Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. Questa serie è incentrata sul generale Carlo Alberto dalla Chiesa ucciso quarant’anni fa il 3 settembre del 1982.


È già morto anche lui, Carlo Alberto dalla Chiesa, carabiniere figlio di carabiniere, nato a Saluzzo, provincia di Cuneo, Piemonte. Dall’altro capo dell’Italia.

Quel nome glielo danno perché nasce in via Carlo Alberto, il 27 settembre 1920. Suo padre Romano è un alto ufficiale dell’Arma, nominato vicecomandante nel 1955. Sarà così anche per lui, ventisei anni dopo. Pure suo fratello Romolo è carabiniere. Un altro futuro generale.

Romano è parmigiano, la mamma – Maria Laura – piacentina. Per Carlo Alberto dalla Chiesa infanzia e adolescenza scivolano fra un trasloco e l’altro, al seguito dei trasferimenti del padre. Vorrebbe fare l’avvocato ma c’è la guerra. Entra nell’Esercito. Ci sono subito i Balcani, è sottotenente in Montenegro nel 1941. L’anno dopo passa all’Arma come ufficiale di complemento.

Inizia allora la sua sorprendente storia di carabiniere. Non frequenta l’Accademia e non esce dalla Nunziatella.

L’educazione militare se la fa «in prima linea», sulla strada, il sudore, le fonti, le sofferenze, l’esperienza sul campo. Quello che negli anni a venire sarà il più celebre dei carabinieri italiani si porta dietro per sempre questo marchio di «diversità», un carabiniere che non ha percorso tutte le classiche vie della carriera di un ufficiale dell’Arma. Nelle alte sfere glielo fanno pesare e pagare ogni volta che se ne presenta l’occasione.

Il primo incarico del sottotenente Carlo Alberto dalla Chiesa è una caserma nelle Marche, a San Benedetto del Tronto. È lì che diventa un carabiniere partigiano.

È la sua prima scelta di fedeltà all’Italia.

Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 è nella Resistenza e finisce su una lista nera delle SS. Salva partigiani e prigionieri inglesi dalle rappresaglie naziste, entra in clandestinità e apprende le tecniche della guerriglia, organizza gruppi armati nella zona di Ascoli Piceno, attraversa le linee del fronte per raggiungere l’Italia liberata e tutta da ricostruire.

Sono anni tumultuosi, pieni di incertezze, di paure. Di spostamenti di massa dalle campagne alle città, da una città all’altra, da Nord verso Sud e da Sud verso Nord. Anche per Carlo Alberto dalla Chiesa è un girovagare senza fine.

È a Roma, dopo la Liberazione. È a Bari, in un’altra tenenza. A Parma, con i soldati della Quinta Armata Americana. A Firenze, come comandante della «Compagnia esterna». A Casoria, nel napoletano infestato dai briganti.

A Bari si laurea prima in Giurisprudenza, poi in Scienze Politiche. Fra i suoi professori c’è Aldo Moro, il futuro capo di governo e leader della Democrazia Cristiana.

E a Bari, durante un ballo al circolo ufficiali della Legione, incontra l’amore della sua vita: Dora Fabbo. È figlia di un carabiniere. Si sposano il 29 luglio 1945, a Firenze. È un sentimento fortissimo quello che li unisce. Per oltre trent’anni, fino alla morte di Dora, le porterà ogni 29 del mese – di ogni mese – un mazzo di rose, un rametto di pesco, un fiore di campo.

Dora è la custode di tutti i suoi segreti, la compagna che non lo lascia mai solo nella sua avventurosa, tormentata esistenza di carabiniere.

La prima figlia, Rita, nasce a Casoria il 31 agosto del 1947. Il secondo figlio, Nando, nasce a Firenze il 3 novembre 1949.

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