Il sindaco-commissario esulta, l’imprenditore-editore gongola e lo stato paga. La sintesi dell’affare Bagnoli è questa, ora lo stato dovrà affrontare un costo per il ripristino ambientale pari a 15 milioni di euro, fanno sapere dal commissariato. Anche se a guardare i documenti, quello del ministero dell’Ambiente, datato 2009, e l’ordinanza firmata dall’allora sindaco, Luigi De Magistris, nel 2013, i costi per danni e bonifica superavano i 200 milioni di euro per i due siti inquinati, tra questi l’ex Cementir.

Ma come è stato possibile questo esito? Bisogna fare un passo indietro per raccontare come ordinanze comunali e sentenze della giustizia amministrativa, inneggianti al principio «Chi inquina paga», siano finite sbriciolate di fronte all’accordo con una società di Francesco Gaetano Caltagirone, editore del giornale napoletano Il Mattino e di quello romano Il Messaggero.

Basi 15, società della galassia Caltagirone, era proprietaria di terreni inquinati nell’area occidentale di Napoli, dove un tempo sorgevano insediamenti industriali. Da tempo, come raccontato da Domani, era in piedi un contenzioso con Invitalia, l’agenzia del ministero dell’Economia, che è soggetto attuatore del programma di bonifica e rilancio dell’ex area industriale di Bagnoli-Coroglio.

Come in ogni grande emergenza, non poteva mancare il commissariato, presente nella gestione del futuro dell’area. Proprio il commissario, il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, a capo dell’Associazione comuni italiani, ha salutato con entusiasmo l’accordo nell’ambito degli indirizzi sanciti dalla cabina di regia governativa presieduta negli scorsi mesi dal ministro Raffaele Fitto.

La soluzione negoziale è stata definita «una tappa fondamentale nel percorso di rigenerazione dell’area di Bagnoli perché anche l’ultima area interessata dalla rigenerazione è stata ricondotta nel perimetro pubblico». Il Mattino ha dedicato diversi articoli all’accordo con questi titoli: «Il dono dell’ex area Cementir: un progetto ambizioso che restituisce il mare», ma anche riportando le parole di giubilo di Caltagirone jr: «Omaggio alla storia di Napoli».

Ora sul passaggio di 70 mila metri quadrati a Invitalia che dovrà occuparsi delle bonifiche e degli abbattimenti dei manufatti, in realtà, comune e giudici amministrativi avevano deciso diversamente.

Il costo e le sentenze

«Io ho fatto un’ordinanza quando ero sindaco basata sul principio del “Chi inquina paga”. Grazie all’avvocatura del comune imponemmo a Fintecna e Cementir di assumersi l’onere economico per i suoli inquinati oltre al danno, la cifra si aggirava intorno ai 200 milioni di euro», spiega Luigi De Magistris, per dieci anni primo cittadino della città.

I lavori di ripristino ambientale dell’area ex Cementir, fanno sapere dal commissariato, costeranno intorno ai 15 milioni di euro. «Il contenzioso non era ancora definitivamente chiuso e la cifra reale dell'intervento di bonifica si potrà conoscere solo alla redazione del progetto successivo alla conferenza dei servizi. La cifra di 200 milioni di euro era un calcolo preventivo», spiegano i tecnici del commissariato.

Basi 15 ha più volte chiarito di aver comprato i terreni già contaminati e di non aver avuto alcuna responsabilità nell’inquinamento, ma la decisione comunale chiaramente addebitava la responsabilità della bonifica ai proprietari dei suoli. Suoli che non facevano più gola visto che quell’area è stata destinata al parco e non si prestava più ad alcuna operazione immobiliare.

Ma che fine ha fatto quel principio sancito in ordinanza relativo alla necessità di bonifica da parte dei proprietari? Se ne trova traccia in due pronunciamenti dei giudici amministrativi, prima il tribunale amministrativo regionale e poi il consiglio di Stato, che hanno respinto i ricorsi di Basi 15. Nei ricorsi la società contestava due aspetti di una decisione commissariale, il primo relativo alla parte «in cui si poteva interpretare nel senso che spettasse alla società Basi 15 l’obbligo di ottemperare alle prescrizioni dirette a far eseguire la bonifica dell’area di proprietà», e, il secondo relativo alla richiesta «di rielaborare l’analisi di rischio».

Dopo la bocciatura del Tar, nel 2020, anche i giudici di palazzo Spada hanno stabilito l’infondatezza del ricorso. È pacifico che Basi 15 non abbia alcuna responsabilità nell’inquinamento dell’area, ma se ne doveva fare carico perché aveva «attivato volontariamente gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale. In questo caso, il proprietario, seppur non obbligato, assume spontaneamente l’impegno di eseguire un complessivo intervento di bonifica», si legge nella sentenza.

Sull’altro aspetto, invece, i giudici scrivevano: «L’impugnata richiesta di elaborare l’analisi di rischio sito-specifica per lo scenario di esposizione verde/ricreativo risulta pienamente giustificata, in ragione dell’intervenuto cambio di destinazione d’uso dell’area interessata», destinata a parco pubblico. Ordinanze e sentenze cancellate di fronte all’accordo con Caltagirone.

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