La procura antimafia ha ottenuto l’arresto di 19 esponenti del tifo organizzato. Indagati i vertici della Nord e il capo rossonero fotografato con Salvini nel 2018. La protezione al cantante. I contatti con Inzaghi e le pressioni sui calciatori
Due curve azzerate. E che curve: quelle occupate a San Siro dagli ultrà di Inter e Milan, la storia del calcio. Un’operazione di polizia e guardia di finanza, coordinata dalla procura antimafia di Milano, ha portato a 19 arresti dei vertici del tifo organizzato delle due squadre milanesi. Due tifoserie diverse ma legate da un «patto di non belligeranza per conseguire profitto», come si legge nelle carte dell’inchiesta. La passione sportiva diventa il pretesto per governare gli affari che ruotano attorno allo stadio: dai parcheggi al merchandising, dai biglietti ai bar dentro e fuori lo stadio fino ai concerti.
La retata è stata realizzata dopo mesi di tensione interna alla curva interista: lo scorso 4 settembre, il capo ultrà, Andrea Beretta, ha ucciso il rampollo di ‘ndrangheta Antonio Bellocco, che in meno di un anno aveva scalato le gerarchie della Curva Nord. Ancora una volta «le attenzioni della ‘ndrangheta sul mondo del tifo organizzato».
Nel caso della Curva Nord è contestata l’associazione a delinquere con l’aggravante di aver agevolato la famiglia Bellocco. In carcere sono finiti i nomi più in vista del direttivo nerazzurro: oltre ad Andrea Beretta, già in cella con l’accusa di omicidio, ci sono Marco Ferdico, suo padre Gianfranco, il neo-reggente Renato Bosetti, Matteo Norrito, Mauro Nepi.
Lato Curva Sud il quadro è «non meno preoccupante». Anche nell’altra sponda del Meazza gli inquirenti contestano un’associazione a delinquere (senza aggravante mafiosa) guidata dal capo ultrà Luca Lucci: è storia, ormai, la foto di lui abbracciato all’allora ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Fino a qualche giorno fa era ai domiciliari per traffico di stupefacenti. Il suo posto nel secondo anello blu di San Siro è stato ereditato dal fratello, Francesco Lucci.
In manette è finito anche il «guarda spalle» dell’artista Fedez, Christian Rosiello, che solo 48 ore prima era con il cantante all’inaugurazione di un bene confiscato alla mafia convertito grazie alla sua fondazione in una casa per malati oncologici. Stessa misura per Islam Hagag, Alessandro Sticco e Fabiano Capuzzo.
Estorsioni sui servizi di catering, pizzo agli ambulanti fuori da San Siro, business sul merchandising e sui biglietti. E il controllo dei parcheggi su cui, scrivono gli inquirenti, si era «creato un legale di reciproco vantaggio fra imprenditori e soggetti contigui» sia alle curve che alla ‘ndrangheta. Imprenditori che da vittime si trasformano in complici: come Gherardo Zaccagni, titolare della Kiss and Fly che gestisce i posti macchina per contro di Mi-Stadio (società partecipata da Inter e Milan) e che versava mensilmente 4 mila euro ai vertici ultrà. Affari possibili grazie a rapporti con soggetti del calibro di Giuseppe Caminiti, importante figura della Curva Nord e vicinissimo a una cosca calabrese.
In questo contesto è indagato anche il consigliere regionale Manfredi Palmeri (lista Moratti), accusato di corruzione perché considerato il «referente» – in quanto manager di Mi-Stadio – per l’aggiudicazione dell’appalto dei parcheggi.
E poi c’è il capitolo dei rapporti tra ultrà e club. Nessun dirigente di Inter e Milan è indagato, ma dalle indagini emerge la «sudditanza» delle due società su cui i pm hanno avviato un «procedimento di prevenzione». Nelle carte viene citato un incontro «quasi in una prospettiva intimidatoria» con uno dei campioni dell’Inter, Milan Skriniar, a un passo dal lasciare l’Inter. Le «pressioni su vecchi calciatori come Materazzi e Zanetti». O la chiamata tra Ferdico e l’allenatore Simone Inzaghi in cui il capo ultrà interista «ha esplicitamente chiesto (…) di intervenire con la società o, meglio, direttamente con Marotta (presidente dell’Inter, ndr) al fine di ottenere ulteriori 200 biglietti» per la finale di Champions League di Istanbul, ottenendo «la promessa di Inzaghi di intercedere con i vertici».
Anche il nome di Fedez, all’anagrafe Federico Leonardo Lucia, compare all’interno delle carte giudiziarie della procura di Milano. Non indagato, del cantante emergono gli stretti rapporti pericolosi (imprenditoriali e non) coi vertici della tifoseria rossonera. In particolare è con Lucci che Fedez ha moltissimi contatti. È Lucci, tramite Hagag, a organizzarne il concerto a Roccella Ionica il 6 agosto scorso: Hagag, intercettato, parlerà di entrature calabresi per gli eventi musicali e farà riferimento a «uno dei più importanti elementi della ‘ndrangheta».
È ancora a Lucci che “Fede” chiede, per la sua sicurezza, maggiore protezione: «Pensavo a uno più pirotecnico», dice l’artista al capo ultrà, impegnato a selezionare un nuovo guardaspalle. Alla fine trovano l’uomo giusto, tale «Ciano, una vera bestia», conferma Lucci. L’importante è che non metta in mostra «gli Hitler», è la battuta di Fedez, che sempre a Lucci si rivolge quando tenta di portare la bibita Boem, che sta pubblicizzando con il cantante Lazza (secondo al festival di Sanremo) all’interno dello stadio: «Ma se voi avete una società di consulenza... possiamo lavorare, ma se io vi appalto a voi la distribuzione di Boem? All'interno dello stadio… e vi prendete una percentuale...».
Fedez ha poi un altro progetto: rilevare l’Old Fashion, storica discoteca milanese. «Posso venire con un mio caro amico? Cioè l'unico amico che ho!... posso?», le parole dell’ex marito di Chiara Ferragni, che si autoinvita a casa di Lucci con lo scopo di parlare dell’affare finito nel nulla. A Lucci riferirà di aver agganciato Stefano Boeri, presidente della Fondazione Triennale nella cui struttura sorge la discoteca: «Io Boeri lo conosco benissimo… avevamo in mente di fare un po’ di musica dal vivo… cioè gli ho detto va bene che voi siete sofisticati... però non potete fare le orchestre là dentro… e chi cazzo».
Dalle carte emergono anche nuovi particolari sull’aggressione di aprile al personal trainer Cristiano Iovino. Gli inquirenti parlano di «accertata presenza di Fedez» alla rissa. Dopo il pestaggio, Fedez è tornato a casa di Lucci in compagnia di Hagag. La conversazione viene intercettata e dà tutt’altro sapore alla rissa virtuale a colpi di rime di queste ultime due settimane tra Fedez e Tony Effe, amico di Iovino soprannominato dal cantante “Jimmy palestra”: «Allora, è semplice la cosa frate! (…) tutti sanno che quello è amico di Tony, l'amico di Tony si fa male». Non solo, dunque, questione di dissing. Storie di violenza, affari e malavita.
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