È necessario aumentare il più possibile il ruolo delle autorità di regolazione per stabilire quando le scelte dei politici sono dannose per la collettività
Giovanni Toti, indagato per corruzione a Genova, sostiene che i finanziamenti ricevuti dai privati non lo hanno indotto a cambiare decisioni in loro favore, cioè non ha mai fatto scelte dannose per la collettività.
È una questione molto importante, che riguarda molte decisioni pubbliche: è diverso scegliere per interessi personali o per il bene pubblico. Inoltre questi interessi personali si estendono anche a favorire i propri elettori, o categorie sociali che si suppone favorevoli al proprio partito, o amministrazioni locali del proprio colore politico, o settori economici che poi si dimostreranno grati.
E questi ultimi casi possono esistere anche senza corruzione propriamente detta: si tratta sempre di interessi personali che prevalgono su quelli pubblici (in economia, si chiamano fenomeni di “cattura”).
Indagini e prove
Il problema è che occorre dimostrare che quel politico ha danneggiato la collettività, altrimenti è evidente che la corruzione, anche se si provasse, è molto poco dannosa e al limite può essere motivata da una sincera vicinanza politica del corruttore alle idee del presunto corrotto.
La cosa più critica da accertare è il danno all’interesse pubblico, una volta rilevato che sono intercorsi dei pagamenti, alcuni dei quali anche in sé leciti. Per fortuna ci sono strumenti che da più di un secolo sono stati messi a punto, in alcuni campi, per fronteggiare scelte politiche e azioni di gruppi con interessi particolari che possono danneggiare la collettività.
Si tratta delle Autorità indipendenti di regolazione, nate alla fine dell’800 negli Usa per fronteggiare situazioni di corruzione e di monopoli rampanti, e poi diffusesi in tutti i paesi democratici. In Italia sono le Autorità di regolazione riguardano principalmente la concorrenza (AGCM), le telecomunicazioni e l’informazione (AGCOM), e i trasporti (ART).
Sono tutte authority detestate sia dai politici che dagli imprenditori che si comportano male.Si veda il caso dei tassisti e dei balneari, dove sono intervenute contro decisioni politiche giudicate dannose per la collettività.
Ma la costituzione di procedure destinate a verificare se certe spese sono socialmente utili, o sono invece sprechi a fini di consenso elettorale, riguarda anche alcuni investimenti, soprattutto nel settore dei trasporti.Si tratta dell’obbligo di effettuare analisi dei costi e dei benefici sociali, la cui struttura è ormai uno standard internazionale.
Anche queste analisi sono considerate “pericolose” dai politici, in quanto possono mettere a rischio scelte di investimento dettate da obiettivi che hanno ben poco a che fare con l’interesse pubblico.
Purtroppo qui non esiste un’Autorità terza che possa eseguirle in modo neutrale, e i ministri fanno ogni sforzo per renderle sempre favorevoli alle proprie decisioni, fino al caso limite che le analisi che riguardano i progetti di trasporto del Pnrr sono state affidate ai destinatari stessi degli investimenti.
Ma se c’è la volontà politica la strada è aperta: occorre promuovere organismi terzi, cioè il più possibile neutrali, al fine che siano valutabili ex-ante le scelte di spesa.
Solo muovendosi in questa direzione sarà possibile ridurre la discrezionalità di molte scelte politiche, che, nei casi di corruzione, rendono difficilissimo provare che questa abbia comportato scelte contrarie all’interesse pubblico.Il primato della politica occorre sia temperato da un corrispondente primato delle valutazioni indipendenti.
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