- Nella consacrazione di Russia e Ucraina al Cuore immacolato di Maria, la Madonna si cala nella storia degli uomini, accomunati dall’aspirazione alla pace. Per questo, sono presenti sia stilemi medievali quanto contemporanei.
- Estimatore di Alessandro Manzoni, la visione del papa latinoamericano della provvidenza non s’identifica con una struttura cristiana della società, come con le intime volontà dei popoli. Da ciò, la reprimenda alle Nazioni Unite.
- Supplicare la pace equivale affrancare la Madonna dal peso ideologico dell’identità nazionalista in nome di una visione dell’umanità fatta di fratelli e sorelle. Per questo, la preghiera appare come la versione orante dell’enciclica Fratelli Tutti.
Papa Francesco cambia la chiesa e il mondo e lo fa dalla basilica di san Pietro dove venerdì pomeriggio, 25 marzo, in unione a tutti i vescovi, consacrerà la Russia e l’Ucraina al cuore immacolato di Maria a un mese dalla drammatica invasione russa.
Nella contingenza di una richiesta avanzata dai vescovi ucraini, il pontefice rompe con la visione nazional-identitaria del cattolicesimo, che nella storia aveva assurto i sovrani Carlo Magno e Costantino a dioscuri della sua chiesa: «Far parte di una società cristiana non risolve più il problema della guerra, perché ciascuno è liberamente responsabile di ciò che fa. Papa Francesco ha maturato dal passato una diversa consapevolezza: la storia è guidata dagli uomini e occorre intervenire sulle coscienze per mutarne il corso» spiega Daniele Menozzi, professore emerito di storia contemporanea alla Scuola Normale di Pisa.
Il Miserere del mondo
Sotto questa lente va interpretata la preghiera di consacrazione che il pontefice ha inviato a tutti i vescovi. Andrea Grillo, professore di teologia al pontificio ateneo sant’Anselmo, spiega: «Formalmente, si tratta di una preghiera di consacrazione: in realtà si è trasformata in una invocazione alla misericordia divina attraverso Maria, che trasforma gli uomini in fratelli. Una grande invocazione a Maria, nella quale il papa interpreta le domande del popolo e i suoi bisogni».
Nella struttura, il cuore della preghiera è una confessione comune di colpa, della quale il pontefice si fa interprete, mai giudice. Le espressioni utilizzate sono ciò che di più distante possa esserci dal concetto di «opportuna libertà di azione» dell’enciclica Firmissimam Constantiam (1937), che sanciva la posizione di papa Pio XI davanti alla cosiddetta «Cristiada», la pugnace presa di posizione dei cattolici a seguito della repressione anti cristiana in Messico.
Come sottolinea Menozzi, «Il papa qui indica chiaramente che la guerra è frutto degli errori degli uomini, che non hanno fatto propria la drammatica lezione del Novecento – "Abbiamo dimenticato la lezione delle tragedie del secolo scorso, il sacrificio di milioni di caduti nelle guerre mondiali” -. Ma non dimentica le responsabilità specifiche: senza citazioni dirette, c’è sia un riferimento sia alla Russia, che ha violato il diritto internazionale, sia all’Ucraina, coinvolta in pulsioni nazionalistiche – “ci siamo rinchiusi in interessi nazionalisti”».
In questa confessione mondiale del peccato non sono risparmiate neppure le Nazioni unite – “la Comunità delle nazioni” – che hanno mostrato l’incapacità di mantenere la concordia tra i popoli. Il papa ne aveva fatta esplicita menzione nell’Angelus del 6 marzo scorso, quando aveva implorato il ritorno al rispetto del diritto internazionale: «Con l’uso del termine “Comunità delle nazioni”, il papa sembra prendere atto che le Nazioni unite si sono mostrate incapaci di un adeguato governo del pianeta. L’invito alla preghiera è una chiamata universale a tutti perché ciascuno sia artigiano di comunione planetaria» sottolinea Menozzi.
Era il 2015 quando, al palazzo di Vetro dell’Onu, Francesco ricordava che il contributo della normativa internazionale ai diritti umani, le operazioni di pace e riconciliazione e lo sviluppo del diritto internazionale «sono luci che contrastano l’oscurità del disordine causato dalle ambizioni incontrollate e dagli egoismi collettivi», riemersi con preponderanza oggi: “Siamo diventati indifferenti a tutti e a tutto, fuorché a noi stessi”.
