Il socio unico che editava la testata Dillinger è accusato di associazione per delinquere, riciclaggio aggravato dall’aver agevolato la mafia e trasferimento fraudolento di valori ed è dunque tra i 57 indagati dell’operazione antimafia contro i clan a Roma
È l’autunno del 2023 e Fabrizio Corona va di trasmissione in trasmissione (Rai) facendo i nomi e i cognomi di alcuni calciatori che sarebbero stati coinvolti in un giro di scommesse. Ospite, tra gli altri, di Francesca Fagnani a Belve e di Mara Venier a Domenica In, l’ex re dei paparazzi, tra conferme, smentite e querele, viene lautamente pagato per la sua presenza: il presunto scoop è un modo per rilanciare sé stesso insieme al sito Dillinger che, proprio in quel periodo, pubblica estratti, confessioni e storie sul tema, appunto, del calcio-scommesse.
Così, sempre lo scorso anno, Domani ricostruisce la macchina che gestisce gli introiti pubblicitari di Dillinger srl (oggi la società risulta in liquidazione), creatura di Corona senza che quest’ultimo vi abbia mai ricoperto un ruolo in via ufficiale.
Ma, per il lavoro realizzato, questo giornale viene prima diffidato dalla stessa Dillinger e poi subisce una vera e propria campagna denigratoria. Domani aveva scoperto che legato a Dillinger era Andrea Betrò, commercialista vibonese, con una rete di amicizie e relazioni “eccellenti”.
Tra tutte quella con Nicolò Pollari, potente e discusso capo dei servizi segreti negli anni di Berlusconi. Oggi quel socio unico che editava la testata è accusato di associazione per delinquere, riciclaggio aggravato dall’aver agevolato la mafia e trasferimento fraudolento di valori ed è dunque tra i 57 indagati dell’operazione antimafia contro i clan di camorra Mazzarella - D’amico, le cosche della ’ndrangheta Mancuso e Mazzaferro e il clan Senese.
Betrò, secondo gli investigatori, «ha reso possibili le decisioni strategiche indicate (…) per conto del clan Mancuso e da Roberto Marcori, assumendo incarichi formali nelle società gestite dall’associazione con la piena consapevolezza che gli investimenti erano provenienti dalla criminalità organizzata mafiosa».
Per il commercialista i pm avevano chiesto i domiciliari, ma a essere stata accolta è solo la richiesta di sequestro preventivo, ai fini della confisca in solido con altri indagati, di 400mila euro, stessa cifra «dell’ingiusto profitto quantificato» grazie agli accertamenti degli investigatori.
Proprio Marcori – tra gli arrestati dalla Dia nonché esponente della destra eversiva romana, cresciuto all’ombra di Massimo Carminati e poi legatosi a Michele Senese, capo della malavita a Roma – si lascia andare a una confessione, riportata nelle carte giudiziarie, sugli affari dello stesso Betrò: «Andrea è il nipote di Pollari… ma quando fai lo stronzo… puoi essere il nipote di chi ti pare. Andrea Betrò quando le guardie vanno lo sai che gli dicono? Ti diamo 20 anni».
Intanto tra gli altri indagati c’è anche Domitilla Strina. Strina, già socia in affari di Betrò, è la figlia di Anna Bettozzi Di Cesare, conosciuta con il nome d’arte Anna Bettz, condannata a 11 anni e mezzo in appello, con esclusione dell’aggravante mafiosa, nell’ambito dell’inchiesta Petrolmafie. Betrò, quest’ultimo, contattato da Domani, precisa anzitutto di non «essere mai stato l’editore di Dillinger». E prende le distanze: «Sono sempre stato proprietario del sito, che ho venduto dopo tre mesi perché non volevo che ci fosse confusione sulla mia persona. Non volevo più avere a che fare con Dillinger, progetto nel quale ho avuto la sfortuna di essere stato coinvolto: Fabrizio Corona ha fatto passare me per l’editore che non ero».
Per quanto riguarda invece il blitz della Dia romana, Betrò dichiara: «Posso solo dire di essere estraneo ai fatti e che il tempo sarà galantuomo. Le persone coinvolte nell’indagine che parlano di me io non le conosco e quindi sono sicuro che tutto si risolverà. Male non fare, paura non avere».
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