Salma al-Shehab, studentessa saudita dell’università di Leeds, è stata condannata a 34 anni di carcere per aver seguito e retwittato dissidenti e attivisti. L’accusa: aver aiutato coloro che cercano di causare disordini pubblici
Salma al-Shehab, dottoranda all’università di Leeds, è stata condannata a 34 anni di carcere con l’accusa di retwittare attivisti e dissidenti. Era tornata a casa, in Arabia Saudita, per una vacanza e invece si è vista piombare addosso una sentenza da parte del tribunale speciale per i terroristi. Come scrive il Washington Post: «la sua vacanza è finita in prigione».
Questa notizia arriva a poco tempo di distanza dalla visita del presidente americano Joe Biden in Arabia Saudita, il quale aveva chiesto di far luce sull’omicidio del giornalista saudita Jamal Khashoggi, assassinato e fatto a pezzi nel consolato di Istanbul. Per i servizi di intelligence americani, il principe ereditario Mohammed bin Salman è il mandante politico dell’omicidio di Khashoggi.
In occasione della visita di Biden a Jeddah, gli attivisti per i diritti umani avevano avvertito che il regno si trova in un periodo in cui la repressione di dissidenti e attivisti pro democrazia rischia di essere intensificata.
La condanna
Salma al-Shehab è stata inizialmente condannata a tre anni di carcere per aver utilizzato un sito internet per «causare disordini pubblici e destabilizzare la sicurezza civile nazionale». Ma adesso è arrivata una nuova sentenza che la condanna a 34 anni di carcere e conseguente divieto di viaggio per 34 anni.
Ad aggiungersi alla minaccia di sicurezza nazionale c’è l’accusa secondo la quale Salma al-Shehab stesse «aiutando coloro che cercano di causare disordini pubblici attraverso gli account Twitter», in particolare la colpa della giovane dottoranda quella di aver retwittato i post degli attivisti.
Twitter ha rifiutato di commentare il caso e non ha risposto a domande specifiche sull’eventuale influenza che l’Arabia Saudita ha sulla società.
In un editoriale del Washington Post si legge che Salma al-Shehab aveva chiesto su Twitter la libertà per Loujain al-Hathloul, che si è battuta per il diritto delle donne a guidare e per questo è stata incarcerata e torturata.
Il Washington Post sottolinea che Salma al-Shehab utilizzava il suo vero nome sui social media, aveva un background pacifico, condivideva foto dei suoi figli e aveva un numero relativamente basso di followers, circa 2mila quindi non poteva costituire un rischio per la sicurezza.
Quello di Salma al-Shehab è solo l’ultimo caso
Salma al-Shehab ha denunciato di essere stata tenuta in isolamento per 285 giorni, che secondo la Freedom initiative, un’organizzazione senza scopo di lucro con sede a Washington, è la condanna più lunga che si conosca per un’attivista per i diritti delle donne in Arabia Saudita.
Questo caso segna l’ultimo esempio di come il principe ereditario Mohammed bin Salman abbia preso di mira gli utenti di Twitter nella sua campagna di repressione.
© Riproduzione riservata