- Dopo l’8 marzo 2020, dopo i nove morti per overdose mentre i detenuti erano sotto la tutela dello stato, dopo la distruzione del carcere, l’abbandono, la trattativa con i reclusi, il ministero non ha assunto provvedimenti. Il comandante della polizia penitenziaria del carcere Sant’Anna è rimasto al suo posto.
- Mauro Pellegrino, per molti agenti, ha affrontato con professionalità quella situazione e nessuno avrebbe potuto fare meglio di fronte alla rivolta violenta scatenatasi in carcere.
- Le relazioni di Mauro Pellegrino sostanziano il lavoro della procura. I magistrati hanno aperto tre fascicoli, chiesto e ottenuto l’archiviazione per i nove morti, mentre indagano, da oltre due anni, sul saccheggio e sulle torture in due fascicoli separati. Ma proprio dall’8 marzo nel carcere di Modena i veleni si sommano alla conta dei danni. Veleni che riempiono pile di carte che Domani ha letto.
Dopo l’8 marzo 2020, dopo i nove morti per overdose mentre i detenuti erano sotto la tutela dello stato, dopo la distruzione del carcere, l’abbandono, la trattativa con i reclusi, il ministero non ha assunto provvedimenti. Il comandante della polizia penitenziaria del carcere Sant’Anna è rimasto al suo posto.
Mauro Pellegrino, per molti agenti, ha affrontato con professionalità quella situazione e nessuno avrebbe potuto fare meglio di fronte alla rivolta violenta scatenatasi in carcere.
Le relazioni di Mauro Pellegrino sostanziano il lavoro della procura. I magistrati hanno aperto tre fascicoli, chiesto e ottenuto l’archiviazione per i nove morti, mentre indagano, da oltre due anni, sul saccheggio e sulle torture in due fascicoli separati.
Ma proprio dall’8 marzo nel carcere di Modena i veleni si sommano alla conta dei danni. Veleni che riempiono pile di carte che Domani ha letto.
Le agenti contro
F.C. e A.M. sono due donne, agenti della polizia penitenziaria, in forza a quel carcere. Quel giorno non erano in servizio, ma per senso di responsabilità rientrarono per fornire supporto alle colleghe e ai colleghi.
Nei loro fascicoli personali non c’è traccia di sanzioni o rimproveri, ma le due agenti non lavorano più al carcere di Modena. Sono state trasferite dopo lettere e sollecitazioni anche al ministero. Perché sono andate via?
Perché hanno presentato una denuncia contro il comandante Mauro Pellegrino perché le avrebbe insolentito con battute spinte e doppi sensi. Chiariamo subito che Pellegrino respinge tutte le accuse, «c’è un accertamento in corso in procura», dice e che queste accuse devono essere interamente dimostrate. Ma le ha denunciate per calunnia? «No, mi riservo di farlo», dice Pellegrino.
Il comandante è rimasto al suo posto e le agenti per evitare di incontrarlo hanno chiesto all’amministrazione, ripetutamente, di essere trasferite.
La denuncia è del gennaio 2021, viene informato anche il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ma il trasferimento viene notificato nel marzo 2022, un mese prima avevano inviato una nota alla ministra Cartabia.
Nel maggio 2021 sarebbero dovuto tornare a lavorare proprio a Modena pur persistendo «motivi di incompatibilità», si legge in una lettera inviata, in quei giorni, alla direzione del carcere. L'unica cosa che accade è lo sfratto esecutivo di una delle denuncianti dall’alloggio di servizio.
Trattasi di atto dovuto per l’amministrazione, A.M. lo ritiene per tempistica e modalità una reazione scomposta alla denuncia presentata contro il comandante.
Un mese dopo, nel giugno 2021, inviano una lettera alla ministra della Giustizia Marta Cartabia per informarla della situazione.
Sono i giorni dello scandalo Santa Maria Capua Vetere e della pubblicazione dei video dei pestaggi da parte di questo giornale.
A luglio arriva il distacco dalla sede di Modena di una delle due agenti.
Le agenti, scosse e segnate anche psicologicamente dai fatti dell’8 marzo, lamentano una situazione insostenibile, una mancata protezione, auspicavano provvedimenti più celeri.
La separazione tra denunciato e denuncianti, in questi casi, dovrebbe essere immediata, indipendentemente dall’esito della denuncia. Non è stato così.
