Si fa un gran parlare, in questi mesi, di autonomia differenziata. In Trentino, dove osano le aquile e dove la competenza concorrente in materia d’istruzione è realtà ormai da tre decenni, si può citare un caso di scuola che dovrebbe indurre a cautela estrema nel decentrare e delegare faccende così delicate come il futuro dei giovani.

Definendo i criteri di promozione da una classe all’altra, e quindi di ammissione alla prova conclusiva, l’art. 60 della legge provinciale sulla scuola n. 5 del 2006 parla di «valutazione complessivamente sufficiente».

Poiché – come pochi nel resto d’Italia sanno – il Trentino è l’unica provincia che nel 2007, in forza appunto dell’autonomia, non ha ripristinato gli esami a settembre, il combinato disposto delle due norme consente la promozione calcolatrice alla mano anche a fronte di una o più materie completamente insufficienti, compensate da voti lusinghieri in condotta, educazione fisica e altre materie facili, e dietro la maschera della normativa nasconde talora persino un’impreparazione completa: studenti con una o più materie anche fondamentali abbandonate da anni, ma sufficienti in tutte le altre, che il consiglio di classe è obbligato dalla legge ad ammettere all'esame finale.

Anche nel resto d’Italia vi sono percorsi scolastici accidentati. Innegabile. Qui però, a fronte della possibilità prevista dalla normativa di non promuovere studenti con materie insufficienti dopo il rinvio a settembre e il conseguente esame di riparazione, i consigli di classe possono decidere, con generosità motivata, di ritenere superate le lacune; la differenza in Trentino è che tale possibilità discrezionale si è trasformata in procedura standard.

La conseguenza è una sorta di falso in atto pubblico legalizzato, di duplice gravità:

- intrinseca, poiché il diploma rilasciato alla fine del percorso dovrebbe attestare il superamento di un esame di stato che presuppone un livello almeno sufficiente di competenza in tutte le materie del corso di studio;

- estrinseca, perché alla luce di tale difformità un diploma conseguito a Trento non ha lo stesso valore legale dello stesso diploma conseguito a Verona, Perugia o Salerno: nel sistema nazionale l'ammissione all'esame può infatti avvenire solo a seguito del superamento di scrutini in cui tutte le materie prese singolarmente, e non la media complessiva, siano sufficienti.

Alla luce di tali considerazioni, si può persino fondare un dubbio di costituzionalità, sollevabile da uno studente che, vistosi respingere da un consiglio di classe di qualsiasi altra provincia d'Italia, lamentasse la mancata garanzia di una pari opportunità: la promozione ottenibile di anno in anno e l'esame conclusivo superabile anche a fronte di materie insufficienti.

In Trentino, dove l’autonomia è ormai brandita come uno scudo dove fa più comodo, urge impedire che tale logica, pervadendo i meccanismi valutativi, conformi sempre più l'immaginario degli studenti, i quali sono ormai assuefatti all'idea che ci si possa diplomare in un indirizzo liceale pur essendo ignari di discipline caratterizzanti; urge restituire al singolo docente e ai consigli di classe il diritto professionalmente discrezionale di decidere se uno studente meriti di essere ammesso alla classe successiva e di conseguire il diploma oppure no; ben consapevoli che il discrimine non si colloca solo sul piano dell'attitudine, bensì su quello dell'impegno, della costanza nello studio, dei progressi fatti registrare in anni di lavoro.

L’obiettivo ultimo? Restituire al sistema trentino le condizioni per costruire una scuola seria, fatta da professionisti pensosi del proprio ruolo, preoccupati della crescita degli allievi nella verità, anziché da burocrati obbligati a sancire sulla carta una pura astrazione. Una pedagogia dell'onestà, sinonimo di attenzione vera alla persona, di reale interesse per il suo futuro, anziché per il consenso elettorale e per le casse provinciali.

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