- La procura della Repubblica di Roma sta indagando sulla vendita di Autostrade per l'Italia alla holding Hra, il veicolo societario con cui il 5 maggio scorso la Cassa depositi e prestiti e i fondi Blackstone e Macquarie, hanno rilevato da Atlantia l'88,06 per cento delle azioni della concessionaria autostradale.
- Le implicazioni politiche dell’indagine spiegano silenzio assoluto che circonda la vicenda da più di un anno e la prudenza dei magistrati chiamati a ipotizzare i reati commessi e le persone responsabili.
- Politicamente sono sotto accusa il governo Conte 2 (giallorosso) e il governo Draghi, ma gli atti formali dell'operazione sono tutti ascrivibili all'esecutivo tuttora in carica.
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27/07/2010 Castelnuovo di Porto, inaugurazione del nuovo svincolo e della nuova stazione di Autostrade per l'Italia, nella foto la nuova stazione tra Fiano e Settebagni
La procura della Repubblica di Roma sta indagando sulla vendita di Autostrade per l’Italia (Aspi) alla holding Hra (Holding reti autostradali), il veicolo societario con cui il 5 maggio scorso la Cassa depositi e prestiti (che ne detiene il 51 per cento attraverso Cdp Holding) e i fondi Blackstone e Macquarie (24,5 per cento ciascuno) hanno rilevato da Atlantia l’88,06 per cento delle azioni della concessionaria autostradale. I cascami giudiziari dell’operazione, che ha visto la holding controllata dalla famiglia Benetton incassare 8,2 miliardi come “punizione” per il crollo del ponte Morandi (14 agosto 2018) e la conseguente morte di 43 persone, stanno creando vivo imbarazzo a palazzo Chigi e in tutto il mondo politico.
Questo spiega il silenzio assoluto che circonda la vicenda da più di un anno e la prudenza dei magistrati chiamati a ipotizzare i reati commessi e le persone responsabili. Politicamente sono sotto accusa il governo Conte II (giallorosso) e il governo Draghi, ma gli atti formali dell’operazione sono tutti ascrivibili all’esecutivo tuttora in carica.
Revoca mancata
Due giorni dopo il crollo del Morandi il ministero delle Infrastrutture guidato da Danilo Toninelli (M5s) aprì la procedura di revoca della concessione per “grave inadempimento”, un procedimento amministrativo formalizzato e rigido che poteva avere solo due esiti: il riconoscimento che il grave inadempimento della concessionaria (mancate manutenzioni) non c’era stato; oppure, accertato il grave inadempimento, l'applicazione dell'unica sanzione prevista dalla convenzione che regola la concessione: la revoca.
Caduto il governo gialloverde con la crisi del Papeete, il governo giallorosso ha avuto come atto fondativo l'eliminazione di Toninelli e la sua sostituzione con Paola De Micheli (Pd).
La evidente volontà di De Micheli, del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri (Pd) e del ministro degli Esteri Luigi Di Maio (all'epoca M5S, oggi candidato con il Pd) di guardare con benevolenza agli interessi dei Benetton ha condotto a una soluzione (prima subita da Conte e poi ereditata e attuata da Mario Draghi) giuridicamente bizzarra: una transazione in cui non le parti interessate (il ministero concedente e la concessionaria) ma il governo e l’azionista di Aspi, Atlantia, inventano una pena non prevista dall'ordinamento e non inflitta alla concessionaria ma al suo azionista.
Nasce così l'obbligo per Atlantia di vendere Aspi non con una gara pubblica ma obbligatoriamente a Cdp e ai due soci che l'istituto statale ha scelto liberamente, i fondi Blackstone e Macquarie.
L’esposto di D’Alfonso
A mettere in moto la procura di Roma è stato il presidente della commissione Finanze del Senato Luciano D'Alfonso (Pd), ex presidente della regione Abruzzo, che il 23 luglio 2021 ha scritto al procuratore aggiunto Paolo Ielo, che si occupa dei reati contro la pubblica amministrazione. Ielo ha affidato la pratica al più quotato dei suoi sostituti, Gennaro Varone, che a dicembre scorso ha anche sentito informalmente D'Alfonso.
Dal poco che trapela, il senatore del Pd ipotizza a carico degli alti burocrati che hanno perfezionato il complesso meccanismo una serie di gravi reati, dalla truffa aggravata all'abuso d'ufficio, fino al più insidioso, la turbativa d'asta.
Infatti, al di là del regalo ai Benetton, l'accusa più velenosa dal punto di vista di Draghi, molto affezionato alla sua reputazione di custode della legalità comunitaria, è di aver passato la concessione a Cdp e ai suoi soci Blackstone e Macquarie senza passare attraverso una gara europea.
Il 15 luglio 2020, quando per la prima volta si formalizzò l'accordo che ipotizzava la vendita di Aspi, era già uscito al mattino un articolo del Sole 24 Ore che annunciava la partecipazione di Blackstone al ricco affare.
La concessione di Toto
Nel 2008 Varone, all'epoca magistrato a Pescara, ha fatto arrestare l'allora sindaco D'Alfonso con l'accusa di corruzione. Il processo, che vedeva coinvolto anche il costruttore Carlo Toto, notoriamente amico intimo di D'Alfonso, si è chiuso dopo sei anni con l'assoluzione di tutti.
Per una curiosa coincidenza temporale, pochi giorni dopo l'incontro tra Varone e D'Alfonso, il governo Draghi ha dato il via alla discussa e spietata procedura di revoca della concessione di Strada dei Parchi, la società di Toto che aveva in gestione la Roma-Pescara-L'Aquila (A24-A25). Il 20 settembre prossimo il Tar del Lazio si esprimerà sul ricorso di Toto.
L'unica esponente politica che ha tuonato apertamente contro la vendita di Aspi a Blackstone e Macquarie, arrivando a minacciare di «bloccare il parlamento», è stata la leader di Fratelli d'Italia Giorgia Meloni. Ma oggi l'accusatore numero uno, D'Alfonso, è il capolista del Pd nella lista per il proporzionale in Abruzzo.
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