- È una richiesta di archiviazione che pesa come un macigno per la Lega di Matteo Salvini.
- Perché più che escludere legami pericolosi con la Russia di Putin, certifica che la trattativa del Metropol per tentare di finanziare il partito con soldi russi c’è stata
- Ed è stata portata avanti con interlocutori di peso del cerchio magico del potere putiniano.
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LaPresse
È una richiesta di archiviazione che pesa come un macigno per la Lega di Matteo Salvini. Perché più che escludere legami pericolosi con la Russia di Putin, certifica che la trattativa del Metropol per tentare di finanziare il partito con soldi russi c’è stata. Ed è stata portata avanti con interlocutori di peso del cerchio magico del potere putiniano.
I magistrati della procura di Milano hanno indagato tre anni e mezzo sulla trattativa dell’hotel Metropol di Mosca, dove Gianluca Savoini, ex portavoce di Salvini, ha negoziato con uomini russi legati al Cremlino una partita di gasolio dietro la quale si celava un finanziamento al partito per affrontare al meglio la campagna elettorale delle successive europee del 2019.
La riunione del Metropol si è tenuta il 18 ottobre 2018, a darne notizia per la prima volta è stato L’Espresso, che anticipava lo scoop contenuto nel Libro nero della Lega (Laterza).
La difficoltà di chiudere l’indagine con un esito diverso è dovuta al fatto che le autorità russe non hanno mai risposto alle diverse rogatorie (richieste di assistenza giudiziaria) inviate da Milano.
I magistrati, infatti, per dimostrare il reato di corruzione internazionale ipotizzato avrebbero avuto bisogno di sentire alcuni testimoni lì nella regno di Vladimir Putin.
La richiesta di archiviazione, se accolta dal giudice, conferma in toto l’esistenza della trattativa: «Le indagini hanno accertato come, a partire quantomeno da marzo 2018, il gruppo formato da Savoini, Francesco Vannucci, Gianluca Meranda si sia fortemente attivato allo scopo di concludere transazioni commerciali con fornitori russi di prodotti petroliferi con l'obiettivo di ricavare ingenti somme di denaro da destinare, una volta dedotti i costi per la mediazione, al finanziamento del partito politico Lega Salvini Premier… che la formazione politica avrebbe dovuto affrontare in vista della campagna per le elezioni europee ed amministrative tenutesi nel 2019».
I protagonisti
A condurre la trattativa del Metropol, in realtà iniziata molto tempo prima e gestita con numerosi interlocutori, è stato Savoini: leghista di lungo corso, fedelissimo di Salvini e ideologo della svolta sovranista e russofila del segretario.
Fondatore dell’associazione Lombardia-Russia, nonostante all’epoca non avesse più ruoli formali nel partito a Mosca era per tutti il consigliere di Salvini.
Gianluca Meranda è invece un avvocato con molte relazioni trasversali, estese «ad ambienti istituzionali e massonici», esperto nel settore dell’Oil and gas.
Dunque è il tecnico arruolato da Savoini per gestire la partita con i russi, a partire da molto tempo prima la riunione del Metropol. Francesco Vannucci è un ex sindacalista Cisl, bancario, un profilo anonimo.
Al tavolo con i tre italiani c’erano altrettanti russi: Ilya Yakunin, Andrey Karchenko e un tale di nome Yuri (non identificato). I pezzi grossi legati all’establishment russo sono i primi due.
Yakunin ricopriva all’epoca la carica di vice direttore di una una società controllata dal governo russo ed era membro di un’agenzia attiva nell’Oil and gas fondata da Vladimir Pligin, avvocato di fama a Mosca, ex deputato di Russia Unita, intimo del giro putiniano nonché socio di studio del vice premier Dymitri Kozak che aveva in quel periodo la delega all’Energia.
Sia Pligin che Kozak sono stati sanzionati nel 2014 per «le minacce all’integrità territoriale dell’Ucraina».
Karchenko ricopriva invece la carica di direttore nel movimento politico euroasiatico di Aleksander Dugin, il filosofo icona dei sovranisti europei, la cui figlia è stata nei mesi scorsi uccisa da un’autobomba a Mosca.
Salvini e il Metropol
Per questo la sua presenza al Metropol fa dire ai pm che «da alcune conversazioni rinvenute negli apparati cellulari degli indagati emergono elementi, sia pure indiretti, indicativi della circostanza che Salvini stesso fosse informato delle trattative relative all'operazione di acquisto di prodotti petroliferi dalla Russia».
A questo va aggiunto un incontro politico tenuto nascosto dal leader della Lega organizzato il 17 ottobre a Mosca, 24 ore prima della riunione del Metropol e subito dopo il convegno di Confindustria Russia cui aveva partecipato l’allora vicepremier e ministro dell’Interno.
