Su Domani prosegue il Blog mafie, da un’idea di Attilio Bolzoni. Potete seguirlo su questa pagina. Ogni mese un macro-tema, approfondito con un nuovo contenuto al giorno in collaborazione con l’associazione Cosa vostra. In questa serie, tratteremo il tema del caporalato e del lavoro che diventa schiavitù, arricchendo padroni e padroncini.

In provincia di Latina, precisamente a Sabaudia, appena poco prima del Natale del 2020, un’operazione denominata “Schiavo” e condotta dalla Guardia di Finanza ha permesso di liberare dallo sfruttamento 290 lavoratori, soprattutto di origine indiana, che da anni venivano retribuiti con salari mensili inferiori anche del 60 per cento rispetto a quelli previsti dal contratto provinciale, senza il riconoscimento degli straordinari, con l’obbligo di lavorare anche la domenica, impiegati senza le necessarie misure di sicurezza. Nel contempo il nuovo corso dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, a guida dell'ex magistrato di Cassazione Bruno Giordano, per mezzo del suo nuovo capo, afferma che suo compito specifico è «quello di applicare e di far applicare le leggi sul lavoro, ad iniziare dagli artt. 1 e 3 della Costituzione che fondano la Repubblica sul lavoro, sicuro e dignitoso, e sull’uguaglianza e sulla partecipazione dei lavoratori alla vita del Paese. In questi anni il lavoro è cambiato, si è digitalizzato e remotizzato, ma abbiamo ancora seri problemi di tutela e sicurezza, diffusi su tutto il territorio nazionale, in vari settori produttivi. Per questo occorre completare l'operatività dell’Agenzia unica, l'Ispettorato Nazionale del Lavoro, con i nuovi ispettori che stanno per essere assunti e con le banche dati in rete con gli altri soggetti istituzionali preposti ai controlli». Qualcosa di importante intanto già si vede.

A Matera, ad esempio, le ispezioni nelle aziende agricole locali, in particolarmente nell'area del Metapontino, effettuate nell'ambito del progetto interregionale “Su.Pr.Eme” contro il caporalato e lo sfruttamento lavorativo, in appena sette settimane hanno interessato 185 aziende e 1.209 lavoratori (537 italiani, 288 comunitari prevalentemente rumeni e 384 lavoratori non Ue). Sono stati così individuati ben 63 lavoratori impiegati “in nero”, di cui 21 italiani, 38 non comunitari e 4 comunitari. È stata anche trasmessa all'autorità giudiziaria un'informativa per il reato di intermediazione illecita, ossia caporalato, e sfruttamento del lavoro ai danni di tre lavoratori immigrati che sono stati aiutati a trovare un altro alloggio e un altro lavoro. Inoltre, in modo innovativo, sono state tenute in debito conto anche le segnalazioni fornite dai mediatori culturali, una delle quali ha permesso di denunciare un caso di sfruttamento all’autorità giudiziaria. Il progetto “Su.Pr.Eme” è finanziato nell’ambito dei fondi Amif - Emergency Funds (AP2019) della Commissione Europea (Direzione generale Migration and Home Affairs) e vede in campo un ampio partenariato guidato dal Ministero del lavoro e delle politiche Sociali e condotto nelle regioni Puglia (in funzione di coordinamento), Basilicata, Calabria, Campania e Sicilia. Sono state ispezionate le aziende agricole più importanti per tipologie di coltivazioni e numero di dipendenti.

Tutto qui? No. In Abruzzo, undici aziende agricole sono risultate, ai controlli degli ispettori del lavoro, tutte irregolari e 92 braccianti agricoli di cui 90 provenienti da Paesi extra-UE impiegati “in nero”. Sono state rilevate anche violazioni in materia di orario di lavoro e di sicurezza per 52 lavoratori. Questa indagine nasce in seguito al blitz “Alt Caporalato” eseguita nella zona dell'Agro Fucino da una task force composta dagli Ispettorati Territoriali del Lavoro di L’Aquila - quale coordinatore - di Cagliari-Oristano, Roma e Napoli, insieme al personale ispettivo della locale Asl, ai militari del Nucleo Ispettorato del Lavoro di L’Aquila, e dei Comandi Provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, con la partecipazione dei mediatori culturali messi a disposizione dall'Oim e la collaborazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Oltre alle sanzioni sono stati emanati 2 provvedimenti di sospensione dell’attività di altrettante aziende per la presenza accertata di 6 lavoratori completamente “in nero”, tra cui 3 braccianti provenienti da paesi extra-UE privi di permesso di soggiorno.

