Per contrastare la criminalità e le organizzazione mafiose le regioni italiane si sono dotati di organismi autonomi che svolgono un ruolo decisivo a livello locale
Continua con la sua 26esima puntata la rubrica “Politica resiliente” curata da Avviso Pubblico, l’associazione nata nel 1996 per riunire gli amministratori pubblici che si impegnano a promuovere la cultura della legalità democratica.
Lo scorso 26 gennaio il Consiglio regionale della Valle d’Aosta ha approvato l’istituzione dell’Osservatorio regionale antimafia. Un passo importante nella regione che negli ultimi anni ha dovuto prendere coscienza del radicamento ‘ndranghetista sul proprio territorio, sia attraverso importanti inchieste giudiziarie – Geenna su tutte – che mediante l’intervento del Governo che nel 2020 ha decretato lo scioglimento del consiglio comunale di Saint-Pierre, primo Ente locale valdostano dissolto per infiltrazioni mafiose.
Ma la Valle d’Aosta è solo l’ultima Regione in ordine di tempo a dotarsi di un organismo per monitorare il fenomeno della criminalità organizzata e promuovere iniziative di contrasto preventivo alle illegalità.
In alcuni casi si tratta di Commissioni d’inchiesta o di indagine, istituite direttamente in seno al Consiglio regionale, in altri di Osservatori che, pur avendo natura politica, si affidano ad esperti e a rappresentanti di diverse Amministrazioni statali per condurre le proprie indagini, con vari gradi di coinvolgimento.
Possono esservi svolte audizioni e interrogazioni oppure può essere commissionato lo svolgimento di indagini. Allo stesso modo possono anche profilarsi diverse modalità di dialogo con associazioni impegnate localmente nel contrasto alla criminalità organizzata, attraverso forme di collaborazione all’interno di un organo a composizione mista, consultazioni e affidamento diretto delle attività di ricerca e monitoraggio.
Le commissioni regionali
In Calabria è stata istituita nel 2002 una Commissione consiliare contro il fenomeno della ‘ndrangheta, della corruzione e dell’illegalità diffusa, la quale può produrre proposte legislative sui temi strettamente connessi agli interessi mafiosi, oltre a svolgere attività di promozione dei principi di legalità e sensibilizzazione presso il mondo delle scuole e della società civile in generale.
È partito dal lavoro di questa Commissione l’iter che ha condotto all’approvazione della legge 26 aprile 2018 n. 9, ovvero il cd. Testo unico regionale contro la ‘ndrangheta.
In Sicilia opera fin dal 1991, la Commissione parlamentare di inchiesta e vigilanza sul fenomeno della mafia, che nel corso dell’attuale legislatura ha redatto numerose relazioni su temi di interesse locale e nazionale.
In Campania è insediata una Commissione consiliare speciale di inchiesta anticamorra e beni confiscati, istituita la prima volta nel 2000 e rinnovata ad ogni legislatura. Si tratta dei uno dei primi organismi nati come “osservatorio” dei fenomeni legati alla criminalità organizzata, che collabora con altri soggetti istituzionali e della società civile, locali e nazionali.
La Commissione regionale di studio e di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata in Puglia, istituita nel 2016, ha invece contribuito fattivamente alla stesura del Testo unico per la Legalità approvato nel 2019.
La Commissione speciale antimafia del Consiglio regionale della Lombardia , nata nel 2013 in risposta alle inchieste della magistratura che hanno certificato il radicamento mafioso, soprattutto ‘ndranghetista, nella più popolosa regione d’Italia, svolge attività di studio e valutazione dei possibili interventi normativi per prevenire e contrastare fenomeni di infiltrazione della criminalità organizzata.
In tema di intimidazioni criminali agli amministratori locali, la Commissione ha inviato nel 2017 un questionario ai Comuni lombardi per ottenere informazioni sulle possibili forme di intimidazione subite dai membri di assemblee elettive locali. Di recente la Commissione ha realizzato e inoltrato un vademecum introduttivo sui beni confiscati destinato agli Enti locali.
Nel 2015 inoltre la Regione, con la legge n. 17/2015, ha istituito un Comitato tecnico-scientifico per la legalità e il contrasto alle mafie, coordinato da Nando Dalla Chiesa, il quale dirige anche l’Osservatorio sulla Criminalità Organizzata dell’Università degli Studi di Milano che, poche settimane or sono, ha prodotto un corposo Rapporto sull’Antimafia sociale.
