Il Dicastero per la dottrina della fede pubblica un documento che certifica il cambiamento: «Non si può chiedere alle persone che invocano una benedizione la precondizione di una perfezione morale, siamo tutti peccatori». Viene tuttavia ribadita la distinzione netta rispetto al matrimonio
Il Dicastero per la dottrina della fede si è trasformato in pochi mesi, da guardia svizzera della morale cattolica ad ogni angolo del globo, a motore delle riforme più difficili da mettere in pratica nella chiesa, quelle che hanno a che vedere con la sfera della sessualità. La svolta ha coinciso con l’arrivo del cardinale argentino Victor Fernandez, teologo molto vicino a papa Francesco, alla guida dell’organismo vaticano una volta noto come Sant’Uffizio, nel luglio scorso.
Si è approdati così, in poche settimane, a una Dichiarazione, sottoscritta dal papa (“Fiducia supplicans” il titolo), con la quale la Chiesa riconosce e ammette, sia pure a certe condizioni, le benedizioni delle unioni fra persone dello stesso sesso o in situazioni irregolari. Il documento riprende a approfondisce quanto già lo stesso Francesco aveva fatto sapere rispondendo ai “dubia” di due cardinali del fronte tradizionalista, Raymond Leo Burke e Walter Brandmuller, in un documento pubblicato nel settembre scorso.
In sostanza la benedizione delle coppie omosessuali, si spiega, «non deve trovare alcuna fissazione rituale da parte delle autorità ecclesiali, allo scopo di non produrre una confusione con la benedizione propria del sacramento del matrimonio», al contempo non ci deve essere nessuna richiesta «di legittimazione del proprio status», da parte di chi chiede la benedizione. Tuttavia, si afferma allo stesso tempo che la chiesa non deve cedere a «un elitarismo narcisista e autoritario», poiché «quando le persone invocano una benedizione non dovrebbe essere posta un’esaustiva analisi morale come precondizione per poterla conferire. Non si deve richiedere loro una previa perfezione morale».
«La grazia di Dio, infatti – si legge ancora nel testo – opera nella vita di coloro che non si pretendono giusti ma si riconoscono umilmente peccatori come tutti. Essa è in grado di orientare ogni cosa secondo i misteriosi ed imprevedibili disegni di Dio». E, proprio per questo motivo, «con instancabile sapienza e maternità, la Chiesa accoglie tutti coloro che si avvicinano a Dio con cuore umile, accompagnandoli con quegli aiuti spirituali che consentono a tutti di comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro esistenza».
Francesco si allontana da Kirill
Quello che può sembrare un passo non così importante (le benedizioni comunque ben distinte dai matrimoni), è in realtà una piccola rivoluzione rispetto a un passato recente in cui nella Chiesa la parola omosessualità era quasi impronunciabile, avvolta da uno stigma che pareva definitivo (quanto poi era diffusa fra chierici di ogni livello). Ma, soprattutto, si tenga conto che, oltre ad avvicinare la chiesa cattolica alla teologia già messa in pratica dalle chiese protestanti storiche, la dichiarazione sulla benedizione delle coppie dello stesso sesso, stabilisce una linea di separazione con il mondo ortodosso più conservatore e promotore di una sorta di fondamentalismo cristiano, per il quale l’omosessualità e il suo affermarsi sulla scena pubblica, rappresenta la prova più lampante della decadenza dell’occidente. Su questa linea troviamo non a caso il patriarca ortodosso di Mosca Kirill e, con accenti non troppo dissimili, i settori più conservatori dell’episcopato cattolico degli Stati Uniti. Insomma le conseguenze del documento sono pastorali ma anche politiche.
Donne single e sacramento
D’altro canto, questo non è stato l’unico documento rilevante messo in campo dal Dicastero per la dottrina della fede nelle ultime settimane. Con una lettera indirizzata a un vescovo della Repubblica Dominicana che manifestava un certo allarme per l’eccessivo rigorismo con il quale spesso le ragazze single con figli fuori dal matrimonio venivano tenute lontane dalla comunione da certi preti e laici, il cardinale Fernandez insisteva invece sul fatto che a queste ultime fosse consentito l’accesso al sacramento.
«Si nota che in alcuni Paesi sia i sacerdoti che alcuni laici impediscono, di fatto, alle madri che hanno avuto un figlio fuori dal matrimonio – si affermava nel documento – di accedere ai sacramenti e persino di battezzare i loro figli». «Il caso specifico delle ragazze single e delle difficoltà per loro o per i loro figli di accedere ai sacramenti – si ricordava fra le altre cose nella lettera – era già stato denunciato dal Santo Padre quando era cardinale di Buenos Aires: “Ci sono sacerdoti che non battezzano i figli delle ragazze single perché non sono stati concepiti nella santità del matrimonio. Questi sono gli ipocriti di oggi. Quelli che hanno clericalizzato la Chiesa. Quelli che allontanano il popolo di Dio dalla salvezza. E quella povera ragazza, che avrebbe potuto rimandare al mittente il suo bambino, ma ha avuto il coraggio di metterlo al mondo, va peregrinando di parrocchia in parrocchia per farlo battezzare”».
«Si deve lavorare pastoralmente nella Chiesa locale – metteva quindi in chiaro il Dicastero – per far capire che il fatto di essere una ragazza madre non impedisce l’accesso all’eucarestia. Come tutti gli altri cristiani, la confessione sacramentale dei peccati commessi permette loro di accostarsi alla comunione. La comunità ecclesiale deve anche apprezzare il fatto che sono donne che hanno accolto e difeso il dono della vita che portavano in grembo e che lottano, ogni giorno, per crescere i loro figli».
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