Vittime di violenza, vittime di tratte

Risultati che fanno sperare in un futuro prossimo migliore. Nel contempo ci sono aspetti trascurati e drammatici che si deve avere la capacità e il coraggio di affrontare. Si tratta dello sfruttamento e delle violenze compiute ai danni di donne migranti e minori, vittime di tratta e anche di caporalato nelle campagne italiane. Ed infatti, il 30 luglio scorso, nell'ambito della Giornata mondiale contro la tratta di esseri umani istituita nel 2013 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, ancora ‘'ispettorato nazionale ha reso noto che nel 2020, a seguito di accertamenti, ha assicurato la tutela di 127 minori irregolarmente occupati dei quali oltre il 40 per cento impiegati nei servizi di alloggio e ristorazione, il 18u per cento nelle attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento, il 16 per cento nel commercio all’ingrosso e al dettaglio e il 15 per cento in altri servizi. I giovani complessivamente coinvolti nelle violazioni in materia di lavoro minorile sono risultati in prevalenza ragazze, ad esclusione del Sud Italia, col 72 per cento dei casi del Centro, il 55 per cento del Nord Est, il 52 per cento del Nord Ovest e il 47 per cento del Sud.

Ancora secondo Bruno Giordano, «i numeri, la qualità e le linee delle inchieste dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro dimostrano che legalità del lavoro e giustizia sociale coincidono; le competenze del personale ispettivo servono al lavoro ma anche a garantire un percorso di sostegno dei minori verso la libertà dallo sfruttamento e il diritto di accedere a qualsiasi grado di formazione scolastica, senza i quali non può esserci una democrazia matura fondata su un lavoro giusto e dignitoso».

Questo tema è tendenzialmente sottovalutato ed invece meriterebbe un approfondimento continuo e politiche sociali avanzate. Save The Childreen, ad esempio, con l’XI edizione del rapporto “Piccoli Schiavi Invisibili – Fuori dall'ombra: le vite sospese dei figli delle vittime di sfruttamento” di luglio scorso, ha messo il dito nella piaga e denunciato le condizioni di bambine, bambini, adolescenti e giovani vittime o potenziali vittime di tratta e sfruttamento in Italia, anche alla luce dell’impatto della pandemia. I dati sono allarmanti. Le vittime di tratta e sfruttamento prese in carico dal sistema nazionale anti-tratta nel 2020 erano 2.040, tra cui 716 nuovi casi emersi e presi in carico nel corso dell’anno. Si tratta soprattutto di donne e ragazze (81,8 per cento), mentre 1 vittima su 20 è minore (105). Tra i paesi d’origine delle vittime prevale la Nigeria (72,3 per cento), seguita da Costa d’Avorio, Pakistan, Gambia e Marocco, mentre la forma di sfruttamento più rilevata è quella sessuale (78,4 per cento), seguita proprio da quella lavorativa (13,8 per cento), mentre l’1 per cento è coinvolto in economie illegali e lo 0,6 per cento nell’accattonaggio.

Un dato particolarmente allarmante riguarda le donne vittime di tratta e sfruttamento sessuale con figli minori, spesso anch’essi nelle mani di sfruttatori e trafficanti. I casi di ex-vittime o vittime con figli individuati sono quasi raddoppiati tra il 2016 e il 2020, passando dal 6 per cento all’11,6 per cento sul totale dei casi presi in carico dal sistema anti-tratta, afferma ancora Save the Childreen, con ulteriore aumento nei primi sei mesi del 2021 (0,4 per cento in più). Anche nell’ambito dello sfruttamento lavorativo nel settore agricolo, sono emersi casi di donne che vivono sole con i figli, principalmente originarie dell’Est Europa, e che subiscono ricatti, violenze e abusi, costrette in un circuito di isolamento che riguarda anche i figli, compromettendone irrimediabilmente il futuro.

Nel 2020, gli operatori partner del progetto Vie d’Uscita di Save the Children per la protezione di minori e neomaggiorenni a rischio o vittime di tratta e sfruttamento sessuale, hanno intercettato 683 nuove vittime. Giovani donne e ragazze rappresentano il 92 per cento delle vittime, in prevalenza nigeriane (45 per cento) e rumene (32 per cento), mentre la maggior parte dei ragazzi proviene dai paesi dell’Africa settentrionale e subsahariana e dal Bangladesh. Alcuni operatori impegnati sul campo in progetti di contrasto alla tratta e allo sfruttamento segnalano nell’ultimo anno un aumento di minori provenienti dal Pakistan, sfruttati in ambito lavorativo. Lavoro e minori, dunque un binomio letale per la democrazia e la civiltà del Paese. Questi minori provengono generalmente da contesti caratterizzati da bassa scolarizzazione e hanno già vissuto esperienze lavorative, spesso pericolose, nel proprio paese e in quelli di transito, in particolare in Turchia e sulla rotta balcanica per raggiungere l’Europa. Rispetto allo sfruttamento in attività illegali, le segnalazioni erano aumentate già nel 2019 relativamente a minori maschi di un’età compresa tra i 15 e i 17 anni, di nazionalità tunisina, marocchina, egiziana, albanese. Spesso si tratta di ragazzi che vengono identificati esclusivamente come autori di reato senza tenere nella dovuta considerazione il loro coinvolgimento nelle reti dello sfruttamento.

