Mentre lo sciame sismico non si ferma e gli esperti si dividono, il governo ha preparato un decreto per fronteggiare l’emergenza. Previsto un monitoraggio sul fenomeno bradisismico. La struttura affidata al capo della Protezione civile Curcio
Un piano per allestire strutture ad hoc in caso di bradisismo grave nell’area dei Campi Flegrei, con assistenza alla popolazione e forme di allontanamento temporaneo per i territori colpiti dal fenomeno. È quanto prevede il decreto che il ministro della Protezione civile, Nello Musumeci, ha portato questa sera in Consiglio dei ministri.
«Sarà un piano in relazione al bradisismo, perché per il rischio vulcanico il piano esiste già e va solo aggiornato», ha specificato in mattinata Musumeci. «Poteva essere concepito anni fa, invece ora dovremo operare sotto la spinta emotiva della gente», ha aggiunto. Il ministro aveva promesso ai sindaci flegrei di trovare finanziamenti per coprire, almeno in parte, il costo delle perizie sugli edifici, che per ora ricadono soprattutto sui privati.
Senza tregua
Le nuove misure sono richieste dagli sviluppi degli ultimi giorni, con la sequenza sismica che non accenna a diminuire. Nella notte ci sono state altre scosse, sentite anche al centro di Napoli, dopo quella più forte del 27 settembre. Attualmente si va avanti a una media di quaranta scosse al giorno. In tanti hanno passato gran parte della notte in strada e qualcuno ha deciso di dormire in auto.
«La ripetizione delle scosse comporta una sollecitazione delle strutture, creando microlesioni. Per questo va costantemente monitorato lo stato degli edifici», dice a Domani Giovanni Macedonio, vulcanologo dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. «Ma non creiamo allarmismi inutili: si tratta di terremoti frequenti ma non profondi, evacuare tutto per ora non ha senso».
Mentre la terra continuava a tremare, ieri mattina, sindaci e assessori delle zone interessate erano in audizione alla Camera, davanti alla commissione Ambiente. Sono stati sentiti il sindaco della città metropolitana di Napoli, Gaetano Manfredi, e quelli dei comuni più colpiti, da Pozzuoli a Monte di Procida. I primi cittadini hanno lanciato l’allarme sulle ricadute dal punto di vista economico, in un’area a forte vocazione turistica – il sito archeologico dei Campi Flegrei è il più grande della regione, dopo Pompei ed Ercolano.
«Quella del bradisismo deve essere un’emergenza nazionale. Mi hanno chiamato tour operator preoccupati fin dalla Finlandia e le disdette non si sono fatte attendere», denuncia il sindaco di Bacoli, Josi Della Ragione, che dal 9 ottobre inaugurerà un percorso di assistenza ai cittadini con l’aiuto degli psicologi. «C’è il rischio che la gente se ne vada non per paura delle scosse, ma per le ricadute economiche di questa situazione».
Ci fosse un’eruzione
Se per il bradisismo un piano ad hoc non era finora previsto, da anni c’è un piano di evacuazione valido in caso di eruzione. Un’ipotesi che tutti i vulcanologi considerano improbabile. Per il momento, la zona rossa sul rischio vulcanico comprende circa 500mila persone. In caso di allerta arancione si metterebbe in moto la macchina dell’evacuazione, con il trasferimento da ospedali e case di cura e la messa in sicurezza dei beni culturali, mentre i residenti potrebbero «allontanarsi spontaneamente».
Diverso lo scenario qualora l’allerta arrivasse al livello rosso. In questo caso scatterebbe l’evacuazione di massa, con i residenti della zona rossa che avrebbero 72 ore per lasciare le case «in modo autonomo o assistito». È stato definito uno schema di gemellaggio che prevede il trasferimento della popolazione in altre regioni italiane. In questo il piano è molto dettagliato: gli abitanti di Pozzuoli e Bacoli verrebbero ospitati in Lombardia, Umbria e Marche, quelli del quartiere Posillipo in Sardegna e quelli dell’Arenella in Veneto.
L’ultimo aggiornamento del piano risale al 2016 e l’ultima prova di evacuazione al 2019, quando un gruppo di cittadini di Pozzuoli fu accompagnato alla stazione di piazza Garibaldi, a Napoli. Le polemiche di questi giorni sono legate al fatto che un piano simile, non aggiornato e poco testato, potrebbe essere inadeguato. «Non tutti i comuni si sono attrezzati e le previsioni sono troppo ottimistiche: un’eruzione riguarderebbe tutta l’area metropolitana, con tre milioni di persone», ripete Giuseppe Mastrolorenzo, ricercatore dell’Osservatorio vesuviano.
«Lo sciame sismico può essere precursore dell’eruzione, che potrebbe essere una super-eruzione. E il passaggio dal livello di allerta giallo a quelli arancione e rosso sarà deciso dalla commissione Grandi rischi, che può anche sbagliare». Domani ha provato a contattare Mastrolorenzo, ma senza successo. Le sue ultime uscite non sono piaciute all’Ingv, che ne ha preso le distanze giudicandole «allarmistiche»: «Parla a titolo personale, non ne condividiamo toni e contenuti», dicono dall’Istituto.
Troppi abitanti
Ma dubbi sull’applicabilità del piano sono espressi anche dai sindaci flegrei. Un punto controverso riguarda le vie di comunicazione che dovrebbero essere utilizzate in caso di fuga. Molte strade avrebbero bisogno di manutenzione e anche per questo vanno trovate le coperture. «Bisogna potenziare le opere pubbliche. La principale via di fuga per i cittadini di Bacoli e della vicina Monte di Procida è Torregaveta. Esiste una stradina di tre metri, ma dovrebbe essere portata almeno a sette», spiega il sindaco Della Ragione.
«Un’evacuazione della zona gialla coinvolgerebbe 700mila persone, va programmata razionalmente e per tempo», aggiunge Antonio Coviello, ricercatore del Cnr che si occupa di risk management. «Un esodo improvviso sarebbe impensabile e costosissimo. Invece una pianificazione evoluta potrebbe risolvere il problema e mitigare la crisi demografica». Secondo Coviello, si dovrebbe diminuire la popolazione nella zona rossa e riallocare le persone in aree interne a rischio demografico.
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