I sindacati Cgil e Uil hanno proclamato uno sciopero nazionale di otto ore per venerdì 29 novembre. Ad annunciarlo i segretari generali Maurizio Landini e Pierpaolo Bombardieri, in una conferenza stampa. La manovra di bilancio del governo di Giorgia Meloni «è del tutto inadeguata a risolvere i problemi del paese», denunciano i sindacati e la mobilitazione vuole chiedere modifiche e rivendicare «l’aumento del potere d’acquisto di salari e pensioni e il finanziamento di sanità, istruzione, servizi pubblici e politiche industriali».

«Il fatto che il cuneo fiscale sia strutturale ma che a gennaio non ci sarà un euro in più in busta paga ci rende scontenti», ha detto Bombardieri, aggiungendo che per i contratti i soldi ci sarebbero a partire da gennaio «e non capiamo perché non vengano utilizzati». Ha poi messo in luce l’assenza di investimenti per la sicurezza sul lavoro: «Non c’è un euro». 

Sul fronte delle banche, Bombardieri rileva come non abbiano pagato e continuino a non pagare nulla. «Sull’Extra-tassa sento e leggo che si tratterebbe di un contributo di solidarietà. Nessuna solidarietà: è un prestito che gli viene restituito fra due anni.

I sindacati sono stati convocati martedì 5 novembre. «Con una manovra già consegnata alle Camere e con pochi margini di cambiamento», continua il segretario generale della Uil, precisando però che se il Governo dovesse accettare le proposte sono pronti a rivedere lo sciopero. Una giornata che «i lavoratori pagano di tasca propria». 

Una convocazione «a giochi già chiusi», aggiunge il segretario generale della Cgil Landini, «perché per le modifiche ci sono 100 milioni. Ma noi chiediamo cambiamenti profondi e radicali della manovra, non qualche emendamento. A partire da una seria politica fiscale».

I sindacati chiedono, sul piano europeo, che «si apra una nuova politica economica» e «si esca dall’austerità». Dice Landini: «Questo governo sovranista è quello che ha votato le scelte fatte in Europa», e sottolinea che «per far quadrare i conti e tagliare il debito si può agire anche sulle entrate, non solo sulla spesa, e questo significa una politica fiscale opposta a quella che sta facendo il governo: agire sulle entrate è la condizione per fare le scelte di cui abbiamo bisogno, risorse per salari, per aumentare la sanità pubblica, per investire su scuola e asili e per fare scelte di politica industriale».

Sanità

Non è il primo sciopero che viene proclamato contro la finanziaria. I sindacati dei medici Anaao e Cimo e il sindacato degli infermieri Nursing Up hanno indetto uno stop nazionale per mercoledì 20 novembre perché il testo «conferma la riduzione del finanziamento per la sanità rispetto a quanto annunciato nelle scorse settimane e cambia le carte in tavola rispetto a quanto proclamato per mesi».

Nella legge di bilancio non è infatti stata inserita una delle misure più attese e che riguarda il campo della sanità: il piano di assunzione di medici e infermieri, che era stato promesso per potenziare il sistema sanitario nazionale. Anche la spesa pubblica a sostegno del settore è stata ridimensionata e sono stati stanziati due miliardi e mezzo in meno rispetto alle attese

Scuola  

Il 31 ottobre è invece stato indetto lo sciopero per l’intera giornata del comparto istruzione e ricerca. Lo rende noto la Flc Cgil. «Incroceranno le braccia le lavoratrici e i lavoratori della scuola, dell’università, degli enti di ricerca, delle accademie, dei conservatori e delle scuole non statali con contratto Aninsei», dichiara il sindacato. Sono previste manifestazioni, presidi e flash mob in quaranta città italiane. A Roma la protesta è prevista a partire dalle 10 davanti al ministero dell’Istruzione e del Merito. A Milano dalle 9.30 in piazza Santo Stefano alla presenza della segretaria generale, Gianna Fracassi.

«Un contratto giusto ed un lavoro stabile sono tra le principali motivazioni alla base della protesta, rafforzate dalla lettura della legge di bilancio presentata dal governo – si legge nella nota del sindacato – Una manovra finanziata con i tagli a tutti i settori della Conoscenza. Nessuna risorsa aggiuntiva sul contratto a fronte di un’inflazione al 18 per cento che nell’ultimo triennio ha eroso il potere d’acquisto dei salari, ma solo tagli lineari. Uno del 5 per cento che riduce il turn over per l’università e la ricerca e un taglio secco per la scuola di ben 5.660 docenti e 2174 Ata».

Tagli, conclude il sindacato, che si aggiungono a una lunga storia di precariato, che si ripercuote sulla didattica e sulle vite di lavoratori e lavoratrici.

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