Bambini costretti a guardare

Un aspetto inquietante riguarda poi le bambine e bambini, generalmente molto piccoli e a volte nati in seguito agli abusi subiti dalle giovani madri. Questi bambini/e non solo assistono alle violenze perpetrate sulle loro madri, ma rischiano di subire essi stessi violenza per mano di sfruttatori e trafficanti o essere oggetto di ricatto per tenere soggiogate le loro mamme. Il progetto Nuovi Percorsi lanciato da Save the Childreen ad aprile 2021 in cooperazione con il Numero Verde Anti Tratta e il Dipartimento delle Pari Opportunità proprio per rispondere alle necessità dei nuclei mamma-bambini più vulnerabili, ha sostenuto 50 nuclei nei soli primi due mesi di attività, con una maggioranza di donne di origine nigeriana e 8 in stato di gravidanza. I minori sono 69, di cui 49 nati in Italia e attualmente sotto i 3 anni di età. Forse con questi dati alcuni negazionisti italiani potrebbero iniziare a provare vergogna.

“Piccoli Schiavi Invisibili”, infine, sottolinea le gravi conseguenze per madri e bambini nell’ambito dello sfruttamento lavorativo in agricoltura, negli insediamenti informali isolati dai centri urbani e dai servizi. Oltre alle difficili condizioni di lavoro a cui sono sottoposte e a retribuzioni inferiori rispetto agli uomini, le braccianti agricole sono più esposte a diverse forme di violenza, abusi e molestie sui luoghi di lavoro: un fenomeno che colpisce soprattutto lavoratrici provenienti dall’est Europa, spesso sole con figli minori, sottoposte dagli sfruttatori al ricatto della perdita del lavoro, una minaccia che spesso fa leva proprio sulla presenza di figli. Il rapporto sottolinea che in alcune aree, come la ‘fascia trasformata’ in Sicilia, tra i minori che vivono nelle campagne spesso con la sola madre che in prevalenza appartiene alle comunità rumena e rom, la dispersione scolastica raggiunga picchi dell’80 per cento a causa della distanza delle strutture scolastiche e dell’assenza di trasporti. Per i minori figli di persone sfruttate il rischio di diventare a loro volta vittime è concreto. Spesso, al compimento di 12-13 anni iniziano a lavorare nei campi per paghe più basse rispetto a quelle degli adulti, e le minori possono essere coinvolte anche in forme di sfruttamento sessuale.

La pandemia ha reso meno visibili le violenze

E durante la pandemia? In questo caso, a partire da marzo 2020, si è registrato un calo del numero delle segnalazioni di nuove vittime. La pandemia le ha rese meno evidenti, visibili e rintracciabili, spesso irraggiungibili dai servizi di identificazione e protezione. Presto anche WeWorld pubblicherà uno studio e alcuni video sul tema. Le reti criminali hanno peraltro rapidamente intensificato lo spostamento dello sfruttamento dalla strada al chiuso, indoor, una tendenza rilevata già prima del Covid-19, e potenziato lo sfruttamento online sulla rete. Si assiste infatti ad un crescente sfruttamento multiplo delle vittime, coinvolte non solo nella prostituzione forzata, ma anche in attività connesse alle economie illecite, come nel caso delle “ovulatrici”, che trasportano nel proprio corpo ovuli di droga, o delle persone costrette a spostarsi sul territorio nazionale portando con sé pacchi di cui spesso non conoscono il contenuto.

L’e-trafficking, come sottolinea l’Europol, nuova frontiera delle mafie, ha ampliato il suo giro d'affari e la capacità delle reti criminali, acquisendo un ruolo di primo piano in tutte le fasi che caratterizzano il traffico di esseri umani, tanto nei paesi di origine quanto in quelli di transito e destinazione, rendendole più forti, pervasive ed aumentandone i profitti. Comunicazioni criptate e anonimato, nessuna intermediazione diretta con le vittime reclutate, minor rischio di incorrere in operazioni di polizia sono gli elementi da cui trafficanti e sfruttatori hanno tratto maggiore vantaggio, senza dimenticare la possibilità di controllare le vittime attraverso le applicazioni di localizzazione basate su GPS. L’e-trafficking comprende la pubblicità online delle vittime rese disponibili per i clienti al loro reclutamento, in prevalenza tramite social media, ‘selezionate’ dai trafficanti con metodologie di caccia virtuale, hunting, che puntano ad un certo tipo di profili, o adescate con metodologie di “pesca”, fishing, che utilizzano il più delle volte falsi annunci di lavoro per attrarre persone economicamente e socialmente vulnerabili da trasformare in vittime del loro business.