Una vicenda che ha portato all’apertura di un fascicolo, le agenti risultano parti offese in un procedimento per abuso d’ufficio pendente sempre presso la procura di Modena. Potrebbe finire in un nulla di fatto e le accuse rivelarsi totalmente infondate, ma quello che è certo è che questa storia racconta i veleni nel carcere, lo stesso della rivolta e del saccheggio, e l’inerzia dell’amministrazione che non interviene né dopo la distruzione dell’istituto e neanche quando è venuto a conoscenza di questo nuovo capitolo del disastro Modena.
«Al momento non abbiamo ricevuto alcuna contestazione formale, il comandante Pellegrino è a conoscenza dell’apertura di un procedimento da parte della procura, ma nulla possiamo dire visto che non conosciamo quali sono le accuse e così non possiamo procedere neanche all’eventuale denuncia per calunnia», dice l’avvocato Paolo Petrella del foro di Modena che difende il comandante.
Lo sfratto e il prestito
Un capitolo che si riempie di ulteriori episodi occorsi ai denuncianti come lo sfratto esecutivo dall’alloggio di servizio, che prescinde dalla volontà del comandante, ma anche le dichiarazioni mendaci in una pratica di finanziamento richiesto dal compagno di A.M.
Anche in questo caso è stato aperto un fascicolo in procura dopo la denuncia presentata da A.C. Cosa succede? L’agente chiede un prestito dopo lo sfratto della compagna, una delle agenti che hanno presentato la denuncia contro il comandante. Negli allegati provenienti dalla direzione del carcere, uffici non di competenza di Pellegrino, c’è un documento relativo ai procedimenti del richiedente dove compare un procedimento penale a suo carico in fase dibattimentale.
Una dichiarazione mendace perché A.C. non aveva e non ha alcun procedimento a carico, ma è parte offesa in un processo. Una dichiarazione che viene corretta successivamente e, a distanza di mesi, l’agente riceve il prestito.
C’è anche un rapporto disciplinare, nelle settimane delle presunte avances rifiutate, emesso da Mauro Pellegrino a carico dell’agente denunciante, il 13 ottobre 2020, e archiviato dalla direttrice Maria Martone pochi giorni dopo. «Quel rapporto non è collegato ai fatti, è precedente alla loro denuncia», dice Pellegrino.
Il racconto delle agenti
Ma cosa avrebbero subito le agenti? Racconti contenuti in una denuncia presentata alla procura della repubblica di Modena, alle psichiatre che hanno seguito le due donne e riferita anche alla commissione ministeriale arrivata a maggio 2021 in carcere.
«In questo disastro, almeno una cosa bella l’ho vista! Il suo fondoschiena nel ‘pantalone bianco che indossa è la cosa più bella della giornata’», avrebbe detto Pellegrino che aveva raggiunto in portineria una delle agenti denuncianti intente a smistare le telefonate.
Frase che sarebbe stata pronunciata l’8 marzo, proprio quel giorno mentre il carcere prendeva fuoco, quando la polizia penitenziaria ha abbandonato l’istituto in fiamme e poi il comandante ha affidato ai detenuti il salvataggio di colleghi, infermieri e personale intrappolato. Ricordiamo che quel giorno ha dovuto affrontare una situazione senza precedenti.
La denuncia delle agenti è molto più circostanziata e dettagliata, riferisce di fatti successivi, nuove richieste, avances nei confronti anche dell’altra agente, F.D., agente che ha sempre avuto una stima incondizionata nei confronti di quel comandante. Ma presto cambia tutto con le presunte battute a doppio senso e le richieste esplicite di natura sessuale.
La denuncia si compone di allegati e ulteriori elementi, ma Pellegrino nega tutto e al momento la denuncia non ha avuto sviluppi. Ma il ministero è al corrente di questa storia, perché Pellegrino è rimasto al suo posto?
«I vertici del Dap (già dalla precedente gestione di Bernardo Petrialia) chiesero di svolgere accertamenti a seguito della denuncia; non fu riscontrato nulla. Poi tutto è stato girato alla Procura», fanno sapere dal ministero della Giustizia.
I veleni nel carcere di Sant’Anna si aggiungono al sovraffollamento, alla carenza di personale, al saccheggio, ai morti e completano il disastro di un istituto di pena abbandonato, così come reclusi e agenti, al proprio destino.
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