue, con salsiccette una-tira-l’altra; l’angolo dei formaggi, e qui è subito citazionismo spinto: «Come si può governare un paese che ha 246 varietà di formaggi?», diceva Charles de Gaulle. Il contributo italiano appena dopo gli alberi: quattro pizzaioli fanno roteare margherite, cuocendole in grossi forni fatti installare per l’occasione. Cous cous, mozzarelle di bufala, pasta e insalate. Infine cestini di vimini da cui è possibile pescare la viennoiserie: pain au chocolat, croissant, tarte aux raisins. «Ho preso ‘o champagne. Eh, e c’ho pure il prosecco. Pija il bicchiere, vado a chiederne altri due. Ma damme ‘na mano, mica ce la faccio a tene’ tutto io!».
Un inferno per gli astemi: l’acqua è relegata a un piccolo tavolo. Fuori frigo. Con trentacinque gradi percepiti.
Frivolezze svizzere
A fare festa in una Roma straziata dal caldo, ci ha pensato l’ambasciata svizzera. Sotto un gigantesco gazebo, un tripudio di funghi gebacken, verdure in pastella, mini panini e mezze maniche al ragù bianco; formaggi, insalate di farro, pesce fritto e mantecato. Li vedi, gli adepti del buffet, che si riuniscono tra loro attorno a tavole rotonde in ferro battuto e commentano, fanno proseliti sul menu, danno voti e cassano piatti per nulla graditi come in una puntata qualunque di Quattro ristoranti. «Vai a prendermi il bis?» «Troppa coda, vai tu».
Anche qui non manca il barbecue: salsicce, hamburger, würstel. Senape, salsa tartara, e maionese. C’è il carretto dei gelati, ma c’è soprattutto la cioccolata. E come potrebbe essere altrimenti. La serve il responsabile produzione e sviluppo della Lindt: per l’occasione si è reso disponibile a passare la serata creando tocchetti da grosse tavolette. Accanto a lui, un maître chocolatier.
«Quindi non esistete solo negli spot televisivi?!» «No, siamo reali». Accanto, succo di pomodoro e succo di frutta offerti dalle hostess della Swiss Air Lines: se si è abbastanza scaltri, regalano anche modellini d’aerei.
Al piano superiore dell’ambasciata, una distesa di piccola pasticceria per addolcire gli animi accaldati. Gli astanti sembrano goduti e satolli. «Ao, e io che me pensavo fosse ‘na situazione sfigata: a ‘nvedi che poco poco a esse’ neutrali ce se guadagna pure. Guarda quanta gente che ce sta».
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