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Chi è il parlamentare più ricco? E tra i più assenteisti? La risposta è sempre Antonio Angelucci, 78 anni, imprenditore e politico, prima con Forza Italia, oggi eletto con la Lega di Matteo Salvini, sempre più vicino, almeno idealmente, a Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.
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Uno dei principali sponsor della candidatura dell’ex presidente della Croce rossa italiana, Francesco Rocca, alla guida della regione in quota Fratelli d’Italia e sostenuto da tutto il centro destra. Alcuni documenti rivelano peraltro un ruolo di primo piano di Rocca per conto della fondazione San Raffaele degli Angelucci, che controlla un’importante struttura sanitaria in Puglia e il quotidiano Libero.
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Antonio è il capostipite della famiglia di origine abruzzese, abilissima nell’espandere i propri interessi un po’ ovunque con il baricentro fisso a Roma e nel Lazio in generale. Coinvolto in alcune indagini, in un caso è stato assolto, in un altro è in attesa di capire se incassare un proscioglimento o un rinvio a giudizio in un caso di tentata corruzione.
Chi è il parlamentare più ricco? E tra i più assenteisti? La risposta è sempre Antonio Angelucci, 78 anni, imprenditore e politico, prima con Forza Italia, oggi eletto con la Lega di Matteo Salvini, sempre più vicino, almeno idealmente, a Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. Uno dei principali sponsor della candidatura dell’ex presidente della Croce rossa italiana, Francesco Rocca, alla guida della regione in quota Fratelli d’Italia e sostenuto da tutto il centro destra. Alcuni documenti rivelano peraltro un ruolo di primo piano di Rocca per conto della fondazione San Raffaele degli Angelucci, che controlla un’importante struttura sanitaria in Puglia e il quotidiano Libero.
Antonio è il capostipite della famiglia di origine abruzzese, abilissima nell’espandere i propri interessi un po’ ovunque con il baricentro fisso a Roma e nel Lazio in generale. Coinvolto in alcune indagini, in un caso è stato assolto, in un altro è in attesa di capire se incassare un proscioglimento o un rinvio a giudizio in un caso di tentata corruzione.
Piccoli ostacoli rispetto alla smisurata ambizione del paperone del Parlamento. Il suo prossimo obiettivo è Milano, il santuario del potere finanziario. Angelucci negli anni ha messo a punto una macchina perfetta. Ha mescolato alla sanità privata, la fornitura di servizi, le pulizie, l’immobiliare e i giornali, necessari al suo impegno politico con Berlsconi e poi con Salvini. La cassaforte del gruppo è ben protetta in Lussemburgo. Domani aveva ottenuto un recente documento dell’ufficio antiriciclaggio della Banca d’Italia, che segnalava come il deputato leghista avesse aperto anni fa tre polizze assicurative presso la Swiss Life Luxemburg SA, per una valorizzazione complessiva (a data giugno 2022) di 190 milioni di euro. nel 2009 aveva aderito allo scudo fiscale voluto dal suo compagno di partito Giulio Tremonti (oggi meloniano).
Stampa e potere
Primo passo per imporsi tra i potenti del capoluogo lombardo è il progetto, quasi realizzato, di acquisire i giornali riferimento del centro destra e dei sovranisti: Il Giornale della famiglia Berlusconi e la Verità fondata da Maurizio Belpietro. Due testate con stili diversi, che insieme coprono una ampia fetta di un elettorato, dunque potenziali lettori, che va da Forza Italia fino alla destra estrema del parlamento.
La cessione del quotidiano della famiglia Berlusconi ad Angelucci è data ormai per cosa fatta. Tuttavia non risulta ancora da recentissimi documenti societari . L’operazione è avviata da almeno un anno, tra vari tira e molla. Angelucci, che è anche proprietario di Libero e de Il Tempo, sperava di chiudere la partita prima della campagna elettorale per le regionali lombarde. L’obiettivo è creare un grande polo dell’editoria sfruttando il radicamento sui territori de Il Tempo, nella capitale, e de Il Giornale a Milano, e la diffusione a livello nazionale de La Verità e di Libero. La Verità fondata nel 2016 da Belpietro dopo anni di costante crescita ha subito un brusco arresto e si fa sentire il peso di alcuni periodici rilevati da Mondadori. Una situazione delicata, insomma, che ha convinto l’editore-direttore a valutare l’entrata nell’assetto societario di un investitore, di minoranza o di maggioranza si vedrà. Di certo le indiscrezioni apparse sui quotidiani nelle scorse settimane danno in pole position Antonio Angelucci.
Belpietro è stato il direttore di Libero, edito da Angelucci. Nel divorzio tra i due, in pochi lo ricordano, non è andato tutto liscio. La conferma è nel primo editoriale di Belpietro sulla sua Verità in cui ha rivelato un retroscena sulla sua «estromissione»: «Può un presidente del Consiglio incarognirsi a tal punto per le critiche e le notizie pubblicate da pretendere la testa del direttore del giornale...?...Del resto una classe imprenditoriale debole e in cerca di aiuti di Stato si piega volentieri di fronte a una classe politica arrogante e prepotente». Il riferimento, senza mai nominarlo, è al suo vecchio editore, che la pensava diversamente sulle riforme di Matteo Renzi. Una conferma più esplicita la troviamo in un’intervista a Belpietro sul Corriere della Sera: «Ho lasciato la direzione visto che l’editore non gradiva quegli approfondimenti».
