La giornalista è finalmente rientrata in Italia, dopo tre settimane di carcere. È atterrata a Ciampino su un Falcon 900 insieme al direttore dell’Aise. Meloni: «Grazie a chi ha contribuito a rendere possibile il suo ritorno»
Cecilia Sala è libera. La giornalista italiana detenuta ingiustamente nel carcere di Evin a Teheran dal 19 dicembre scorso è atterrata nel pomeriggio all’aeroporto militare di Ciampino a Roma.
Ad accoglierla, oltre ai famigliari, c’erano la premier Giorgia Meloni, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri, il ministro degli Esteri Antonio Tajani e una quarantina di giornalisti. Tutti ad attendere che il Falcon 900 bianco partito da Teheran in mattinata – e sul quale insieme alla giornalista viaggiava anche il direttore dell’Agenzia d’informazione per la sicurezza esterna (Aise), Giovanni Caravelli – atterrasse nella pista di fronte l’hangar dei servizi di intelligence italiani.
«Ciao, sono tornata!», sono state le prime parole di Cecilia Sala rivolte al compagno Daniele Raineri e ai suoi colleghi di Chora Media, la testata per la quale si trovava in Iran con regolare visto giornalistico per svolgere il suo lavoro. Poi un pensiero per il padre: «Papà, ti voglio bene, finalmente questa parentesi si è chiusa».
«Non dire niente, adesso devi solo stare serena, ok? Sono qui per ringraziarti e per dirti che sei stata forte», ha detto invece la premier durante il loro breve incontro, mentre Sala ha espresso gratitudine per gli sforzi del governo.
Poi la presidente del Consiglio ha dichiarato al Tg1: «È una bella giornata, una vittoria di tutti, della Nazione nel suo complesso. Ringrazio i servizi di intelligence, la nostra diplomazia, tutti i funzionari e i servitori dello Stato che in questi giorni hanno lavorato, con discrezione e professionalità, per raggiungere questo obiettivo».
In mattinata anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella si è complimentato con Meloni per il risultato positivo delle trattative e ha chiamato la madre della giornalista, Elisabetta Vernoni, subito dopo la presidente del Consiglio. «La telefonata più bella della mia vita», ha detto la madre. «È stata la premier a darmi la notizia della liberazione di Cecilia questa mattina, chiamandomi direttamente mentre ero al lavoro al San Raffaele».
«Sono orgoglioso di lei», ha detto invece il padre Renato Sala all’Ansa. «Ho pianto soltanto tre volte nella mia vita. Credo che il governo del nostro paese abbia fatto un lavoro eccezionale. Se mi sente la voce rotta, non vedevo l’orizzonte. È stato un lavoro di coordinamento straordinario. Confidavo nella forza di Cecilia».
Entrambi i genitori erano in prima fila ad aspettare la loro figlia a Ciampino. «Dirò a Cecilia che sono orgoglioso di lei e della capacità e la compostezza che ha avuto in questa vicenda. Nei suoi giorni di prigionia l’ho sentita tre volte», ha aggiunto Sala, amico di lungo corso del ministro Tajani. E in un question time alla Camera, il capo della Farnesina ha detto di essere «orgoglioso anche del grande lavoro di squadra che ha portato a questo risultato».
Dopo i saluti, Sala è stata ascoltata per molto tempo dai carabinieri del Ros prima di fare rientro a casa, mentre Meloni ha lasciato l’aeroporto senza parlare con i cronisti presenti.
L’operazione
Dopo tre settimane di strenue trattative la situazione si è sbloccata in silenzio nella serata del 7 gennaio. Alle 11.30 è arrivato a sorpresa l’annuncio di Palazzo Chigi: «Grazie a un intenso lavoro sui canali diplomatici e di intelligence, la nostra connazionale è stata rilasciata dalle autorità iraniane e sta rientrando in Italia».
La premier ha espresso «gratitudine a tutti coloro che hanno contribuito a rendere possibile il ritorno di Cecilia, permettendole di riabbracciare i suoi familiari e colleghi».
La scarcerazione di Sala è considerato un successo del governo, della diplomazia e dei servizi di intelligence che vantano buoni rapporti con gli omologhi iraniani e avevano provato a scarcerare Sala fin da quando è stata prelevata dai servizi di sicurezza dalla sua stanza di hotel a Teheran, tre giorni dopo l’arresto avvenuto a Malpensa dell’ingegnere iraniano Mohammed Abedini.
Nonostante le negazioni di Teheran, Sala era stata arrestata per ritorsione nei confronti delle autorità italiane per il blitz della Digos del 16 dicembre con il quale a Malpensa è stato eseguito l’arresto di Abedini su mandato degli Stati Uniti. Contro la giornalista, infatti, gli iraniani non avevano nulla di solido in mano, se non una generica violazione della legge islamica, secondo quanto riferito dopo giorni di silenzio.
L’iraniano, invece, è accusato dagli Stati Uniti di aver aggirato le sanzioni americane fornendo componenti elettronici per i droni dei Pasdaran. Alcuni di questi avrebbero ucciso tre soldati statunitensi e ferito altri quaranta in un attacco avvenuto nel nord della Giordania un anno fa. Il suo arresto, ovviamente, non è passato inosservato agli ayatollah.
Lo stallo
Per tre settimane la scarcerazione di Sala è sembrata molto lontana. Da una parte c’erano gli Stati Uniti che avevano chiesto ufficialmente l’estradizione dell’iraniano ancora prima di inviare le carte alle autorità giudiziarie italiane.
Dall’altra c’erano i servizi di intelligence iraniani che chiedevano la sua liberazione: troppo importante il suo know how e troppo pericoloso lasciarlo agli americani con il rischio che potesse rivelare i segreti delle guardie rivoluzionarie. Sul caso di Abedini deciderà la corte d’appello di Milano la settimana prossima.
I nodi si sono sciolti dopo la trasferta lampo della premier Giorgia Meloni a Mar-a-Lago dove ha incontrato il prossimo presidente americano Donald Trump, e prima dell’arrivo di Joe Biden a Roma. Secondo quanto riporta il Wall Street Journal, Meloni ha spiegato a Trump «che liberare Sala era un interesse nazionale italiano e che l’Italia avrebbe dovuto respingere la richiesta di estradizione degli Stati Uniti per Abedini. I dirigenti italiani sono tornati dalla Florida fiduciosi che Meloni si fosse assicurata la comprensione di Trump».
Sembra quindi che il prezzo pagato per la liberazione della giornalista italiana sarà la mancata estradizione di Abedini, che potrebbe andare ai domiciliari già nei prossimi giorni. Il suo legale, Alfredo De Francesco, ha espresso soddisfazione per la liberazione di Sala e ha detto di essere concentrato a lavorare per il suo assistito.
Fuori Palazzo Chigi il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha detto che l’estradizione sarà valutata secondo i parametri giuridici. Chissà. Da valutare anche se Elon Musk abbia avuto un ruolo nelle trattative come sembrerebbe.
Ma arriverà il tempo dei retroscena e delle analisi. Ora è il momento della gioia e dell’applauso al Senato di tutte le forze politiche. Per la prima volta in due anni e mezzo di governo Meloni, il caso Sala ha unito maggioranza e opposizione.
© Riproduzione riservata