Ai primi di dicembre l’incontro tra il leader della Lega e i vertici della multinazionale, cliente di Tommaso Verdini. L’azienda non commenta. Lo staff del leader nemmeno: «Ma non sarebbe singolare incontrare grandi aziende»
L’intreccio tra il Sistema Verdini e il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini potrebbe essere molto più stretto di quanto emerso finora dalle carte giudiziarie. E non solo per i ripetuti riferimenti nelle intercettazioni in cui gli indagati (Verdini jr & Co.) fanno intendere, alludono (o forse millantano) e dicono «Matteo ci ha dato carta bianca» per la creazione di una rete di rapporti istituzionali all’interno del ministero delle Infrastrutture. Ma soprattutto perché Salvini sarebbe tra le personalità politiche con cui le società del suocero Denis e del cognato Tommaso Verdini mettevano in contatto i loro clienti.
Con un’inchiesta giornalistica Domani può rivelare che il numero uno della Lega, compagno di Francesca Verdini (figlia di Denis e sorella di Tommaso), ha avuto un incontro con il ceo di Huawei Italia Wilson Wang a inizio dicembre 2023. Detta così non ci sarebbe niente di male: l’incontro tra esponenti del governo con i dirigenti delle più importanti aziende nazionali e internazionali è prassi comune. E chissà se Salvini ha ribadito le posizioni di qualche anno fa, quando diceva che «in Italia la Cina starà fuori dal 5G».
Il punto politicamente delicato è che Huawei, la grande azienda cinese del settore delle telecomunicazioni, negli ultimi anni si è avvalsa proprio dei servizi delle società di Denis Verdini e del figlio Tommaso, cioè il “suocero” e il “cognato” del ministro.
Di cosa ha parlato durante l’incontro mai reso pubblico Salvini con i vertici del colosso cinese? Sapeva il ministro che Huawei era cliente della società del cognato? Quando Domani ha chiesto un commento sull’incontro ipotizzando che lo stesso fosse avvenuto il 7 dicembre, lo staff di Salvini ha smentito la data («quel giorno non risulta alcuna riunione»), ma non ha smentito l’appuntamento con Huawei, confermato a Domani anche da un’autorevole e qualificata fonte a conoscenza dei fatti.
«Per un vicepremier e ministro non è singolare incontrare grandi aziende, anche internazionali», aggiungono dall’entourage di Salvini, che non ha voluto rispondere né su cosa si siano detti il ministro e i rappresentanti cinesi né se Salvini fosse a conoscenza del fatto che la multinazionale era cliente di Verdini jr. Il colosso cinese, contattato da Domani, ha preferito non rilasciare dichiarazioni sull’incontro, anche in questo caso senza smentire alcuna delle circostanze riportate.
Il rapporto tra Verdini jr e Huawei è andato avanti anche dopo le perquisizioni dell’estate 2022, con cui si è saputo dell’indagine per corruzione nei confronti dei Verdini, del socio Fabio Pileri, e di importanti dirigenti dell’Anas. Con una differenza: il contratto è stato trasferito a un’altra società.
In pratica poco tempo dopo Huawei ha interrotto il contratto con la Inver, società finita al centro dell’inchiesta della procura di Roma, e ne ha stipulato uno nuovo con una società indicata dai Verdini, la Political Data Agency. La sua sede e quella della Inver hanno anche lo stesso indirizzo: via della Scrofa 64, tra il Senato e la sede di Fratelli d’Italia. Che Inver e Political Data Agency siano l’una intrecciata all’altra lo scrivono anche i detective della guardia di finanza nelle loro informative ai pm.
Da Verdini a Verdini
La Political Data Agency (Pda) è di proprietà di Niccolò Maccallè e Lorenzo Salusest, imprenditori vicini a Verdini che ricoprono anche un ruolo nelle segreterie dei gruppi di Fratelli d’Italia e Lega in Regione Toscana. A questa piccola azienda sarebbero stati dirottati i clienti della Inver dopo la notizia delle indagini che la riguardavano. Un dato che emerge anche da numerose intercettazioni agli atti. Tra i clienti più prestigiosi c’è proprio Huawei: il suo logo campeggia in bella vista sul sito della Pda, insieme a enti istituzionali e partiti politici, da Fratelli d’Italia e Lega, fino al Pd. «Il rapporto tra Huawei e Verdini era molto stretto, da anni, intessuto da figure dirigenziali di vertice», racconta una fonte a Domani. Lo spostamento del contratto con Huawei tra le due società a disposizione dei Verdini trova ampio spazio negli atti di indagine: sarebbe stata gestita direttamente con uno degli amministratori della società.