L’osservatorio laziale
Nel Lazio l’Osservatorio per la Legalità e la Sicurezza nasce con la legge regionale n.15 del 2001, quale organismo di supporto per le attività della Regione in relazione alle funzioni di programmazione e valutazione degli interventi regionali per la sicurezza, la legalità e la lotta alla corruzione.
Dal 2015 elabora e pubblica l’importante Rapporto denominato “Mafie nel Lazio”, dettagliata panoramica della presenza criminale sul territorio. Nel corso dell’attuale legislatura la I Commissione regionale ha inglobato la commissione sulle infiltrazioni mafiose e sulla criminalità organizzata, istituita nel 2015.
Cosa succede nelle altre regioni
In Emilia-Romagna il Testo unico per la legalità (legge regionale n.18 del 2016) ha confermato l’istituzione della Consulta regionale per la legalità e la cittadinanza responsabile . Tale organismo, presieduto dal Presidente della Giunta regionale, si occupa tra le altre cose di monitorare i fattori di rischio d’infiltrazioni mafiose negli Enti locali.
Oltre ai rappresentanti istituzionali, è composto da esperti e rappresentanti delle organizzazioni dei datori di lavoro e sindacali più rappresentative a livello regionale. In base alla legge, la Giunta regionale svolge anche le funzioni di Osservatorio regionale sui fenomeni connessi al crimine organizzato e mafioso.
Anche il Piemonte si è dotato da alcune legislature di una Commissione speciale con compiti di indagine conoscitiva per la promozione della cultura della legalità ed il contrasto dei fenomeni mafiosi. La legge regionale n. 8/2017 ha istituito inoltre, sempre presso il Consiglio regionale, l’Osservatorio regionale sui fenomeni di usura, estorsione e sovraindebitamento.
Dal 1994 in Toscana è attivo il Centro di documentazione “Cultura della Legalità Democratica”. Nel 2013, in occasione della Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie, il Centro ha dato vita all’Osservatorio sui beni confiscati alla criminalità organizzata in Toscana (OBCT). Da alcuni anni il Centro pubblica, in collaborazione con la Scuola Normale Superiore di Pisa, un Rapporto annuale sui fenomeni di criminalità organizzata e corruzione in Toscana.
In Veneto la legge regionale n.27 del 2009 ha istituito un Osservatorio sulla tema della contraffazione, mentre grazie alla legge regionale n.48 del 2012 è nato l’Osservatorio per il contrasto alla criminalità organizzata e mafiosa e la promozione della trasparenza, che lo scorso mese di giugno ha presentato una relazione di fine mandato.
A partire dal 2018 il Consiglio regionale ha inoltre integrato le materie di competenza della VI Commissione consiliare, anche in materia di promozione della legalità.
In Liguria è di recente insediamento la Commissione antimafia regionale, nata alcuni anni dopo l’istituzione di altri due organismi - il Tavolo della Legalità e l’Osservatorio indipendente per il contrasto alla criminalità organizzata e mafiosa e la promozione della trasparenza – dei quali però non si conoscono le attività.
In Trentino non vi sono organismi permanenti sul tema. Negli anni passati sono stati creati dei semplici gruppi di lavoro che hanno redatto dei report conoscitivi. Ad inizio del 2020 i vertici della Provincia autonoma avevano annunciato la creazione, “entro la fine dell’anno”, di uno specifico Osservatorio antimafia. Pochi mesi dopo è deflagrata l’inchiesta Perfido.
In Friuli-Venezia-Giulia è stato costituito nel 2017 un Osservatorio regionale antimafia, che presenta una relazione annuale al Consiglio e alla Giunta regionale entro il 21 marzo, data della Giornata nazionale della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime delle mafie.
Il ruolo di questi organismi può essere determinante sia sul fronte repressivo che su quello preventivo. Studiare e analizzare il territorio non è un “semplice” esercizio di documentazione fine a sé stesso. Indagare aiuta a far emergere problemi, criticità e punti deboli, stimolando la politica locale a dotarsi di strumenti – non solo normativi – per rispondere alle continue sfide che la criminalità organizzata è in grado di lanciare.
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