La procura di Brindisi ha emesso l’avviso di conclusione delle indagini nei confronti di sette persone e due società, coinvolte in un’associazione a delinquere finalizzata alla commissione dei reati di attentato alla sicurezza dei trasporti, inquinamento ambientale e frode in commercio. L’accusa è che due società aerospaziali brindisine avrebbero fornito componenti aeronautiche non a norma alla Leonardo-Aerostrutture per la produzione dei settori 44 e 46 del Boeing 787 Dreamliner.

L’indagine ha portato al sequestro di circa 6mila componenti dove verranno eseguite ulteriori analisi. Secondo quanto fa sapere la procura brindisina è emerso «per la realizzazione di componentistica anche strutturale dei velivoli, veniva impiegato titanio commercialmente puro invece della prescritta lega di titanio, così come le leghe di alluminio utilizzate erano difformi da quelle previste, generando un notevole risparmio sull'acquisto delle materie prime da parte delle società fornitrici. Ciò ha comportato la realizzazione di parti aeree con caratteristiche di resistenza statica e allo stress notevolmente inferiori, con riflessi anche sulla sicurezza del trasporto aereo».

Le perizie e le indagini si sono concluse accertando che alcuni componenti strutturali non conformi potessero, sul lungo periodo, creare danno alla sicurezza dei velivoli, imponendo alla compagnia americana l'avvio di una campagna straordinaria di manutenzione degli aeromobili coinvolti.

Il secondo filone investigativo

Una seconda parte dell’inchiesta, sempre a carico dei sette indagati, si sta concentrando invece su reati di inquinamento ambientale. Secondo l’accusa rifiuti pericolosi sarebbero stati sversati in cisterne e in alcuni terreni della zona industriale di Brindisi contaminando suolo e sottosuolo di sostanze come cromo, rame, zinco, arsenico e piombo.

Le sostanze inquinanti deriverebbero dai processi chimici di trattamento delle superfici e dalla lavorazione meccanica dei metalli. Nel corso delle indagini sono state sequestrate 35 cisterne contenenti ciascuna 1.000 litri di rifiuti speciali pericolosi. Da una consulenza tecnica disposta dalla Procura, è emerso che l'inquinamento «aveva interessato il terreno sino alla profondità di tre metri, in concentrazioni largamente superiori ai limiti, previsti dalla normativa per le zone industriali».

L'inchiesta è stata avviata dopo una precedente indagine conclusasi nel 2021, che aveva portato al sequestro dei compendi aziendali delle due società per fatti di bancarotta, a tre arresti e alla denuncia di altri quattro indagati.

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