Antonella Varesano, assessora alla Qualità urbana, e Corrado Nicola De Benedittis, sindaco di Corato, sono i protagonisti di un nuovo progetto che coniuga urbanistica e politiche sociali per migliorare la qualità della vita dei cittadini del comune pugliese
Continua con la sua 24esima puntata la rubrica “Politica resiliente” curata da Avviso Pubblico, l’associazione nata nel 1996 per riunire gli amministratori pubblici che si impegnano a promuovere la cultura della legalità democratica.
Urbanismo tattico: interventi rapidi e localizzati, mezzi leggeri e un ridotto processo burocratico, forte impatto visivo per innescare un miglioramento della vivibilità urbana dalla combinazione dei saperi dei city user e dei city maker.
Urbanistica partecipata, insomma. Tattica, se si pensa a territori borderline, se non proprio infiltrati dalla criminalità, fa quasi pensare a una guerra.
Ma è un conflitto quasi gentile, che spiazza, perché coinvolge il contesto, fa parlare gli abitanti ed è un catalizzatore di cambiamento che alla fine dovrà essere reso permanente.
Tutto questo ce lo raccontano Antonella Varesano, assessora alla Qualità urbana e Corrado Nicola De Benedittis, sindaco di Corato, paesino di 48mila abitanti alle pendici delle Murge, nella Città Metropolitana di Bari, a una quarantina di km dal capoluogo pugliese.
Gli esempi sul territorio
Quando sono stati eletti si sono resi conto che in tutta la città non c’era nemmeno un’altalena in uno spazio pubblico e che luoghi problematici si trovano in ciascuno dei tessuti urbani dal centro storico fino in periferia, in quelle strade anonime «di cui si sente parlare solo nelle promesse elettorali dei candidati», dice l’assessora Varesano, architetto di professione.
Una di queste è via Nicola Salvi, palazzoni popolari costruiti all’inizio degli anni ’80. Lo chiamano il Cep (Centro edilizia popolare). Ora, assieme al centralissimo Largo Abbazia e a Piazza Caduti di Via Fani, nella città consolidata extramuraria, Via Salvi è teatro di un progetto di urbanismo tattico dal suggestivo titolo di “Sciucuà” che, nel dialetto locale, significa “giocare”.
In pratica si tratta di interventi di animazione sociale svolti da cooperative rivolti ai bambini e alle loro famiglie in luoghi «comunque marginali, problematici dal punto di vista sociale e della qualità urbana pur appartenendo a tessuti diversi e con stakeholders differenti per ciascuno dei luoghi» dice ancora Varesano.
Nella prima fase si è svolta un’attività di animazione e un monitoraggio per capire come rispondevano i residenti. La seconda fase, “Sciucuà Lab”, ha visto l’intervento di professionisti facilitatori della partecipazione che, assieme a soggetti eterogenei, hanno progettato la valorizzazione dei luoghi: urbanismo tattico, light design, appunto.
«Un insieme di attività che non si configurano come opere pubbliche ma forniscono nell’immediato risultati di funzionalità dei luoghi e condivisione, piccole azioni che possono cambiare volto al contesto.
La terza fase è in corso adesso, con la realizzazione degli interventi: la priorità è rispondere alle esigenze dei più fragili, bambini, anziani, fasce sociali più svantaggiate».
«In due di queste piazze siamo in presenza di fasce borderline rispetto al rischio di cadere vittime di gruppi criminali – aggiunge il sindaco di questa città che recentemente ha aderito ad Avviso Pubblico, la rete degli enti locali antimafia – per cui Largo Abbazia, dopo i due lockdown, era finita nelle mani dei gruppi che gestiscono lo spaccio, con il reclutamento di persone fragili in frange che possono essere attratte da derive illegali, che innesca circoli viziosi.
Il cambio di passo
Dopo questi due laboratori la situazione è decisamente migliorata. Largo Abbazia era diventato non praticabile per via di scippi e aggressioni che avevano lo scopo di interdire uso e passaggio in questa piazza del centro storico».
Una modalità tipica da parte delle cosche per segnare il territorio ed espugnarlo. Il largo è nato dopo uno sventramento, non è una piazza di passaggio; e pur essendo centralissimo è marginale, attraversato dalle fasce più fragili e borderline, per questo è ancora difficile portare le famiglie in questi luoghi, ora però ci sono molti b&b.
«La prima risposta – prosegue De Benedittis – è stata l’organizzazione in estate di concerti ed eventi che hanno innescato una reazione di questi gruppi, ma i laboratori hanno creato quel circuito virtuoso che ha sfrattato lo spaccio e, da terra di nessuno, la piazza è tornata ad essere un luogo abitato dai cittadini.
È urbanistica partecipata che diventa pubblica, si democratizza, i cittadini hanno contezza di processi decisionali e si creano processi di rigenerazione sociale e funzionale al ripristino di una legalità piena».
Un progetto che coinvolge discipline e ambiti differenti: non solo urbanistica, ma anche le politiche sociali sotto la guida di Felice Addario, conferma Antonella Varesano, che parla di «attivazioni di sinapsi urbane, nel senso che anche scuole, associazioni, enti hanno preso in considerazione questi luoghi.
Su Via Salvi, ad esempio, si sono accesi i riflettori. Arca Puglia (l’Agenzia Regionale per la Casa e l'Abitare) ha deciso di candidare via Salvi in un bando per riqualificare locali al piano terra da destinare ad associazioni che si occupano di promozione della legalità.
Quando andrà in porto diventerà il primo distretto associativo culturale della Puglia, diventerà una nuova polarità». Intanto nel periodo natalizio sono molte le scuole che hanno scelto di fare lì le loro iniziative creando legami con più soggetti della società civile, e bene accolti dai residenti.
C’è stato chi ha donato alberi, chi arredi urbani o proposto nuove attività in un processo che si è innescato dal basso. «Le forme più efficaci della partecipazione sono quelle in cui agiscono dei facilitatori».
«Quando ci siamo insediati Corato non aveva un gioco dei bambini – ricorda l’assessora – la prima operazione, dove possibile, è stata di montare giochi che però sono stati subito vandalizzati, ma subito risistemati. Si tratta di processi già testati in periferie molto critiche. Ecco perché abbiamo coinvolto proprio i residenti, a partire dai ragazzi che così sono diventati i custodi di quegli spazi».
Il dialogo tra ubranistica e politiche sociali
I due amministratori sottolineano una questione di metodo «perché le problematiche non sono settoriali». Infatti questi interventi sono stati realizzati assieme all’assessore alle Politiche sociali, Felice Addario. Anche il Pnrr avrà un riverbero su Via Salvi grazie ad un progetto di Arca Puglia e Puglia Promozione per un’operazione di arte pubblica all’aperto che coinvolgerà street artist.
«È la visione di una città policentrica, di una diversa cultura del progetto – spiega Varesano –. Perché quando i comuni si limitano a essere dei “bandifici” e non coinvolgono le comunità, gli interventi lasciano il tempo che trovano, senza creare narrazione e il conseguente riconoscersi nel progetto».
«È l’avvio di un percorso segnato anche da una forte innovazione di metodo del governo della città che promuove la partecipazione dal basso, rende trasparenti i processi decisionali e parte da una visione di città in cui periferia e centro usufruiscono di pari opportunità – conclude il sindaco – perché ogni quartiere ha sue identità, storia e vocazione. E una città si riappropria dei suoi spazi pubblici superando le criticità nella qualità dell’abitare: è una forma di contrasto alle forme di criminalità e illegalità diffuse che prosperano quando non c’è una visione. Qui a Corato, urbanistica e politiche sociali finalmente dialogano».
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