La premier incassa una vittoria personale che cancella le polemiche, da Musk al viaggio in Florida, fino all’addio anticipato di Belloni dal Dis. Il timore in Europa è che l’Italia diventi l’avamposto del trumpismo
Con la liberazione di Cecilia Sala, detenuta per ventuno giorni nella prigione di Evin in Iran, Giorgia Meloni mette a segno un innegabile successo in politica estera. La delicata trattativa per riportare in Italia la giornalista di Chora media - che era a Teheran con regolare visto giornalistico ed è stata arrestata con la generica accusa di violazione delle leggi islamiche – prevede certamente più contropartite.
Per il governo iraniano la mancata estradizione in Usa dell’ingegnere iraniano Mohammad Abedini, attualmente in carcere a Opera; per quello americano il ritorno diventerà più chiaro nei prossimi mesi. Tuttavia la premier avrà buone ragioni per presentarsi trionfante alla conferenza stampa ormai di inizio anno di giovedì 9 gennaio.
L’operazione per il rilascio, infatti, è stata il frutto del lavoro dell’apparato istituzionale e diplomatico dello Stato ma è innegabile che Meloni si sia spesa investendo la sua credibilità personale. Quel che emerge, infatti, è la gigantografia in solitaria di Meloni, con gli altri soggetti istituzionali relegati al ruolo di comparse.
Il colpo di spugna
Dopo il sollievo per la liberazione di Sala, infatti, l’effetto è quello di un colpo di spugna su tutte le polemiche emerse nelle ultime settimane. Ultima in ordine di tempo, quella sulle dimissioni anzitempo della direttrice del Dis, Elisabetta Belloni, che ha rimesso il mandato cinque mesi prima della sua naturale conclusione. La notizia delle dimissioni risalenti al 23 dicembre (quindi nei giorni della carcerazione di Sala) aveva reso più chiari i contrasti nella galassia dei servizi di sicurezza, tuttavia la congiuntura non ha inficiato l’esito positivo del caso.
Il successo inghiottisce anche le polemiche seguite alla trasferta lampo di Meloni nella villa di Donald Trump in Florida e al possibile accordo da 1,5 miliardi con Elon Musk per l’utilizzo dei satelliti di Starlink. Il ritorno di Sala, ottenuto dopo l’incontro con il futuro presidente Usa e il giorno prima dell’arrivo in Italia dell’uscente Joe Biden, è la dimostrazione dello stretto dialogo che la premier è riuscita a creare con l’amministrazione americana, anche se non è noto a quali condizioni. Certo è però che – senza il placet americano nel disporre di Abedini – l’Italia avrebbe avuto pochi strumenti di trattativa con l’Iran.
Fumosa rimane anche la questione del possibile accordo commerciale con Musk, il quale non ha nemmeno finto di smentire gli abboccamenti pur negati da palazzo Chigi. Il ruolo del proprietario di X come intermediario dell’incontro con Trump è noto, come anche la volontà di estendere in Europa l’utilizzo della sua tecnologia.
La possibile firma di un contratto non potrà avvenire nelle segrete stanze ma avrà bisogno di un iter trasparente, tuttavia il successo sul caso Sala da un lato azzera almeno temporaneamente ogni polemica, dall’altro mostra quanto sia ben incardinato il legame di Meloni con la galassia di interessi che circonda Trump.
La questione tornerà attuale quando l’emotività lascerà il posto al cinismo dell’analisi economico-strategica, ma ora come ora il rapporto con Musk è stato strumento necessario alla premier per risolvere una vicenda intricatissima a livello di rapporti internazionali. E questo nonostante la diffidenza che l’imprenditore e consigliere di Trump si è attirato da parte delle cancellerie europee – e anche del Quirinale – con le sue intemperanze verbali via social e l’ingerenza nella politica interna dei paesi europei.
La contropartita
Così giovedì Meloni si presenterà davanti alla stampa italiana e non solo. La carcerazione in Iran della giornalista italiana, infatti, ha fatto il giro del mondo ed è stata seguita come un nuovo banco di prova per la premier italiana. L’esame è stato superato nell’esito ma – dopo la gioia per la liberazione della collega arrestata senza motivo e detenuta in condizioni inaccettabili – è ineludibile la questione di cosa sia stato promesso agli Stati Uniti per garantirsi il loro sostegno. É questa è la grande preoccupazione che anima le cancellerie europee e non solo.
Il permesso di utilizzare Abedini come moneta di scambio avrà un prezzo che Meloni si è impegnata a pagare: probabilmente quello economico legato agli interessi di Musk, certamente quello politico in favore dell’amministrazione Trump. In Florida la premier ha incontrato anche il futuro segretario di Stato Marco Rubio, ma il colloquio è avvolto nel mistero.
Rimanendo a ciò che si conosce, invece, il dato più eclatante della pirotecnica conferenza stampa di qualche giorno fa di Trump è stato la sua velleità espansionistica. Questa è la paura che si sta facendo largo: che l’Italia abbia fatto ancora un altro passo verso il diventare l’avamposto del trumpismo nel cuore dell’Unione europea.
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