Nell’ultima inchiesta della Procura di Roma emergono i reati tipici della famiglia, ma anche le modalità per sottomettere le vittime. A Marco, rappresentante di commercio, cedono dosi di cocaina a credito così da farlo indebitare. «Te veniamo a casa...mo hai rotto il cazzo è!», gli dicono al telefono.
- L'inchiesta inizia dai fatti del primo aprile 2018 quando i fratelli Di Silvio, Alfredo e Vincenzo e Antonio Casamonica, si sono resi protagonisti delle violenze al Roxy bar.
- In questa operazione sono indagati per usura Enrico Di Silvio, suo fratello Alevino e il genero Silvio Di Vitale che si occupava di riscossione. La famiglia ha applicato interessi pari al 102,5 per cento annuo e ha chiesto in garanzia cambiali con importi ben superiori rispetto al capitale erogato.
- «Ho detto guardate io so quello che fanno come lo sanno tutti, ce so cresciuto alla Romanina (…) non ho fatto l'infamata de dì ( di dire, ndr) magari 'a sti pezzi de merda'», dice una vittima.
«Nel 2013 non mi concedevano prestiti (le banche, ndr) avendo un protesto bancario. Nel dicembre-gennaio 2017, dopo l'assunzione ed il nuovo lavoro, ho potuto riaprire il conto corrente con la banca Unicredit ed ottenere un prestito di 15 mila euro per estinguere il debito con Enrico Di Silvio. Pago una rata mensile di 260 euro al mese», racconta Felice, di mestiere negoziante, vittima del clan Casamonica.
Un racconto contenuto nell'ordinanza di arresto a carico di sei componenti del clan, eseguita dalla squadra mobile di Roma, in una inchiesta della distrettuale antimafia capitolina. Felice è un signore che abita alla Romanina, quartiere periferico della capitale, feudo da decenni del clan.
La sua testimonianza, resa agli inquirenti nel novembre 2018, spiega come i Casamonica siano diventatati egemoni, capaci di supplire all'impossibilità di accesso al credito di piccoli imprenditori e semplici cittadini. I reati contestati agli arrestati sono, a vario titolo, tentata estorsione ed estorsione aggravate dal metodo mafioso, spaccio di sostanze stupefacenti, usura ed esercizio abusivo dell’attività finanziaria.
L'indagine inizia dai fatti del primo aprile 2018 quando i fratelli Di Silvio, Alfredo e Vincenzo e Antonio Casamonica, si sono resi protagonisti delle violenze al Roxy bar quando picchiarono brutalmente il titolare del bar e aggredirono una ragazza disabile che aveva osato difenderlo. In quell'inchiesta è finito anche Enrico Di Silvio anche lui condannato in appello a due anni e due mesi.
Proprio Di Silvio si è presentato, giorni dopo le violenze, al bar per trovare un accordo invitando i proprietari a non sporgere denuncia. Proprietari che, invece, hanno denunciato portando alla condanna del gruppo.
Enrico Di Silvio è protagonista anche di questo nuovo filone di indagine, arrestato insieme ad altri familiari. Nell'ambito dell'indagine per i fatti del Roxy bar, gli investigatori hanno scoperto una rete criminale dedita all'usura e allo spaccio in una zona, tra via Devers e via Barzilai, da sempre feudo del clan.
Banca Casamonica
Sono indagati per usura Enrico Di Silvio, suo fratello Alevino e il genero Silvio Di Vitale che si occupava di riscossione visto che il 'vecchio' era ai domiciliari per le violenze al Roxy bar. Nella vicenda che riguarda il signor Felice, la famiglia ha applicato interessi pari al 102,5 per cento annuo e ha chiesto in garanzia cambiali con importi ben superiori rispetto al capitale erogato.
La vittima riceve 13 mila euro da Alevino Di Silvio, tramite il fratello Enrico, con l'accordo di restituirne 23 mila euro e firmando una cambiale a garanzia del patto. Quando la vittima viene intercettata, visto che gli inquirenti lo avevano già interrogato ed erano a conoscenza della cambiale firmata, rassicurava gli usurai. Al telefono con Silvio Di Vitale, Felice dice: «Ho detto guardate io so quello che fanno come lo sanno tutti, ce so cresciuto alla Romanina (…) perciò gli ho chiesto dei soldi e me l'hanno prestati e manco mi hanno chiesto gli interessi (…) il signor Di Vitale è un mio amico (…) non ho fatto l'infamata de dì (di dire, ndr) magari 'a sti pezzi de merda'».
