Un’indagine della Dda di Napoli ha portato a un blitz del Ros che questa mattina ha eseguito 27 misure cautelari collegate agli investimenti imprenditoriali del clan Di Lauro. In manette anche il cantante neomelodico palermitano e sua moglie, che nel 2019 erano stati protagonisti di un matrimonio trash a Secondigliano
Un’operazione imprenditoriale, finanziata anche dal cantante neomelodico Tony Colombo e da sua moglie Tina Rispoli, vedova del boss Gaetano Marino. I due sono stati arrestati nell’ambito di un’inchiesta che riguardava la svolta verso l’economia trasparente del clan Di Lauro che ha portato a un blitz del Ros e dei carabinieri di Napoli su indagine della Dda di Napoli coordinata dai pm Maurizio De Marco e Lucio Giugliano. Martedì mattina sono state eseguite 27 misure cautelari: tra i reati contestati anche il concorso esterno in associazione mafiosa, la turbativa d'asta, e l'aggravante della transnazionalità legata al contrabbando di sigarette.
La coppia
Colombo vive a Napoli da vent’anni e ora a lui e a sua moglie viene contestato il reato di concorso esterno in associazione mafiosa. I due, sposati nel 2019 in un matrimonio che aveva coinvolto una carrozza trainata da quattro cavalli bianchi, giocolieri, ballerine, comparse e coriandoli, tutto non autorizzato dal comune. L'ingresso degli sposi venne salutato da uno squillo di trombe suonate anche a cinque ispettori della Polizia Penitenziaria che vennero identificati - grazie a numerosi video che circolarono sul web postati dagli invitati – sospesi e poi licenziati.
La coppia era sospettata già diverse volte di avere rapporti con la camorra: nel 2021 i due erano stati accusati di trasferimento fraudolento di valori aggravato dal metodo mafioso e riciclaggio e avevano subito un sequestro di 80mila euro.
Le attività imprenditoriali in cui il clan avrebbe investito tra il 2017 e il 2021 sarebbero stati per esempio brand Corleone e la bevanda energetica 9MM. I carabinieri hanno anche sequestrato beni per il valore di 8 milioni di euro. Tra gli altri arrestati, il figlio del boss Paolo di Lauro, detenuto dal 2005, Vincenzo, oltre che un autista della Dda che si era messo a disposizione della criminalità organizzata.
Nelle intercettazioni compaiono anche un finanziere e un doganiere con “busta paga” del clan Di Lauro. Non sono stati individuati, ma sono certamente coinvolti nell'inchiesta. «Io avevo il finanziere che mi faceva uscire con il camion… quando passava si girava... lui prendeva 2.200 euro al mese» dicono alcuni degli indagati in una intercettazione del 26 ottobre 2018. Una conversazione in cui si fa anche riferimento a un arresto e all'impossibilità ormai di potersi avvalere di quell'aiuto. In precedenza gli indagati parlano anche di altre presunte complicità: «Io avevo due finanzieri, avevo due doganieri e stavo io. Io ero quello che le caricava, veniva il camion, glielo caricavo e se ne andava. Usciva fuori...».
Oltre a investire in brand di vestiario il clan era riuscito a entrare anche nel giro delle vendite giudiziarie immobiliari: si ipotizzano infatti reati di turbativa d’asta, con gli affiliati che minacciavano altri partecipanti per costringerli a non presentarsi.
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