Il giorno prima del negoziato del 18 ottobre al Metropol, Salvini, ha incontrato con il vicepremier russo Kozak. Fatto rivelato dall’Espresso, mai smentito dal capo della Lega, che ora in pm confermano: «In effetti avranno un incontro in occasione dell'Assemblea Generale di Confindustria Russia, evento quest'ultimo cui - in base ad un file rinvenuto all'interno del cellulare di Savoini - presenzieranno anche i tre attuali indagati, in quanto accreditati come Staff Salvini».
Per supportare la tesi secondo cui Salvini sapesse della trattativa, i pm citano alcune registrazioni e incontri: «Ci si riferisce in particolare all’ampio dialogo tra Vannucci e Meranda nel quale il bancario toscano riassumeva quanto riferitogli il giorno prima da Savoini, appena tornato da Mosca: “Io parlo prima con Kappa ... tu a noi ci fai un grande favore perché questi ci stornano circa mezzo milione al mese quindi per la Lega con questi va bene...a quel punto io faccio l'accordo con Kappa stringo la mano dico va bene... la sera viene Matteo...e Matteo dirà ... avete trovato l'accordo?... tu vieni in quel posto... te lo mando su WhatsApp...e siamo io te e Matteo"».
Kappa è secondo chi indaga l’oligarca Konstantin Malofeev, che con Savoini ha sempre intrattenuto ottimi rapporti anche prima dell’inizio delle trattative.
Malofeev è a capo di un impero finanziario e mediatico, sotto sanzioni dal 2014 per il suo sostegno all’annessione della Crimea da parte della federazione Russa.
Secondo i pm, inoltre, l’ex portavoce di Salvini «il 15 e 16 luglio 2018 tornava in Russia, prendendo parte ad incontri ufficiali presso l'Ambasciata italiana a Mosca, in occasione della visita di Salvini all'omologo Ministro dell'Interno Vladimir Kolokoltsev. Il 17 luglio, non appena rientrato, Savoini ne riferiva a Vannucci, il quale a sua volta riportava a Meranda che registrava la conversazione». Vannucci ha riferito che l’operazione «interessa Emme, hanno avuto la copertura politica, hanno il cappello politico, lo sanno».
“Emme” sarebbe Matteo, secondo chi ha fatto le indagine. «È inoltre dimostrato sia dalle comunicazioni intercorse tra i protagonisti che dalle dichiarazioni rese da Irina Afonichkina (giornalista russa, ndr) che Savoini ha cenato a Mosca con Salvini la sera del 17 ottobre 2018, immediatamente precedente alla riunione all'Hotel Metropol», scrivomo i pm.
Il giorno dopo, ricordano i pm, Savoini aveva iniziato la trattativa con i russi con un monologo che sa di manifesto politico dell’operazione: «La nuova Europa deve essere vicina alla Russia… vogliamo davvero decidere per il nostro futuro, italiano, per i nostri figli, per noi stessi, senza dipendere dalla decisione di illuminati da Bruxelles, dagli Stati Uniti, vogliamo decidere... Insieme, i nostri alleati e colleghi, le altre parti in Europa». Seguiva il lungo elenco dei partiti europei sovranisti amici, da Marine Le Pen all’Afd tedesca.
È perciò «verosimile che Salvini fosse a conoscenza delle trattative portate avanti da Savoini, Meranda e Vannucci, volte ad assicurare importanti flussi finanziari al partito, e del resto appare irragionevole ipotizzare che operazioni di tale portata potessero condursi senza un avallo dei vertici politici. Tuttavia, non sono mai emersi elementi concreti sul fatto che il segretario della Lega abbia personalmente partecipato alla trattativa o comunque abbia fornito un contributo causale alla stessa. Non vi sono, inoltre, elementi indicativi del fatto che Salvini fosse stato messo al corrente del proposito di destinare una quota parte della somma ricavata dalla transazione ai mediatori russi perché remunerassero pubblici ufficiali russi. Per tali motivi non si è proceduto ad iscrizione di notizia di reato nei suoi confronti».
La registrazione
Nel caso Metropol si è molto parlato della registrazione del summit del 18 ottobre. Ottenuta dai giornalisti dell’Espresso e trascritta nella prima puntata della loro indagine giornalistica. Secondo i pm, a registrare l’incontro sarebbe stato l’avvocato Meranda. Audio poi consegnato ai giornalisti.
Il file, tuttavia, non è stato rintracciato nel telefono del legale ingaggiato da Savoini per portare a casa il finanziamento.
La diffusione dei contenuti della riunione del Metropol, pubblicati sul settimanale a fine febbraio 2019, hanno poi bloccato l’affare, che si era comunque arenato, segnalano i pm, anche per una guerra fra bande tutte legate al Cremlino.
In pratica la cordata Dugin-Pligin non era ben vista da chi gestiva il vero potere, in particolare da Igor Sechin, amico d’infanzia di Putin, e capo di Rosneft, l’azienda energetica di stato, citata più volte nella trattativa dai protagonisti, sia italiani che russi.
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