Felice il negoziante giustifica i Casamonica perché loro fanno usura, ma se uno «gli va a chiedere i soldi lo sa a chi li sta a chiedere». Nel racconto di questo negoziante c'è tutto il codice Casamonica, di come sono diventati, negli anni, agenzia di servizi criminali.
Ma non tutti i prestiti sono stati configurati, nell'ordinanza firmata dalla gip Clementina Forleo, come usurai, in altri casi viene contestato l' esercizio abusivo dell’attività finanziaria, reato che ritorna nelle avventure giudiziarie degli uomini e delle donne del clan.
La coppia è sempre quella Enrico Di Silvio e il genero Silvio Di Vitale che organizzano piani di rientro e rate da versare chiamate mattoni o mattonelle. In tutto vengono nominati oltre una decina di clienti, solo alcuni identificati, colleghi di Di Vitale e dipendenti della società Libra srl che svolge attività di pulizia presso Ferrovie dello stato. La banca Casamonica è sempre organizzata e quando i debitori vengono ascoltati dagli inquirenti scelgono di negare ogni cosa.
Gli amici della coca
Se ci sono i soldi c'è anche la droga, quella è il primo canale di arricchimento della famiglia criminale. Ad occuparsene è una donna, Ivana Casamonica, moglie di Anacleto, figlio di Enrico Di Silvio. Anacleto e Ivana mettono in scena un classico del gruppo criminale. Spacciano in casa, con il marito che fa la vedetta e la moglie che consegna la merce che al telefono i clienti che prenotano chiamano «pane», «roba», «ricette», «pezzi». Tutta la famiglia è mobilitata e nel giorno della visita di Salvini, all'epoca ministro dell'Interno, alla Romanina si preoccupano di far sparire il pane, la droga.
Lo spaccio, per un giorno, rallenta. Nell’indagine vengono ricostruite le cessioni di droga a diversi clienti, con la medesima modalità. La merce viene prenotata telefonicamente. Per entrare in contatto con i venditori del clan c'è bisogno di essere introdotto, questo sistema consente al clan di evitate retate e di controllare sempre a chi cede lo stupefacente. Ma i clienti dei Casamonica non esauriscono il loro ruolo solo nell'acquisto perché, spesso, finiscono sotto ricatto e a disposizione della famiglia.
La conferma di una pratica consolidata arriva da una delle vittime, Marco, di mestiere rappresentante di commercio. «La condotta posta in essere dalla Ivana, faceva sì che io in uno stato di dipendenza da sostanze stupefacenti, e di soggezione psicologica nei confronti degli appartenenti al noto clan Di Silvio-Casamonica, per paura di ricatti, prepotenze e prevaricazioni che potevano essere poste in essere nei miei confronti e nei confronti di mia moglie, acconsentivo in piano alle loro volontà e alle loro richieste. Non ero in grado di oppormi, avevo ed ho paura di loro», dice durante la denuncia agli inquirenti.
Quando ad Ivana arrestano, nell'inchiesta per i fatti del Roxy bar, i figli Alfredo d Vincenzo, la situazione precipita. Marco, il rappresentante di commercio, viene fatto oggetto di richieste di soldi per sostenere la famiglia, colpita dagli arresti, prima di finire nella solita morsa confezionata dai componenti del clan. Sfruttano la dipendenza dei clienti consegnando droga a credito in modo da generare un prestito e poi far lievitare la cifra. «Ao! Se domani mattina non vieni qua...te veniamo a casa...mo hai rotto il cazzo è!!!», gli dicono in un messaggio al telefono. Ma quanto vengono intercettati le minacce dei Casamonica diventano subdole, applicano la cosiddetta 'lagnazione', si lamentano per indurre l'interlocutore in uno stato di soggezione. «Tranquillo Male' con noi..lo sai che te volemo bene, lo sai, lo sai bene». Il ‘bene’ dei Casamonica che hanno ridotto a servi decine di vittime di estorsioni e usura.
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