Una super perizia sulla strage di Calenzano. Con otto consulenti divisi in due collegi che hanno stimato che se dalle 9 alle 15 del 9 dicembre 2024 le pompe di carico delle autobotti del deposito Eni fossero rimaste chiuse come avrebbero dovuto, sarebbero andati persi  255mila euro di introiti. È quanto apprende Domani a fronte degli avvisi di garanzia che oggi, mercoledì 19 marzo, la procura di Prato guidata da Luca Tescaroli ha notificato a nove persone iscritte nel registro degli indagati. Tra loro sette sono dipendenti di Eni, due dell’impresa appaltatrice Sergen srl. Il procedimento, inoltre, è iscritto anche nei confronti del colosso di Stato.

«L’incidente sul lavoro è risultato in concreto prevedibile, se fosse stata effettuata un’adeguata analisi dei rischi e delle condizioni operative, ed evitabile, se fossero state eseguite correttamente le procedure di sicurezza, protezione e pianificazione che erano obbligatorie per effettuare l’intervento che doveva effettuare Sergen», si legge in una nota della Procura.

Incidente classificato, dunque, come «prevedibile» ed «evitabile», nel quale tuttavia sono morti cinque lavoratori. Nell’esplosione sono rimaste ferite anche ventisette persone, danneggiate «sedici autovetture, due autotreni e un’abitazione». «La presenza di più silos di combustile nell’area avrebbe potuto rendere - si legge ancora nella nota - ancora più drammatico l’evento se fossero stati attinti dalle esplosioni e dall’incendio divampato». i reati contestati, a vario titolo, sono omicidio colposo plurimo, disastro colposo e lesioni personali.

Sempre dalla perizia emerge che quel giorno ci fu l’esplosione perché erano in corso due attività che non sarebbero dovute essere svolte contemporaneamente: rifornimento di carburante da un lato e l’intervento su una vecchia linea di benzina, da trasformare in una linea di fornitura di olio vegetale idrotrattato, dall’altro. 

«Vite sacrificate»

«Cinque vite umane valgono 255mila euro», dichiara a Domani Fabio Franchi, segretario generale di Cisl Firenze-Prato. Il sindacalista, commentando quanto avvenuto lo scorso anno al deposito di idrocarburi Eni di Calenzano, continua: «Per noi la notizia degli avvisi di garanzia non è una novità. Il quadro era chiaro fin da subito, a causare la morte dei lavoratori le inadempienze di chi avrebbe dovuto rispettare le normali regole di sicurezza».

Più in particolare per la procura che indaga sulla vicenda le attività nel deposito «sarebbero state fatte in presenza di fonti di innesco, come il motore a scoppio di un elevatore», che a sua volta avrebbe «generato calore in un'area ad alto rischio in un momento in cui le operazioni di carico delle autobotti erano parallele alle attività di Segen».

E sempre da quanto emerge uno tra gli indagati avrebbe cercato di ostacolare le indagini. Motivo per cui Eni è «oggetto di illecito amministrativo» anche per questo fatto. L’indagato in questione avrebbe creato una cartella documentale emersa più di un mese dopo l’esplosione.

Sotto inchiesta ci sono la dirigente incaricata della gestione del centro di Calenzano, Patrizia Boschetti, la responsabile del servizio protezione e prevenzione del deposito, Emanuela Proietti, lo stesso responsabile del deposito, Luigi Cullurà. E ancora: il responsabile del settore manutenzione e un suo collaboratore, Carlo di Perna ed Enrico Cerbino, e il tecnico addetto alla manutenzione e il proposto dell’impianto, Marco Bini ed Elio Ferrara. Oltre a loro, dipendenti Eni, sono finiti al centro delle indagini, come detto, l’amministratore unico della società Sergen srl, che aveva in carico la manutenzione dell’impianto, e il preposto della stessa azienda, Francesco Cirone e Luigi Murno.

«Eni prende atto delle informazioni di garanzia annunciate ed emesse oggi dalla Procura di Prato in relazione all’incidente al Deposito di Calenzano», si legge in una nota della società. Che «conferma, come fatto finora, la propria piena e totale collaborazione all’autorità giudiziaria, con la volontà prioritaria di contribuire a individuare le cause e le dinamiche ad esse associate all’origine dell’incidente. Eni conferma altresì il proprio impegno al risarcimento dei parenti dalle vittime dell'incidente e, con la maggiore tempestività possibile consentita dai tempi dalle attività di perizia, dei danni civili sul territorio, in avanzato stato di definizione complessivo».

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