Per Tommaso Verdini l’affare Huawei è stato un gran successo, in un’intercettazione di marzo 2022 parla di «un premio di 40mila euro» che sarebbe stato in procinto di arrivare da Huawei. Il rapporto tra l’azienda cinese e Inver nasce prima dell’inizio delle indagini nell’estate del 2021, quando gli unici due soci della società di consulenza erano Tommaso e Francesca Verdini, compagna del leader leghista Salvini, che venderà le sue quote proprio a ridosso dell’inizio dell’inchiesta della guardia di Finanza.
Nel corso degli anni, i Verdini avrebbero permesso ad altre figure dirigenziali di altissimo livello di Huawei di incontrare numerosi esponenti politici di diversi partiti. Tra questi ci sarebbe anche quello tra il ceo Wilson Wang e il ministro Salvini a dicembre, quando la notizia delle indagini sulle attività dei Verdini e delle loro società era nota da tempo e solo pochi giorni prima che il tribunale di Roma disponesse gli arresti domiciliari per Verdini jr. e il suo socio Pileri.
10mila euro al mese
Dopo le perquisizioni dell’estate 2022, scrivono gli investigatori, l’uomo di Huawei (il cui nome non appare negli atti di indagine, ndr) avrebbe fatto sapere ai Verdini che l’azienda cinese aveva aperto una «compliance interna, operando una valutazione del contratto in essere con Inver». In questa sarebbero stati sollevate «possibili criticità in ordine a presunte condotte penalmente rilevanti riconducibili al traffico di influenze illecite, le quali potrebbero scaturire dall’esecuzione del contratto medesimo».
In altre parole, i cinesi si stavano tirando indietro e per i Verdini significava perdere una gallina dalle uova d’oro: il contratto era di 10mila euro al mese più sostanziosi premi dovuti alla realizzazione degli incontri. E così Verdini avrebbe concordato con il dirigente «di aggirare il problema facendo stipulare il contratto con un’ulteriore società di consulenza». La società è la Political Data Agency, come emerge da una conversazione del 27 settembre 2022. «Ha detto che loro vogliono assolutamente fare il contratto [...] c’hanno un rompicoglioni del legale dentro che dice una marea di puttanate e che gli ha aperto un fascicolo la compliance …un macello che non finisce più», racconta Tommaso Verdini al padre Denis e al socio Pileri.
«Quindi mi ha detto: “Per bypassare il problema dice ce l’hai un’altra società con cui noi facciamo il contratto senza spiegare un c***o, lo facciamo veloce si chiude si fa un contratto con un’altra società? E poi vediamo di risolvere la questione”». Verdini continua dicendo che il problema si sarebbe risolto facilmente: «Io ho detto di sì perché c’è la Pda, lo faccio fare alla Pda a Niccolò (Maccallè, ndr), mi rifanno il contratto pari pari domani vengono a prendere i documenti mi rifanno il contratto [...] non vogliono perdere neanche un minuto di rapporto con noi perché è fondamentale [...] Quindi si fa con la Pda e poi tra Pda e Inver mi faccio un contratto di service per l’ufficio, questa roba qua e basta».
Huawei quindi non avrebbe voluto perdere tempo: la conversazione avviene infatti due giorni dopo la vittoria elettorale di Giorgia Meloni. Di lì a poco Salvini sarebbe diventato ministro. Alla fine della discussione, Denis Verdini parla di comprare le quote della Pda, d’accordo con il figlio: «Le quote però cedute da Maccallè si fa dopo… ora ci vuole solo grande pazienza perché ci fanno impazzire su tutto adesso». Da allora è passato un anno e mezzo e, nonostante l’indagine, affari e incontri sono andati avanti. Fino a dicembre, con il meeting tra Huawei e il ministro Salvini, volto familiare a casa Verdini.
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