È la quarta denuncia sul caso che agita il governo. L’ultima è firmata dal parroco che aiuta i migranti legato alla ong Mediterranea. Intanto la premier ha incontrato un manager di Meta
Una nuova denuncia per cercare di individuare i mandanti dello spionaggio. Dopo quelle presentate da Luca Casarini e Francesco Cancellato, un’altra vittima italiana dei tentativi di hackeraggio ha deciso di chiedere aiuto alla magistratura. Don Mattia Ferrari, cappellano di Mediterranea Saving Humans e viceparroco di Nonantola, ha infatti presentato il 27 febbraio un esposto alla Procura di Bologna.
Nel documento, spiega l'avvocata Francesca Cancellaro, «chiediamo di comprendere quello che è accaduto e verificare profili di rilevanza penale». Il 24 febbraio Mediterranea Saving Humans, l'ong fondata da Casarini, con cui il prete collabora da tempo, ha fatto sapere che Don Ferrari è stato avvisato da Meta di essere stato vittima di un «sofisticato attacco sostenuto da entità governative non meglio identificate».
L'avviso è simile a quello recapitata a Casarini. «Non mi ero accorto della notifica, che pure era arrivata sul mio telefono l’8 febbraio dello scorso anno. In questi giorni, quando mi hanno avvisato ho cercato a ritroso ed effettivamente l’avviso c’era», ha spiegato nei giorni scorsi Ferrari.
Secondo Mediterranea, «il fatto che l'attacco a Don Mattia sia avvenuto contemporaneamente alla notifica a Luca Casarini suggerisce che potrebbero essere stati presi di mira come parte dello stesso "gruppo". Ciò solleva anche la preoccupante possibilità che siano state prese di mira altre persone, oltre a quelle attualmente note al pubblico, e che siano state utilizzate più tecnologie nell'ambito della stessa operazione di sorveglianza».
Non è ancora chiaro al momento se il telefono del prete sia stato effettivamente violato con lo spyware Graphite. Di sicuro, stando alla notifica di Meta, qualcuno ha cercato di forzare i suoi account Facebook e Instagram. Citando gli esperti di Citizen Lab, Mediterranea ha fatto sapere che «la presenza di questo tipo di attacchi segnala in genere che un governo vi sta monitorando e vuole estendere il controllo anche alle persone a voi vicine».
I contatti con il Vaticano
Don Mattia Ferrari è da tempo in contatto diretto con il papa. È stato lo stesso pontefice a dichiararlo lo scorso 19 gennaio, nel corso della trasmissione tv condotta da Fabio Fazio, quando ha detto di aver sentito al telefono il sacerdote per parlargli di una delicata vicenda relativa a una migrante rapita e tenuta prigioniera in Libia. Dunque, intercettando don Mattia i mandanti dell'hackeraggio potrebbero aver spiato anche il papa.
«Siamo pronti come sempre alla massima collaborazione con tutte le istituzioni per scoprire quanto effettivamente accaduto, cercare la giustizia e sanare queste ferite che si sono create con questo caso», ha dichiarato il prete, da anni in prima linea nell'aiutare i migranti che dall'Africa cercano di raggiungere l'Unione europea via mare.
«Ringrazio quanti si stanno interessando a questo caso, nelle istituzioni come nella società civile, per fare chiarezza su questi episodi e, più in generale, per riaffermare il valore della solidarietà come fondamento della civiltà», ha aggiunto.
Al momento sono quattro in tutto le denunce presentate dalle vittime italiane del caso Paragon. A quelle depositate alle Procure di Napoli, Palermo e Bologna - sottoscritte rispettivamente da Cancellato, Casarini e Ferrari – si aggiunge l'esposto presentato lo scorso 19 febbraio alla Procura di Roma da parte della Federazione nazionale della Stampa italiana e dell’Ordine nazionale dei giornalisti.
Meta e Meloni
Intanto, la premier Giorgia Meloni ha incontrato a Roma Joel Kaplan, capo degli Affari globali di Meta, la società grazie alla quale è stato scoperta l'operazione di spionaggio. Secondo Palazzo Chigi, l'incontro con Kaplan s'inserisce «in un ciclo d'incontri mirati a discutere i temi legati alla transizione tecnologica e allo sviluppo dell'intelligenza artificiale».
Proprio in questi giorni Meta deve decidere come gestire un'inchiesta avviata nei suoi confronti da parte della Procura di Milano, che le contesta l'omessa dichiarazione e mancato pagamento dell'Iva, tra il 2015 e il 2021, per un totale di oltre 877 milioni di euro. La società ha tempo fino a marzo per raggiungere un accordo con il Fisco italiano e, pagando la somma richiesta, evitare il processo per due suoi amministratori. La vicenda è particolarmente delicata per via della contestazione: per la prima volta, i dati raccolti dalla profilazione degli utenti sono stati considerati rilevanti ai fini fiscali.
L’esito rappresenta quindi un test importante, non solo per Meta ma per tutte le cosiddette web companies, e potrebbe avere effetti oltre i confini italiani.
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