Il 25 settembre 1979, tra le ore 8.30 e le 9.00, alla Squadra Mobile di Palermo arrivava notizia che all'angolo tra via Rutelli e via De Amicis c'era stata una sparatoria. Arrivati sul posto, gli inquirenti rinvenivano seduto al posto guida dell'automobile il cadavere del giudice Cesare Terranova, accanto al quale c'era il maresciallo Lenin Mancuso
Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è dedicata a Cesare Terranova, il primo giudice a mandare a processo per associazione a delinquere la cosca di Corleone.
Il 25 settembre 1979 tra le ore 8,30 e le 9,00, alla Squadra Mobile di Palermo arrivava notizia che all'angolo tra le via Rutelli e la via De Amicis c'era stata una sparatoria.
Precipitatisi sul posto, gli inquirenti rinvenivano, seduto al posto guida dell'autovettura FIAT 131 Tg. PA 518330, il cadavere del giudice Cesare Terranova, accanto al quale c'era, ferito mortalmente, il m.llo di P.S. Lenin Mancuso che immediatamente trasportato in Ospedale, a causa delle ferite riportate, poco dopo decedeva. La macchina era ferma all'altezza del numero civico 38 della via De Amicis, ed aveva la chiave d'accensione inserita nel quadro in posizione di acceso, la leva del cambio in posizione di retromarcia e le corrispondenti luci posteriori ancora accese.
Era quindi facile capire che il Terranova stava facendo un piccolo tratto di strada a marcia indietro per immettersi nel flusso della circolazione, quando giunto all'angolo tra via Rutelli e via De Amicis cadeva nella trappola che gli era stata tesa. (v. teste Contrada e rilievi tecnici). Dopo la sparatoria, l'autovettura continuava la sua marcia sino a fermarsi, all'altezza del civico 38 di via De Amicis. La FIAT 131 presentava i vetri degli sportelli completamente frantumati, mentre il vetro parabrezza ed il lunotto posteriore presentavano fori dal diametro di cm. le cm. 2.
Sul sedile anteriore destro della macchina i verbalizzanti rinvenivano un bossolo di cartuccia cal. 7,62 e sul sedile lato guida un proiettile cal. 9, mentre nei pressi dello spigolo del marciapiede ove si era fermata erano repertati altri 5 bossoli cal. 9 ed alla distanza di metri 12 dal predetto spigolo un bossolo cal. 9 sul cui fondello si leggeva "LBC9M38 966" ed a dieci metri un altro bossolo sul cui fondello si leggeva "WCC42".
Poco distante dal luogo del delitto, i verbalizzanti rinvenivano un'autovettura Peugeot di color ruggine metallizzato, con applicata la targa PA 537927, parcheggiata all'altezza del numero civico 41 della via Vincenzo di Marco. A cm 80 dal marciapiede repertavano una cartuccia sul cui fondello si leggeva 357 Magnum R.P.
Dalla carta di circolazione che c'era nel bauletto porta - oggetti di questa seconda macchina, si evinceva che fosse targata PA 524645 e non PA 537927 e che fosse intestata a Giordano Paolo. Successivi accertamenti consentivano di acclarare che l'autovettura era stata sottratta il 13/8/79 a Giordano Paolo e che le targhe PA 537927 erano state in pari data asportate dall'autobianchi A 112 appartenente a tale Michela Giuliana.
All'interno della vettura i verbalizzanti rinvenivano e sequestravano una scatola di cartone, contenente n. 20 cartucce cal. 9, sulla parte superiore della quale c'era scritto: n.20 cartucce a pallottola per armi automatiche cal.9. - LOTTO LBC 1-35 1- 1966 caricato con balistite in piastrelle matr. 00899 BPD.Sul fondello delle cartucce si leggeva “LBC9M38 966”, cioè la stessa sigla che contraddistingueva uno dei bossoli cal. 9 rinvenuti sul luogo del delitto.
Una calibro 7,62 e un Winchester
Sui cadaveri di Cesare Terranova e Lenin Mancuso veniva eseguita il 25.9.79 perizia medico-legale, utilizzata nel corso del precedente giudizio instaurato in danno di Leggio Luciano e regolarmente acquisita, con il consenso delle parti, agli atti del dibattimento.
Asserivano i periti che Cesare Terranova era stato attinto da sei diversi proiettili d'anna da fuoco.
Le direzioni dei colpi furono: per due colpi, di cui uno fu quello mortale, da avanti in dietro e leggermente dal basso in alto su piani parasagittali. Per un colpo: da avanti in dietro e con obliquità da destra a sinistra e dal basso in alto (proiettile ritenuto cal. 38 tipo metal piercing). Per tre colpi: da destra a sinistra su piano frontale e con obliquità (in terza dimensione ) compatibile con la posizione seduta del soggetto e con le lesioni già subite (un proiettile ritenuto per arma a canna lunga).
Le lesioni erano compatibili con l'uso di due diverse armi da fuoco (una cal. 38 a canna corta a cinque rigature destrorse ed una cal. 7,62 o Winchester a rigatura destrorse a canna lunga).
Lenin Mancuso era stato colpito da otto proiettili d'arma da fuoco.
Tre colpi furono esplosi con direzione da avanti in dietro su piani parasagittali ( due di questi furono quelli mortali). Tre colpi furono esplosi con direzione da destra verso sinistra. Due colpi furono esplosi con direzione di sinistra verso destra ma provenivano probabilmente dalle scariche di colpi indirizzati contro l'altra vittima del duplice omicidio.
Gli orifizi di entrata delle ferite riscontrate sul cadavere erano compatibili con quelli prodotti da proiettili cal.9.
Le conclusioni peritali, tratte sulla scorta di accurati esami specialistici, non appaiono inficiate da illogicità e contraddizioni e pertanto sono condivisibili.
Sulla base delle effettuate perizie può quindi sicuramente ritenersi che per compiere l'eccidio vennero usate un'arma da fuoco lunga ed un'arma corta.
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