Gli imputati, in tutto sono 55, sono ex rettori e professori ancora in servizio, agli atti dell’inchiesta anche l’esito di un concorso, bandito dall’università di Napoli, quando era rettore l’attuale ministro dell’Università Manfredi, non indagato
- A Catania, la procura ha chiesto il processo per numerosi docenti, ex rettori, capi dipartimento coinvolti nell’inchiesta sui concorsi truccati all'università. Alla sbarra c'è un pezzo della classe dirigente cittadina, baroni che controllavano l'università e pilotavano concorsi e nomine.
- Agli atti è stata depositata un'informativa, di quasi duemila pagine, della locale questura: alcuni degli imputati chiamano in causa anche Gaetano Manfredi, attuale ministro dell'Università, che non è stato indagato, in merito a un concorso bandito dall’università di Napoli.
- L’università e il ministero non si sono costituti parte civile.
A Catania, la procura ha chiesto il processo per docenti, ex rettori, capi dipartimento coinvolti nell’inchiesta “Università bandita” sui concorsi truccati. Sotto indagine c’è un pezzo della classe dirigente cittadina, professori che controllavano l’ateneo e pilotavano concorsi e nomine. Agli atti è stata depositata un’informativa, di quasi duemila pagine, della locale questura dove alcuni degli imputati parlano anche di Gaetano Manfredi, attuale ministro dell’Università, non indagato.
I concorsi truccati
L’inchiesta della magistratura di Catania, guidata da Carmelo Zuccaro e condotta dalla locale questura, coinvolge 55 tra rettori, direttori di dipartimento, professori, candidati. Sarà un giudice a stabilire se mandare a processo gli imputati. I concorsi, sono 43 quelli contestati, secondo la pubblica accusa erano aggiudicati non sulla base di procedure trasparenti, ma indirizzati dall’alto.
«Scusami Lucia, questo è il concorso di Massimo non è che hai speranza», dicono in una riunione, svoltasi nel settembre 2017, l’allora rettore dell’università etnea Francesco Basile e Filippo Drago, direttore del dipartimento di Scienze biomediche, alla candidata Lucia Malaguarnera.
Quando il lavoro di convincimento sui candidati non graditi aveva esito positivo, veniva concessa a questi ultimi la possibilità di ambire ad altri posti. Tentativi che, in qualche caso, come quello di Malaguarnera si sono fermati davanti all’intransigenza della parte offesa.
«Vorrei che tu facessi un passo indietro e non ti presentassi a questo concorso», dice Filippo Drago a un altro candidato che non accetta di ritirarsi per favorire Vera D’Agata, figlia di un altro imputato, l’ex rettore Vincenzo D’Agata.
Vicende che coinvolgono non uno, ma più rettori come Giacomo Pignataro, in quel ruolo fino al febbraio 2017 e Francesco Basile che lo sostituisce.
Il ministro e il concorso
La vicenda che riguarda Manfredi, non indagato, inizia nel marzo 2017, quando il ministro era rettore dell’università di Napoli, presidente della conferenza dei rettori, e con la sua firma vengono messi a bando dieci posti esterni per professori di seconda fascia tra cui quello di Malattie dell’apparato visivo nel dipartimento di Neuroscienze e scienze riproduttive e odontostomatologiche.
Dei sei candidati ne restano in corsa due. La commissione giudicatrice, composta da tre membri, sceglie Michele Reibaldi, ma uno degli esaminatori, Ciro Costagliola (non indagato), firma una relazione di minoranza a sostegno dell’altro candidato Roberto Dell’Omo (non indagato). Mentre a Napoli si decide, a Catania qualcosa si muove: viene bandito un concorso nel quale Reibaldi ha possibilità di vincere. Inizia un giro di telefonate e incontri. Entra in gioco Giuseppe Sessa, a capo del dipartimento di Chirurgia, che parla con il rettore Francesco Basile, ma anche con Pignataro, ex rettore. Sessa spiega che la situazione è complicata perché Reibaldi si è infilato «in una situazione in cui il rettore (Manfredi) mi fa i rilievi dopo che io esco vincitore questa la dice lunga su quanto lo vogliono (Reibaldi, ndr)».
