Nel quartiere di Milano del ragazzo egiziano morto dopo l’inseguimento dei carabinieri. I dubbi sulla dinamica alimentano la violenza. «Troppo disagio porta all’esasperazione»
«Verità per Ramy». «Nei nostri cuori». «Giustizia». Martedì il quartiere Corvetto, periferia sud-est di Milano, si è svegliato con i segni della sera prima. E di quella prima ancora. A qualche metro dal mercato rionale del martedì ci sono scritte su muri e striscioni.
L’asfalto all’angolo tra via dei Panigarola e via dei Cinquecento è incenerito. Qui per due giorni di fila sono scesi in piazza decine di ragazzi, molti minorenni. La maggior parte sono figli di immigrati di seconda o terza generazione, ma anche giovani arrivati da poco in Italia.
La miccia della protesta: la morte di Ramy Elgaml, diciannovenne egiziano caduto dallo scooter dopo un inseguimento dei carabinieri nella notte tra sabato e domenica. Ramy era in sella con un amico, un ragazzo tunisino di 21 anni, quando i due – tallonati per otto chilometri per non essersi fermati a un posto di blocco in zona corso Como – hanno perso il controllo della moto.
Intanto sono indagati sia il militare che guidava l’auto sia l’amico di Elgaml. La dinamica non è chiara, ma per gli amici dei due la responsabilità sarebbe della volante del 112 che avrebbe urtato lo scooter TMax. Il dubbio ha alimentato la rabbia. Secondo alcuni ragazzi della zona, però, «è solo gente che approfitta per fare casino».
Un quartiere, due anime
In molti hanno subito evocato le proteste delle periferie francesi, che si sono incendiate l’ultima volta lo scorso anno dopo la morte per mano della polizia di un diciassettenne a Nanterre. Milano non è Parigi, e il Corvetto non è una banlieue, ma questo – inutile negarlo – è tra i quartieri più problematici del capoluogo lombardo.
Uno di quei luoghi dove spesso basta una scintilla per dar fuoco a un disagio che cova sottotraccia. Qui il comune ha in cantiere alcuni progetti di rigenerazione urbana che, per qualcuno, saranno l’ennesimo esempio di gentrificazione della città. Lo scorso settembre ha aperto una nuova residenza del Politecnico con oltre 200 posti letto.
«Corvetto è un quartiere con due anime: una di grande sofferenza e rabbia, un’altra con una grande capacità di reagire e di trovare soluzioni nello sviluppo di comunità», spiega Mercedes Mas Sole, operatrice della Casa per la pace, associazione che da anni è presente in zona con diverse attività, tra cui scuole di italiano per stranieri o servizi di pubblica utilità per chi esce dal carcere: «Queste due anime però non sempre si parlano. Noi e tante altre associazioni spesso riempiamo i vuoti lasciati dallo Stato. Se insegniamo l’italiano agli stranieri o facciamo un doposcuola, è anche per evitare la dispersione scolastica di quei quattordicenni che in questi giorni sono in strada a far casino».
L’età media di chi sta scendendo in strada in questi giorni è molto bassa. Domenica pomeriggio il presidio nel posto in cui ha perso la vita Ramy è stato forzato da un’auto che ha investito quattro ragazzi: i più gravi hanno 11 e 14 anni.
Dopo qualche ora la rabbia si è spostata a Corvetto, nel quartiere dove abitava il diciannovenne, dove sono stati dati alle fiamme rifiuti e cestini dell’immondizia con fumogeni e fuochi d’artificio. E lunedì pomeriggio le stesse scene nello stesso posto, per poi spostarsi qualche metro più in là, dove è stato distrutto un autobus dell’Atm con passeggeri e autista a bordo.
La serata di «guerriglia urbana» si è conclusa in viale Omero, dove i giovani hanno acceso roghi e lanciato oggetti contro la polizia che è intervenuta con cariche di alleggerimento e ha fermato un ventunenne montenegrino. Intanto la questura di Milano sta pensando di chiedere rinforzi: il timore è che possano ripetersi disordini.
«Facciamo la nostra parte»
«Il nostro è un quartiere periferico in cui si concentrano situazioni di disagio», dice Alberto Sanna, presidente di Dare.ngo, una delle oltre 50 associazioni riunite nella Rete Corvetto, tra le costellazioni del terzo settore più attive a Milano.
Dice ancora: «Troppo disagio porta spesso all’esasperazione, noi cerchiamo di fare la nostra parte, per esempio consegnando frutta e verdura ogni giovedì a un centinaio di famiglie o con le attività di tutoraggio: abbiamo una ventina di ragazzi che sono seguiti all’interno del Laboratorio di quartiere Mazzini», uno degli spazi che il comune mette a disposizione per l’associazionismo in via Mompiani, nel cuore del Corvetto, nel caseggiato popolare dove abitava Ramy. Ora su quei muri le scritte col suo nome si stanno moltiplicando di ora in ora.
«Qui, come altrove, ci sono poveri che non si alleano, soprattutto immigrati e italiani», sottolinea Mas Sole, «ma nel nostro quartiere c’è una vitalità impressionante. Quando una volta al mese si riunisce la Rete Corvetto, non ci sono abbastanza sedie. È emozionante vedere così tante persone cercare un lavoro per chi è stato in carcere o trovare una casa per chi non ce l’ha. Ma chi soffre questo disagio non sempre apprezza. Una delle nostre sfide è riuscire a coinvolgerli in attività dove loro diventino i protagonisti».
Ma i problemi del Corvetto rimangono. Tra piazze di spaccio e case occupate, molti abitanti incontrati in giro per il quartiere non si sentono sicuri. E dopo le violenze di domenica e lunedì sono divampate le polemiche. Su temi, quelli della sicurezza e dell’immigrazione, che ormai dominano il dibattito politico milanese.
Il capogruppo della Lega in consiglio comunale a Milano, Alessandro Verri, ha attaccato il sindaco Beppe Sala: «La drammatica realtà di questa periferia è completamente ignorata dalla sua giunta. Dopo tre giorni di guerriglia non abbiamo sentito nemmeno una sua presa di posizione. La sinistra da anni con la sua politica delle porte aperte – ha aggiunto – non ha fatto altro che creare sacche di disagio enorme, senza essere in grado di governarle».
Sulla stessa linea anche Fratelli d’Italia: «Siamo arrivati ad una situazione di violenza inaccettabile, serve un giro di vite se senza se e senza ma iniziando con gli sgomberi degli abusivi» ha attaccato Romano La Russa, assessore regionale alla Sicurezza e fratello del presidente del Senato. La destra cavalca l’onda, mentre il centrosinistra è silenzioso. Di certo Corvetto si prepara a un’altra notte.
© Riproduzione riservata