Ha parlato con la famiglia, la dirigenza, l'allenatore e i compagni che, fanno sapere dalla Fiorentina, «sono accorsi a trovarlo». Prima le cose belle. Perché un passo più in là ci sono le incertezze, i dubbi, gli sguardi sul futuro. E le domande. Quella su cosa succederà adesso è la più ingombrante di tutte. Edoardo Bove, fanno sapere ancora dal club Viola, effettuerà «ulteriori accertamenti per stabilire le cause che hanno determinato la situazione critica avvenuta» domenica 1° dicembre durante la partita contro l’Inter. Il giocatore si è accasciato al suolo, il resto lo abbiamo visto. Ma capire cosa è successo può dare risposte sul futuro.

Dai primi bollettini medici è emerso che il valore di potassio di Bove era molto basso. Giuseppe Musumeci, direttore di Cardiologia presso l'Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano di Torino, spiega che «ipokaliemia o iperkaliemia possono provocare delle aritmie, ma in un cuore normale è difficile. Diverso su un cuore che ha una disposizione genetica». Ulteriori accertamenti ci diranno di più. Semplificare, poi, aiuta a comprendere. In sostanza: c’è stato una specie di cortocircuito. «Nel cuore – va ancora avanti il dottor Musumeci – c’è un sistema elettrico, ci sono delle cellule che funzionano come fili elettrici. E anche le cellule muscolari cardiache si contraggono in base a una sorta di attività elettrica. Questa è regolata dai canali del sodio o del potassio. Può avvenire un cortocircuito del cuore legato alla presenza di troppo sodio e potassio».

Il confronto con Eriksen

L’utilizzo del defibrillatore in ambulanza può indicare qualcosa sul ritorno in campo di Bove. È possibile? Difficile rispondere ora. Nei paesi nordeuropei si può giocare con un defibrillatore impiantato. Christian Eriksen, l’ex calciatore danese dell’Inter, che ebbe un arresto cardiaco a Euro 2021, è tornato in campo. Ha dovuto farlo in Inghilterra, in Premier. Impossibile in Italia sulla base di quanto stabilito dai Protocolli cardiologici per il giudizio di idoneità allo sport agonistico della Federazione medico-sportiva. I protocolli italiani di medicina dello sport spiegano genericamente che «la concessione dell’idoneità sportiva dipende dal tipo di cardiopatia sottostante, dalla presenza o meno di sintomi, dal rischio traumatico e dal rischio intrinseco dello sport praticato». Inoltre, si legge, «dovrà essere valutato attentamente anche il rischio di possibili interferenze elettromagnetiche al dispositivo». In pratica: nessun medico firmerebbe l’idoneità. Non è detto sia il caso di Bove.

Di certo, spiega ancora Musumeci, «in Italia è molto difficile. Il ritorno in campo sarebbe possibile se si trattasse di una causa extracardiaca rimovibile. Ma è molto difficile». Molti hanno azzardato un legame con il calendario fitto, un calcio pieno zeppo di gare, appuntamenti, spostamenti. Ma il tema non trova riscontri. E la scienza esclude un legame tra il fatto di giocare molto e l’episodio capitato a Bove. «Slegherei completamente questo discorso dal volume di gioco», aggiunge ancora il cardiologo. «Giocare molto può esporre i calciatori a infortuni muscolari. Qui si tratta di qualcosa di diverso. In Italia ormai i controlli sono accurati, e la legislazione è talmente rigorosa che può essere tutto legato all’imponderabile».

La compattezza

Bove aveva subito un colpo poco prima. Ma niente lascia pensare che questo abbia influito. Anche il cardiologo tende a escluderlo: «Non credo. Un colpo al torace al centro del petto, tipo quello di Zidane con Materazzi per intenderci, può scatenare una aritmia ventricolare, ma deve essere diretto sul cuore. Se Bove ha subito un colpo di gioco, o qualcosa del genere, lo escluderei». Ulteriori accertamenti diranno con certezza che cos’è successo? Musumeci: «Ragionevolmente sì. Con la genetica si può escludere la stragrande maggioranza delle malattie cardiache. E attraverso controlli approfonditi anche una malattia extracardiaca». Intanto il mondo del calcio si è unito nella paura e nel dolore.

Tweet, messaggi, speranze: «Uno di noi, siamo tutti con te» ha postato la Roma. Una valanga di affetto per il 22enne in prestito alla Fiorentina. Non una rarità, ma quello che è successo a Bove ha dimostrato la grande capacità di calciatori, dirigenti e istituzioni di lavorare per il bene comune. Sull’interruzione del match non ci sono state questioni. E nemmeno il rinvio ha sollevato dubbi. No, non sempre the show must go on. Ben diverso era stato il caso di Bologna-Milan, rinviata per via dell’alluvione, una decisione che aveva scatenato polemiche e persino minacce di azioni legali. Quello fu un disastro materiale (anche se c’era stato un morto), qui si parla di vita appesa a un filo.

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