Altro che problema marginale o legato alla sola variabile strutturale delle pratiche sleali della grande distribuzione organizzata. Insieme all'attività investigativa e repressiva, è necessario stabilire relazioni sociali orizzontali e di lungo periodo coi lavoratori e le lavoratrici di qualunque nazionalità perché si costruiscano insieme percorsi di emancipazione dall'emarginazione e dallo sfruttamento insieme all'indispensabile superamento di qualunque stato di vulnerabilità e di ricattabilità.

Un progetto sociale per un futuro migliore

È in quest'ottica che Tempi Moderni ha avviato il progetto “Dignità-Joban Singh” contro le varie forme di sfruttamento, caporalato e razzismo che mortificano la vita e il lavoro di migliaia di persone, immigrati e italiani, indiani e africani, uomini e donne. Il progetto nasce in provincia di Latina ma si sta allargando anche in altre province italiane, come il bresciano, la provincia di Roma e in Campania. Si tratta di una serie di attività sofisticate di accoglienza, ascolto, sostengo, di assistenza legale, sociale, di accompagnamento, formazione e di informazione che ha lo scopo di intercettare i lavoratori e le lavoratrici sfruttate, garantendo un rigoroso anonimato ma anche una assoluta professionalità legale, sociale e programmatica. La metodologia che ispira questo progetto, secondo Pina Sodano, arabista e sociologa di RomaTre nonché vice presidente di Tempi Moderni, è ispirata alla “pedagogia degli oppressi di Freire e agli insegnamenti di Danilo Dolci che integriamo con quelli di Don Milani, Don Primo Mazzolari e Don Sardelli. Accogliendo cerchiamo di rompere le distanze e di costruire un network circolare fondato sulla fiducia in cui ciò che vige è il riconoscimento della persona, della sua condizione, bisogni e infine problemi e insieme sviluppiamo le strategie e percorsi risolutivi che pensiamo migliori. Du Bois e Frederick Douglass, insieme a Fanon, Sayad e a Chakrabarty sono alcuni dei nostri riferimenti fondamentali, insieme alle esperienze di lotta e di emancipazione del movimento bracciantile italiano del primo Novecento e sulle migliori esperienze del femminismo internazionale.

La conoscenza, l'accoglienza e la lotta non violenta ma determinata per i diritti, per noi sono gli assi di azione ed elaborazione sui quali sviluppiamo la nostra organizzazione. Ovviamente alcuni casi meritano un intervento non solo sociale e legale ma delle Forze dell'ordine, soprattutto quando incontriamo reati gravissimi come le violenze, i ricatti sessuali o il sospetto che vi siano soggetti legati alle mafie. E tutto si fonda sulle donazioni volontarie di chi vuol partecipare e non solo conoscere senza provare ad agire”. La consulenza legale è affidata all'avv. Arturo Salerni e all'avv. Silvia Calderoni che seguono e accompagnano i lavoratori e le lavoratrici sfruttati che hanno necessità di una consulenza legale o che vogliono sporgere denuncia. Secondo l'avvocato Calderoni esiste “un'intima connessione tra la normativa sulle migrazioni e lo sfruttamento del lavoro che rileviamo in tutti i nostri sportelli dove si recano migranti di diversa nazionalità e impiegati in agricoltura ma anche in altri ambiti lavorativi. Questo vale sia per la provincia di Latina sia per la città di Roma. Questa relazione spinge alcuni a sfruttare i lavoratori e le lavoratrici migranti come limoni”. Insomma, la complessità di questo fenomeno criminale intreccia aspetti e variabili molto articolate. Senza la comprensione di questa complessità, che comprende la variabile strutturale della Grande distribuzione ma non si esaurisce in essa, senza una capacità di sintesi e non di semplificazione di questo mondo, senza interventi qualificati, professionali e metodologicamente avanzati, capaci di una presa in carico evoluta e nel contempo senza una collaborazione fattiva con le Forze dell'ordine e con coloro che territorialmente operano con responsabilità e capacità, il tema delle agromafie, del caporalato, dello sfruttamento rischia di essere solo ragione di approfondimento statistico, elaborazione teorica e di indagine giornalistica senza mai vedere una fine prossima e definitiva.

© Riproduzione riservata