«A una nostra attivista ungherese è capitato di essere trattenuta in carcere da innocente». La testimonianza del deputato di opposizione, leader del movimento di sinistra Szikra, aiuta a mettere in luce il contesto del caso Salis. La valenza politica della vicenda, la strategia orbaniana di criminalizzare la sinistra, le connessioni tra Fidesz e l’estrema destra
Il partito e il governo di Viktor Orbán garantiscono supporto a gruppi estremisti di destra che organizzano sfilate neonaziste, mentre scatenano campagne di diffamazione nei confronti della sinistra. Uno schema che ricorre: «Il premier ungherese condivide le stesse tattiche dei suoi alleati europei». Lo può testimoniare András Jámbor, che a 37 anni è il volto più a sinistra dell’opposizione ungherese e che, con il suo movimento Szikra, alle ultime elezioni si è conquistato un posto in parlamento. Nessuno meglio di lui ha sperimentato l’atteggiamento pregiudiziale da parte della galassia orbaniana. Anche se Szikra rifiuta qualsiasi uso della violenza, le autorità ungheresi hanno fatto di tutto per gettare fango su di lui e sul suo movimento, al punto che una componente di Szikra è stata incarcerata dopo aver partecipato pacificamente alle manifestazioni antifasciste dello scorso febbraio, sulla base di accuse rivelatesi poi senza alcun fondamento.
Qual è la percezione dell’opinione pubblica ungherese riguardo al caso di Ilaria Salis?
I media ungheresi non hanno prestato attenzione al caso finché non è esploso sulla stampa italiana e internazionale. Ma da subito è apparso come un caso con una valenza politica. Ciò che la stampa del mio paese ha invece ampiamente trattato è la marcia neonazista dell’11 febbraio scorso, e gli attacchi compiuti da – così si suppone – attivisti antifascisti.
Il modo in cui le autorità ungheresi hanno trattato i fatti dell’anno scorso è imparziale o politicamente orientato?
Sin dall’inizio, molti osservatori in Ungheria hanno trovato il caso e il modus operandi di polizia e sistema giudiziario strani, soprattutto perché da noi si sapeva già che c’era stato il caso di una attivista di sinistra ungherese la quale, nonostante fosse innocente, è stata trattenuta in custodia per due settimane.
Può chiarirci meglio il caso dell’attivista ungherese innocente?
È membro di Szikra, l’organizzazione politica di sinistra ungherese che io rappresento in parlamento dal 2022. Questa attivista era stata presa in custodia e trattenuta in carcere per due settimane come sospetta. Sa come lo abbiamo appreso? Perché c’erano blog estremisti di destra che la additavano come colpevole e gettavano fango non solo su di lei ma su tutta Szikra. Ben presto i media filogovernativi, compresa la tv di stato, si sono aggiunti a questo coro. Per quel che sappiamo, le “prove” contro la donna consistevano nel fatto che aveva condiviso l’evento Facebook della manifestazione pacifica antifascista dell’11 febbraio scorso – perché noi abbiamo partecipato esclusivamente al raduno pacifico e condanniamo iniziative violente – e poi ci si basava sul fatto che l’attivista, nella sua foto profilo, indossasse una giacca di un colore simile a quella indossata da un violento ripreso dalle telecamere di sicurezza. L’ufficio del procuratore ha riconosciuto che non c’erano mai state prove per imprigionarla e che era innocente. Eppure le autorità hanno aspettato aprile per chiudere il caso e per dichiararla pienamente innocente. La nostra attivista è rimasta traumatizzata da questi eventi e dalla campagna di propaganda condotta contro di lei per motivazioni politiche. Nessuno da allora le ha chiesto scusa, e i media legati a Fidesz, come pure i blog di estrema destra, attaccano lei, il mio movimento e me. Ci dipingono come violenti e pericolosi, il che fa il gioco di Orbán e del suo partito.
Quali connessioni – anche economiche – legano i raduni neonazisti dell’11 febbraio a Orbán?
Negli scorsi anni, Budapest è diventata l’epicentro di uno dei più grandi raduni neonazisti d’Europa. Ogni febbraio, attivisti di estrema destra si radunano qui per il cosiddetto “Giorno dell’onore”. La passeggiata verso il castello di Buda è tacitamente supportata dal governo Orbán, che consente a centinaia di estremisti di destra di praticarla. L’associazione che la organizza ha persino ricevuto fondi statali. Ci sono legami diretti, quindi, tra l’estrema destra coinvolta nell’organizzazione e il partito di governo.
C’è uno squilibrio tra il trattamento ricevuto dai sospettati di sinistra e quello riservato agli estremisti di destra?
Nel 2019 un gruppo di studenti universitari antifascisti del tutto pacifici è stato assaltato per le strade di Budapest. I blog neonazisti l’hanno celebrato come un successo. Nonostante le prove abbondassero, la corte ungherese non ha perseguito questi crimini di odio. Giuristi esperti evidenziano da anni che il sistema giudiziario ungherese è meno propenso a perseguire crimini di odio subiti da antifascisti e attivisti di sinistra. Anche a febbraio scorso, le violenze degli estremisti di destra sono passate in sordina.
C’è un tentativo politico di criminalizzare la sinistra?
Posso dirle che io non ho assolutamente nulla a che fare con frange violente, eppure i fatti di febbraio sono stati utilizzati pure per una campagna contro di me. Fidesz, così come il suo network internazionale di destra, parla sistematicamente di “cospirazioni antifasciste”. I parlamentari del partito di Orbán – penso a Máté Kocsis che è vicino ai servizi segreti – conducono una vera e propria campagna d’odio contro di me.
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