- «È mancato all’affetto dei nostri cari. Il 10 marzo è deceduto il signor Biagio Chiariello», recita un manifesto funebre ritrovato due giorni fa davanti al comando della polizia locale di Arzano, comune sciolto tre volte per le infiltrazioni della malavita.
- Controllano ogni attività illegale, si ammazzano per una piazza di spaccio e vivono in un lusso fatto di scarpe firmate, tuguri trasformati in dimore dorate e fuoriserie sotto casa.
- Sparano come sempre, ma sono camorristi social: si tatuano, si giurano fedeltà e fanno proseliti. Fortunatamente il comandante dei vigili urbani Chiariello è vivo, la sua colpa è quella di essersi messo in testa di contrastare illegalità e la malavita.
«È mancato all’affetto dei nostri cari. Il 10 marzo è deceduto il signor Biagio Chiariello», recita un manifesto funebre ritrovato due giorni fa davanti al comando della polizia locale di Arzano, comune sciolto tre volte per le infiltrazioni della malavita. Siamo nell’area a nord di Napoli dove si fanno la guerra gruppi criminali che vivono nell’ombra dei clan storici, i Moccia, l’alleanza di Secondigliano, gli Amato-Pagano.
Controllano ogni attività illegale, si ammazzano per una piazza di spaccio e vivono in un lusso fatto di scarpe firmate, tuguri trasformati in dimore dorate e fuoriserie sotto casa. Sparano come sempre, ma sono camorristi social: si tatuano, si giurano fedeltà e fanno proseliti.
Fortunatamente il comandante dei vigili urbani Chiariello è vivo, la sua colpa è quella di essersi messo in testa di contrastare illegalità e la malavita a partire dalle case occupate, ma anche dal racket del caro estinto perché loro, i malacarne, devono fare soldi anche sul dolore. «La mia vita oggi è cambiata, mi posso fidare di poche persone, ma mi sento tutelato. Io vado avanti e non posso più fermarmi», dice Biagio Chiariello.
Qualche settimana fa insieme alla sua squadra, con ruspa e un decreto di abbattimento, si è presentato a casa di un affiliato. Ha eseguito lo sgombero e proceduto all’abbattimento dei manufatti abusivi. «Ti sei tolto lo sfizio», ha detto il gregario del clan ai poliziotti municipali.
Il manifesto funebre per il comandante
La camorra non digerisce l’attivismo dello stato e manda messaggi di morte, uccide, l’ultimo agguato risale a tre mesi fa, semina il terrore in strada con le stese ed estorce denaro agli imprenditori. «Colonnello qui stiamo ad Arzano no a Frattamaggiore qui ad Arzano casino non ci piace», si legge sul manifesto funebre dove appare la foto di Chiariello e a sinistra un crocifisso.
Il comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza ha disposto per il comandante la scorta armata degli uomini della guardia di Finanza. Ad Arzano sembra una costante, chi fa il proprio mestiere deve girare scortato da agenti armati. È successo lo stesso anche al giornalista Mimmo Rubio che racconta questa terra contaminata da clan e rassegnazione da anni.
Gli hanno lanciato le bombe carte sul balcone mentre era a casa con la mamma anziana, poi minacce di ogni tipo. Le istituzioni, alla fine, si sono svegliate dal torpore e Rubio è finito sotto scorta. È il destino di chi non si gira dall’altra parte. Ora gli inquirenti vogliono capire chi ha confezionato il manifesto minaccia contro Chiariello.
Le indagini sono in corso e puntano sulla 167, il quartiere popolare con 72 appartamenti, che il clan Monfregolo ha trasformato nel suo feudo. Il clan si contende con i fuoriusciti, guidati da Pasquale Cristiano, il controllo delle attività illecite. Il gruppo è legato alla camorra che conta, quella degli Amato-Pagano, trafficanti di droga e criminali di rango.
Gli agenti della polizia locale, al comando di Chiariello, stanno verificando le occupazioni abusive, gli allacci illegali delle abitazioni, la regolarità delle residenze per sgomberare capi e gregari. Da qualche settimana è tornato libero il boss Giuseppe Monfregolo, arrestato tre anni fa dai carabinieri dopo alcuni mesi di latitanza. Tra qualche giorno dovrebbe uscire dal carcere anche il rivale Pasquale Cristiano.
Lo scorso giugno mentre era ai domiciliari decide di accompagnare il figlio in chiesa con la Ferrari, rossa fiammante. Cristiano, detto Picstik, condannato in secondo grado per estorsione aggravata era stato autorizzato dall’autorità giudiziaria per partecipare alla cerimonia religiosa, ma Cristiano ha pensato bene di andarci con l’auto di lusso sfrecciando per la cittadina in occasione della comunione del figlio.
Morti e canzoni
Il cognato di Cristiano, Domenico Girardi, nel 2006, fu ucciso durante la faida tra Di Lauro e scissionisti. I killer rimasti senza volto, gli fracassarono il cranio a colpi di Ak-47. Anche il padre di Domenico, Vincenzo Girardi, fu ucciso insieme ad Effice Agrippino, nel 1997. Agrippino è noto negli ambienti criminali perché uccise, a coltellate, nel carcere di Poggioreale, Mico Tripodo, boss di ‘ndrangheta negli anni settanta. Lo stesso Cristiano è stato processato, con rito abbreviato, per il duplice omicidio all’interno di un centro estetico, che ricordava una scena del film Gomorra.
Un agguato che ha segnato la fine del dominio del clan Moccia su Arzano e l’inizio del dominio degli uomini della 167. Gli altri imputati processati con rito ordinario sono stati condannati all’ergastolo mentre Cristiano è stato assolto. Ma gli agguati non si fermano.
A fine novembre davanti a un bar i sicari hanno ucciso suo nipote Salvatore Petrillo e ferito quattro persone, tra queste due operai totalmente innocenti. In quelle ore era stato scarcerato il boss Giosuè Belgiorno accolto dai partenti con fuochi d’artificio, uscito dal carcere dopo aver scontato una condanna per omicidio. La famiglia di Petrillo aveva osato occupare un appartamento nel feudo dei Monfregolo.
A tre mesi dall’agguato di Petrillo, ancora senza responsabili, la madre di Cristiano dai social ha lanciato una fatwa contro gli autori del delitto. In un video stringendo forte una collana d’oro con un ciondolo raffigurante il volto di Petrillo rappresenta il suo dolore. «Chi ha fatto male a te l’adda pava’ (deve pagarla, ndr)», recita la canzone che fa da sottofondo alla scena.
In un altro video, un fedelissimo di Cristiano si è tatuato sulla schiena i numeri 14 e 3, il giorno nel quale è fissata la data di scarcerazione del boss, con le iniziali di Cristiano, un cuore, una corona e la scritta ‘Hasta la muerte’. Sullo sfondo su tre scaffali troneggiano una ventina di bottiglie di champagne. «Siamo due fratelli e questo non può cambiarlo nessuno anche se la legge ci ha sbattuti», recita la canzone neomelodica in sottofondo.
Una faida per accaparrarsi il settore cruciale del traffico e dello spaccio di droga, ma anche le estorsioni a tappetto che mettono sotto scacco la piccola imprenditoria locale. I Manfregolo non vogliono fermarsi e hanno ostracizzato Cristiano, familiari e affiliati. Arzano è cosa loro, intanto chi si oppone finisce scortato perché rischia la vita.
© Riproduzione riservata