La sanità e la firma di Rocca
A sei anni dalla rottura Belpietro e Angelucci rischiano di ritrovarsi nello stesso consiglio di amministrazione un obiettivo ambizioso: creare un polo informativo conservatore e sovranista per fare concorrenza al gruppo Corriere della Sera che diventi il riferimento del nuovo partito di maggioranza, Fratelli d’Italia, da Roma a Milano. L’influenza tramite la stampa può agevolare la scalata nella sanità privata, settore nel quale Angelucci domina nel centro sud con la sua holding Tosinvest e la fondazione San Raffaele che controllano residenze per anziani e cliniche. Angelucci vorrebbe imporsi anche in Lombardia, dove dominano il Gruppo San Donato e l’Humanitas, proprietà delle famiglie Rotelli e Rocca, potenti tanto quanto Angelucci. Quest’ultimo, tuttavia, può contare sul suo ruolo politico, è in parlamento con la Lega, partito della coalizione di governo e che amministra, e probabilmente lo farà ancora, la regione Lombardia, la terra promessa per chi fa business con la sanità privata.
Se lo spazio lombardo è da conquistare, al centro sud la fondazione San Raffaele ha da tempo consolidato i suoi affari, che sono privati ma pur sempre appesi a decisioni politiche, necessarie allo stanziamento dei fondi regionali destinati alle strutture sanitarie accreditate con il sistema pubblico. La fondazione di Angelucci, per esempio, in Puglia gestisce un centro di riabilitazione di Ceglie Messapica, provincia di Brindisi.
Esistono documenti in cui compare il nome del candidato Rocca in qualità di rappresentante legale della struttura degli Angelucci. Uno di questi, pubblicato sul bollettino della regione Puglia il 26 maggio 2022, è l’avviso pubblico per la selezione di medici specialisti. L’atto è firmato “avvocato Francesco Rocca”, legale rappresentante. Due mesi più tardi, con Rocca ancora dentro la fondazione, l’azienda sanitaria di Brindisi dà il via libera alla richiesta del San Raffaele di anticipare parte dei pagamenti per la gestione del centro di riabilitazione di Ceglie. La richiesta è motivata dalla «fondazione San Raffaele, con diverse note, in cui ha rappresentato lo stato di difficoltà finanziaria nel quale versa la struttura». Come emerge dal documento ottenuto da Domani, per la struttura pugliese degli Angelucci, per la quale ha lavorato anche Rocca, la sanità pubblica pugliese ha stanziato 11 milioni di euro per il 2021 quale «importo massimo annuale di spesa da erogare». Rocca è stato anche presidente di Confapi, la lobby delle aziende della sanità privata, nel cui consiglio c'era pure Giampaolo Angelucci, il figlio del parlamentare leghista.
La fondazione San Raffaele è un’entità diversa dal San Raffaele Spa, controllata dalle società lussemburghesi della famiglia Angelucci che gestisce dieci tra cliniche, centri e ospedali tra Lazio, Abruzzo, Calabria e Sicilia. In provincia di Roma controlla la residenza per anziani di Rocca di Papa, al centro delle cronache durante l’apice della pandemia per aver registrato 43 morti. La regione Lazio aveva stracciato la convenzione milionaria, tuttavia un comma inserito in un emendamento alla legge di stabilità regionale approvata a novembre scorso ha aperto uno spiraglio per riottenere l’accreditamento. Il comma ha avuto consenso trasversale. Probabile che Angelucci possa festeggiare presto la rinnovata concessione, magari con Rocca, amico e manager della sua fondazione, a capo della regione Lazio. La mossa ha indispettito l’ex presidente della regione Nicola Zingaretti e Alessio D’Amato, assessore alla Sanità e candidato del Pd alla Regione: entrambi hanno detto di essere all’oscuro di tutto. Un mistero. D’Amato è lo stesso che ha denunciato Angelucci per tentata corruzione: secondo i pm che hanno chiesto il rinvio a giudizio avrebbe provato a corrompere l’assessore con 250mila euro per ottenere un vantaggio sulla clinica di Velletri.
Un mattone per la vita
La famiglia Angelucci ha investito molto anche nell’immobiliare. Con una società del gruppo Tosinvest, il cuore finanziario del gruppo, ha realizzato numerosi progetti nella capitale. Il veicolo usato si chiama Due A srl. A nord est di Roma, in località Fidene-Bufalotta, ha realizzato 816 unità immobiliari. Ma sul tavolo, si legge sul sito, c’è anche un’altra lottizzazione sempre nel quadrante nord della città: «Un totale di altre n. 201 unità, destinate alla vendita. Piani che ovviamente hanno bisogno di autorizzazioni e approvazioni da parte di chi amministra. Ancora una volta la politica, un campo che Angelucci presidia direttamente da parlamentare del partito che probabilmente sarà al governo della regione e indirettamente attraverso la rete di relazioni intessute in tanti anni di business sanitario, editoriale e immobiliare. Rocca presidente della regione potrebbe rappresentare l’ultimo capolavoro del paperone del Parlamento.
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