Maria mediatrice
Nel volto della guerra, anche la storia non è più percepita come uno svolgimento diretto della provvidenza, ma una diretta conseguenza dell’azione umana: «C’è un mutamento rispetto alla visione provvidenzialistica che legava la guerra all’ira divina e la soluzione dei conflitti alla ricostruzione di una società cristiana» spiega lo storico Menozzi, che vede nel sintagma “artigiani di comunione” la chiave interpretativa di una visione comunitaria della storia, vero obiettivo da perseguire. Ciò appare anche evidente nella scelta di “Gesù principe della pace” giustapposto, invece, alla regalità titolare di stampo novecentesco del «Cristo Re».
Come spiega lo storico, che al tema ha dedicato il saggio Da Cristo Re alla città degli uomini: «Papa Francesco aveva già preso distanza dalla tradizionale ideologia politica che legava il titolo di Cristo Re a una società ierocratica, in continuità con la riforma liturgica di Paolo VI che privilegiava la dimensione non politica, ma universalistica e spirituale della regalità. Nel suo pontificato, il papa lega a più riprese la regalità alla misericordia e al trionfo della fratellanza».
Gli fa eco il teologo Grillo: «Per questo motivo, l’invocazione può essere intesa come la traduzione orante dell’enciclica Fratelli Tutti». Maria diventa, così, il punto d’intersezione tra un’ascissa comunitaria (dove tutto il mondo, Russia e Ucraina comprese, è chiamato alla fratellanza e un’ordinata che definisce la comunione con Dio.
Una Madonna a-politica
Dalla dittatura portoghese di Salazar alla consacrazione in chiave anticomunista dell’Italia nel 1959, la pratica pia legata a Fatima ha assunto una colorazione politica in tutto il Novecento al punto tale da essere strumentalizzata persino dai populisti alla ricerca di consenso elettorale. Basti pensare alla consacrazione mariana del Brasile da parte di Jair Bolsonaro nel 2019 e dell’Italia da parte di Matteo Salvini nel 2021. Il papa straccia questa legittimazione religiosa delle pulsioni identitarie affrancando Maria stessa da una logica apologetica.
Spiega Grillo: «Abbiamo qui una fine sintesi di tre titoli mariani: nel giorno dell’Annunziata, all’Immacolata ci si rivolge come Addolorata». I toni medievali dell’invocazione, da Jacopone da Todi a san Bernardo fino all’esplicita menzione di Dante nel verso: “Sei di speranza fontana vivace”, aiutano il testo a uscire destoricizzare il culto mariano: «Francesco modernizza un registro più antico, lo risemantizza: in questo senso, unisce bene l’invocazione dello Stabat mater all’esperienza moderna della Madonna di Guadalupe, dove la devozione mariana si libera dalla pressione europea che aveva contraddistinto nel XX secolo la consacrazione di Fatima».
Puntualizza Menozzi: «Papa Francesco sottolinea la capacità intercessoria di Maria legata al suo ruolo materno. La maternità sacra diventa, così, maternità nei confronti degli uomini. È un ribaltamento sostanziale: mentre in passato si chiedeva l’intercessione di Maria per i peccati degli uomini che avevano richiamato l’ira divina, scatenatasi col flagello della guerra, oggi Maria è invocata per cambiare il cuore degli uomini, gli unici a volere la guerra».
Questo spiega anche perché, per la prima volta, in una litania mariana venga menzionata la minaccia nucleare: «Risponde a una volontà ecclesiale di svegliare le coscienze: rendere, cioè, consapevoli gli uomini che la minaccia atomica non si risolve se la definizione di società cristiana resta a un livello istituzionale. Il cambiamento deve essere sostanziale, e va richiesto al cuore degli uomini» aggiunge. È la massima di sant’Ignazio mutuata dal biografo gesuita Pedro de Ribadeneira: «Agisci come se tutto dipendesse da te, sapendo poi che in realtà tutto dipende da Dio». Con buona pace della guerra resa sapida da un metafisico scontro di civiltà, come prospettato dal patriarca russo Kirill.
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