«Noi non ci costituiamo per un cazzo. Questa è una vicenda privata che a noi non ci riguarda». Il forzista Lanfranco Principi era vicesindaco di Aprilia quando, intercettato, intimava all’amministrazione comunale di non costituirsi parte civile in un procedimento riguardante alcuni soggetti accusati di associazione mafiosa. Per Principi la mafia era, dunque, un «fatto privato». E l’intimare all’allora primo cittadino Antonio Terra (oggi indagato insieme all’ex assessora Luana Caporaso) di non partecipare al processo «un modo - scrivono i giudici - per contribuire al rafforzamento e al consolidamento dell'associazione di stampo mafioso» presente nel territorio di Aprilia.

Proprio quest’associazione, che il gip di Roma definisce «gruppo criminale di stampo mafioso che controlla il territorio dal punto di vista imprenditoriale e amministrativo», è al centro delle indagini avviate nel 2018 dal centro operativo di Roma della direzione investigativa antimafia, con a capo il colonnello Mario Cono, e dal comando provinciale dei carabinieri di Latina, sotto il coordinamento della Dda capitolina (pm Cascini e Spinelli) che hanno portato mercoledì 3 luglio all’esecuzione dell’ordinanza che ha disposto misure cautelari nei confronti di 25 persone.

Le accuse

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Tra di loro c’è anche l’attuale sindaco di Aprilia, Lanfranco Principi, oggi ai domiciliari con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, turbativa d’asta e scambio politico mafioso. Principi «altresì contribuiva a tale rafforzamento e consolidamento tramite affidamenti diretti» alle ditte facenti capo alla consorteria, ma anche attraverso «pagamenti tempestivi» di fatture da parte dell’amministrazione a chi di quella consorteria faceva parte.

Assunzioni, destinazioni di immobili, partecipazione ai lavori per la costruzione dei parcheggi pubblici di Aprilia e altri lavori edili appaltati dal comune di Aprilia alle ditte in questione: tutto ciò per «assicurare il proprio sostegno per ogni bisogno e pretesa da parte dei membri» della struttura criminale. Ciò che viene fuori è «paradigmatico dello schema classico delle nuove mafie: un sodalizio che si muove tra economie legali ed economie illegali, un sodalizio in cui a spiccare sono gli imprenditori, ponte tra soggetti criminali e colletti bianchi», dirà il procuratore aggiunto del Tribunale di Roma, Ilaria Calò, a seguito della conferenza stampa organizzata a seguito dell’operazione.

I vantaggi del “sodalizio” per Lanfranco Principi si sostanziano anche in altro. «Quando Principi era candidato al consiglio comunale di Aprilia con la lista Unione Civica di Lantranco - si legge ancora nelle carte giudiziarie - lo stesso Principi accettava la promessa a lui rivolta da Marco Antolini e Ivan Casentini, ambedue appartenenti alla consorteria di stampo mafioso capeggiata da Patrizio Forniti, di procurare voti avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva (...). Promessa mantenuta - chiosa il gip - Almeno duecento voti di preferenza su quattrocentocinquantatrè totali sono stati raccolti nel modo sopra indicato. Ciò in cambio della promessa di erogazione di utilità per gli affiliati alla consorteria di stampo mafioso».

E il gip torna a commentare: «Interessante rilevare che dopo che Antolini aveva sollecitato Principi a disporre l'emissione di altri pagamenti per i lavori agli edifici pubblici scolastici di Aprilia, il comune di Aprilia emetteva la determinazione con cui venivano affidati alla V&GA Costruzioni lavori per ulteriori 42.652,34 euro, giustificando l'ennesimo intervento economico con "gli eventi metereologici che hanno reso indifferibili lavori diversamente programmati presso gli istituti scolastici».

Sono ancora le intercettazioni, tra le altre cose, a dimostrare che Marco Antolini, «tramite il suo amico di vecchia data», il leghista Fabrizio Enderle, che è estraneo alle indagini, fosse interessato a promuovere una lista per le prossime elezioni regionali del Lazio, al fine di ammorbidire l'opposizione svolta dal consigliere comunale Roberto Boi avverso gli affidamenti di lavori commissionati dal Comune di Aprilia alla società dello stesso Antolini.

Mafia autoctona

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«La mafia nel Lazio esiste - dirà sempre in conferenza il procuratore capo Francesco Lo Voi -. Non stiamo parlando di un paesino della Calabria o della Sicilia, ma di una città come Aprilia, tra le più popolose del Lazio. Una mafia autoctona, che si dedica ad attività che vanno dallo spaccio all’usura fino alle estorsioni». Un’organizzazione che, pertanto, si autofinanzia con tali attività - «rami d’azienda» li definisce il gip - e al contempo investe nelle società e ha rapporti con altre organizzazioni criminali, stipulando accordi sia con esponenti del clan dei Casalesi e dei Polverino e intessendo rapporti qualificati con la pubblica amministrazione.

«Un comune nel comune» è l’obiettivo proprio all’associazione. Quando si parla di “comune nel comune” è «un modo - conclude il gip - per intendere la volontà di impadronirsi senza spargimento di sangue delle istituzioni».

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