Fanno riferimento a rilievi mossi dal rettore Manfredi sulla decisione della commissione che ha scelto Reibaldi. Sessa, intercettato mentre parla con il rettore Pignataro, dice: «Lì praticamente (a Napoli, ndr) è stata fatta una commissione ad hoc da parte dei napoletani... D’accordo con il rettore e d’accordo con tutti quanti per chiamare uno di Campobasso… E questa stessa commissione… Un po’ perché è intervenuto pesantemente il collegio… Un po’ perché qualcuno di questa commissione loro lo avevano chiamato pensando che fosse amico e poi tanto amico non era... Questi hanno fatto le cose per bene e il miglior candidato era Michele e l'hanno scelto».
Secondo Sessa a Napoli uno della commissione che «tanto amico non era» ha cambiato la decisione che era già stata presa preferendo Reibaldi. L’ex rettore catanese Pignataro dopo aver parlato con Sessa chiama Manfredi e parla di «una vicenda un poco delicata», si accordano per vedersi, Manfredi acconsente e aggiunge «ma perché là hanno fatto un casino là… Cioè guarda i nostri colleghi riescono a fare delle cose proprio allucinanti». Secondo gli inquirenti il riferimento sarebbe alla difformità tra esito del concorso e le intenzioni di Manfredi. I due si incontrano a Palermo. Come finisce il concorso napoletano? A seguito dei rilievi mossi dal rettore Manfredi si riunisce nuovamente la commissione giudicatrice che, a maggioranza, indica come vincitore nuovamente Michele Reibaldi.
Si legge nell’informativa «tale risultato per nulla gradito al rettore è stato annullato il 9 novembre 2017 per asserito “eccesso di potere per incoerenza della procedura valutativa posta in essere dalla maggioranza della commissione e dei relativi esiti” avviando quindi il procedimento di costituzione di una nuova commissione giudicatrice». Gli inquirenti fanno anche presente che il candidato perdente condivideva con uno dei membri della commissione giudicatrice che lo aveva selezionato, la provenienza universitaria, 34 pubblicazioni scientifiche e tre comunicazioni a congresso. Gli elementi raccolti sono stati giudicati insufficienti per l’iscrizione nel registro degli indagati. Oggi Michele Reibaldi, estraneo all’indagine, è professore a Catania.
«Il concorso fu annullato per delle illegittimità nei verbali evidenziati dagli uffici. Ci fu anche un ricorso al tribunale amministrativo, che non ha avuto esito. Fu fatta un’altra commissione, ma al concorso non si presentò nessun candidato neanche Reibaldi e perciò andò deserto.
La nuova commissione doveva rivalutare gli stessi candidati. Sui titoli e le pubblicazioni bisogna ricordare che ogni anno si fanno centinaia di concorsi e l'allora rettore Manfredi non era a conoscenza di quella circostanza», dice l’ufficio stampa del ministro Manfredi. E aggiunge che «non ha senso commentare il resto perché i concorsi e le commissioni vengono proposti dai dipartimenti».
L’università e il ministero, al momento, non si sono costituiti parte civile e i professori sono ancora in servizio. Il ministero ha chiesto le carte alla procura e valuterà.
Il giudice, intanto, ha accolto la costituzione di parte civile dell’associazione Trasparenza e Merito, promossa da Giambattista Scirè, un professore “mancato” che da tempo denuncia la sua situazione e scrive a istituzioni nazionali ed europee per veder riconosciuto il suo diritto a ottenere una cattedra.
Il suo caso è noto, ma non ha trovato soluzione. Nel 2012 partecipa a un concorso per un posto di ricercatore in storia, bandito dall’università di Catania. A vincerlo è una docente laureata in archeologia. Inizia una battaglia amministrativa che vince ma, nonostante diffide, denunce e interrogazioni parlamentari, non ha ottenuto il posto a tempo determinato di cinque anni.
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