Tutto è contro Bergamo in questa partita-galà, la Supercoppa europea che apre la stagione del calcio, l’apice della storia centenaria del club. Non bastasse il Real Madrid galattico, la Dea si presenta con il vestito lacero tra infortuni, bisticci clamorosi, difficoltà di mercato che hanno segnato l'estate più problematica del ciclo Gasperini
Tutto è contro l'Atalanta, in questa partita-galà, la Supercoppa europea, che apre la stagione del calcio, un apice della storia centenaria del club. Non bastasse il Real Madrid galattico, l'avversaria di stasera, la Dea si presenta all'ouverture con il vestito lacero tra infortuni, bisticci clamorosi, difficoltà di mercato che hanno segnato l'estate più problematica dall'inizio, otto anni fa, dell'epoca d'oro con l'allenatore Gian Piero Gasperini.
Mancheranno tre titolari sicuri, Scalvini e Scamacca con il ginocchio a pezzi, il suo uomo (ex) simbolo Koopmeiners che non si allena, ha mandato un certificato medico per il quale è stressato, vuole semplicemente andare alla Juventus.
Più un titolare probabile come Zaniolo per una tendinite al piede. Ed è sfumato dopo le visite mediche l'acquisto della medaglia d'oro di Parigi, lo spagnolo Pubill. Non bastasse, negli incontri di allenamento, per quello che valgono, la squadra ha subito quattro gol dal neopromosso Parma, tre dai mediocri tedeschi del St. Pauli.
Sono partiti per Varsavia in 24 tra cui 7 del vivaio. Il Real sarebbe stato un Everest da scalare anche con l'intero organico in salute, figuriamoci così. Sembra la maledizione dopo la vittoria dell'Europa League, come già il Napoli dello scudetto, o l'Inter della Champions. Fine delle lamentazioni.
Eppure a Bergamo si respira un'euforia, se non proprio un ottimismo, che tiene accesa la fiammella della speranza. È la risultante della fiducia fideistica in un allenatore, non per caso cittadino onorario della città, che ha saputo affrontare e superare le emergenze, che si ribella ai destini segnati, che vuole crederci sempre, che alza l'asticella anno dopo anno, che insegna a guardare in faccia l'avversario con umiltà ma senza paura, forte della constatazione lapalissiana che si gioca comunque undici contro undici.
C'è poi quell'idea che lo sport sia un insieme di vasi comunicanti. E che l'adrenalina sprigionata dagli azzurri saliti sul podio dei Giochi da sfavoriti si sia trasmessa alla Dea, greca fin dal nome e dunque dovrebbe assorbire il potente spirito di Olimpia fino a moltiplicare le forze.
La spinta in più generata dall'emulazione, in un fecondo passaggio di testimone.
Ma aldilà delle iperboli retoriche, il vero vantaggio dell'Atalanta è che non ha nulla da perdere, non sta sulle sue spalle il peso del pronostico e, qualunque sia l'esito, per il club di provincia è già un onore essersi arrampicato fin qui, dove una squadra italiana non arrivava dal 2010 con l'Inter.
La società dai conti in ordine e in attivo da sette anni, con lo stadio di proprietà finalmente ultimato e il gioiello del centro sportivo di Zingonia, garantisce ai propri tifosi se non altri successi (il calcio non è una scienza esatta), una continuità ad alto livello che contribuisce ad abbassare la febbre da chance imperdibile del match contro la squadra più titolata del mondo. Se non sarà per Bergamo una notte ubriaca come il 22 maggio della conquista dell'Europa League, ci sarà comunque vita dopo Varsavia.
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