Il testimone. L’autopsia negata. E ora anche l’anomalia sui nomi degli agenti presenti in carcere il giorno della morte. «Stampante rotta», la versione data ai familiari. Così come le telecamere
Ci sono sempre più ombre attorno alla morte nel carcere di Oristano di Stefano dal Corso, il detenuto romano trovato privo di vita in cella il 12 ottobre 2022. La storia da subito era stata derubricata a suicidio, poi lo scorso ottobre la Procura locale ha riaperto le indagini. Nuovi elementi emersi in queste settimane alludono a una morte violenta e parlano anche di un altro, misterioso, decesso.
Un supertestimone che si è identificato come agente ha raccontano alla famiglia che Dal Corso è stato ucciso a manganellate e che il suicidio sia stato solo una messinscena, rinforzando alcune testimonianze simili già emerse nei mesi scorsi. Oltre a questo, dalle parole del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, risulta che nelle stesse ore in cui è morto Dal Corso, sempre a Oristano ci sia stato un secondo decesso. Una morte fantasma, di cui finora non risultava nulla in alcun documento ufficiale. Una situazione nebulosa nel complesso, su cui però resta un punto fermo: il rifiuto da parte della Procura di disporre l’autopsia sul corpo di Dal Corso. Nei giorni scorsi è stata rigettata per la settima volta una richiesta in questo senso. “Abbiamo già mandato l’ottava, non ci fermiamo finché non avremo la verità”, chiosa Marisa Dal Corso, sorella di Stefano.
Mancate autopsie
Il 12 ottobre 2022 Stefano Dal Corso è stato trovato privo di vita nel carcere di Oristano. Era arrivato da Rebibbia al carcere sardo da pochi giorni, doveva partecipare a un’udienza che lo riguardava e inoltre aveva chiesto il trasferimento per poter stare vicino alla figlia, che vive in Sardegna con la madre. Dal Corso si sarebbe impiccato in cella con un pezzo di lenzuolo strappato con un taglierino e attaccato alle grate della finestra.
Nel luglio scorso le indagini sono state archiviate, ma a ottobre è stata aperta una nuova inchiesta. Troppi i nuovi elementi da prendere in considerazione, troppe le ombre mai chiarite su quel decesso e su quanto successo in quelle ore nel carcere di Oristano. La finestra situata troppo in basso per un impiccagione, il letto rifatto senza strappi nelle lenzuola e situato proprio sotto la finestra a rendere ancora più inverosimile l’atto, la mancanza di immagini del corpo sospeso ma solo sdraiato e ben rivestito con indumenti che la famiglia non ha mai riconosciuto, le telecamere di videosorveglianza che in quel momento non funzionavano, le testimonianze di due detenuti su un presunto pestaggio subito da Dal Corso, con urla che riecheggiavano per tutto il reparto. E poi i segni al collo che secondo alcune perizie non sarebbero compatibili con l’impiccagione.
«La sommarietà del sopralluogo, l’approssimazione dell’esame esterno, la grave assenza di autopsia e di conseguenti indagini anatomo-patologiche, la mancanza di esami tossicologici e genetici e la carenza di utili dati ricostruttivi delle immagini del cadavere mantengono irrisolte le incertezze circa la natura asfittica della morte», scrivono il medico legale Claudio Buccelli e l'anatomopatologa Gelsomina Mansueto nella loro perizia indipendente. Anche un’altra perizia firmata dall’anatomopatologa di fama internazionale Cristina Cattaneo sottolinea la necessità di un’autopsia sul corpo di Dal Corso. Che finora è sempre stata negata. L’ultima volta - la settima - proprio nei giorni scorsi e nonostante la riapertura delle indagini. Questo, mentre al lungo elenco di stranezze si sono aggiunti nuovi elementi.
Il super-testimone
Una persona che si definisce un ufficiale esterno di polizia, presente nel carcere di Oristano il giorno della morte di Dal Corso, nelle scorse settimane ha contattato Marisa Dal Corso. E ha parlato di una morte violenta del fratello.
Nel tempo la famiglia Dal Corso ha ricevuto tante segnalazioni da parte di mitomani, ma in questo caso ci sono elementi credibili, cose che poteva sapere solo qualcuno interno a quel carcere. «Ci ha detto che la cosa è sfuggita di mano, erano in cinque a pestare mio fratello con i manganelli», spiega Marisa. Secondo il testimone, Dal Corso era sporco del sangue uscito dalle orecchie per le manganellate e per questo lo avrebbero cambiato prima delle foto, comprese le sue Adidas bianche. L’impiccagione sarebbe stata creata ad arte per nascondere la reale causa di morte. La fonte dice che lui e altri agenti sono stati allontanati dal carcere dopo la morte del detenuto romano perché c’era il timore che potessero parlare. «Mi ha detto che i soprusi andavano avanti da tempo, che Stefano non è stato il primo a subirli», rivela Marisa.
Un altro decesso
A proposito di presunti altri soprusi, c’è altro. Nella risposta a un’interrogazione parlamentare sul decesso di Dal Corso presentata dal parlamentare di Italia Viva, Roberto Giachetti, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, scrive che “considerando le peculiari modalità e condizioni di tempo e luogo in cui avvenuti i decessi dei due detenuti, nessun elemento abbia consentito anche di ipotizzare un fatto di omicidio, anziché un evento suicidario”. Si parla cioè della morte di due detenuti nel carcere di Oristano in circostanze temporali e spaziali simili. Eppure del secondo decesso, che si somma a quello di Dal Corso, nessuno aveva mai parlato, tanto che anche nei dati ufficiali sulle morti e i suicidi del 2022 l’unico che risulta a Oristano in quel periodo è proprio il suo.
«Se avessi saputo di quest’altra morte avrei cercato di contattare la famiglia, o penso sarei stata contattata per fare fronte comune. Invece non ne sapevo nulla», chiosa Marisa. Che si sofferma su un altro particolare, confermato dalla sua legale. A settembre hanno fatto richiesta al carcere di Oristano della lista di agenti presenti nel reparto di Dal Corso il 12 ottobre 2022 e il giorno precedente. Per quest’ultimo hanno ricevuto la normale griglia stampata, mentre per il 12 i nomi degli agenti sono scritti a penna. La stampante aveva smesso di funzionare, hanno detto, proprio come le telecamere. Una versione che non convince la famiglia Dal Corso, che teme possano essere atti di depistaggio.
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