Prima la consegna degli atti ai ministeri, poi l’incontro coi sindaci di Messina e Villa San Giovanni. Sullo sfondo la certezza, che agita molto i primi cittadini di entrambe le sponde dello Stretto, di perdere i progetti finanziati con il Pnrr (e non solo) che ricadono sulle aree coinvolte dalla costruzione del Ponte sullo stretto. Soldi che probabilmente resteranno inutilizzati grazie alla grande opera riesumata dal ministro delle Infrastrutture, il leghista Matteo Salvini.

Di certo la settimana appena passata, per Pietro Ciucci, amministratore delegato della Stretto di Messina spa, è iniziata con un obiettivo: pubblicare «nei prossimi giorni – ci dice –, subito dopo la convocazione della conferenza dei servizi», l’elenco degli immobili e dei terreni da espropriare per fare spazio al ponte sullo stretto. Ecco perché ai comuni direttamente interessati dalla posa della prima pietra è stato inviato, almeno con un po’ di anticipo rispetto a quanto accadde nel 2011, l’elenco delle proprietà sottoposte a vincolo di esproprio.

«Ottenere questi elenchi anticipatamente è quanto chiedevamo da tempo alla Stretto di Messina», dice la sindaca di Villa San Giovanni, Giusi Caminiti, «abbiamo, d’altronde, necessità di organizzarci, anzi di prepararci a quello che sarà un vero e proprio allarme sociale. Già da settimane i cittadini fanno la via crucis in comune per capire se la propria casa dovrà essere abbattuta».

Sono subissati da richieste anche gli uffici del municipio di Messina: «Con gli elenchi inviatici prima della relativa pubblicazione sui giornali, potremo fornire maggiori informazioni, così dai primi di marzo organizzeremo degli sportelli nei locali comunali per poter far fronte alle richieste di chiarimento di chi rischia l’esproprio. A Ciucci, nel corso del nostro incontro, tuttavia l’ho detto: credo che a breve ci sarà più di un contenzioso», spiega il sindaco di Messina, Federico Basile.

Fondi perduti

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Da quanto risulta a Domani, però, nessun cambiamento radicale si paleserà dalle nuove carte sugli espropri. È quanto Ciucci ci conferma: «Ci sono state lievi modifiche legate alle variazioni catastali intervenute nel periodo di fermo del progetto e, ancora, agli elementi introdotti dal suo aggiornamento».

Se si replicheranno pertanto i piani del 2011, il blocco di ancoraggio del ponte sorgerà in corrispondenza dell’unico sito archeologico di Villa San Giovanni, Forte Beleno. Con la differenza che oggi proprio su quel sito grava un investimento di un milione e mezzo di fondi Pnrr per la relativa riqualificazione. Il risultato è che sarà perduto, stanziato e investito a vuoto.

Non più «il recupero dell’area attraverso la riforestazione urbana», non più – come si legge nei documenti del progetto – «la realizzazione di un parco multifunzionale e di uno spazio verde adibito a gioco ludico». Soltanto il blocco dell’esecuzione dei lavori. Un vero e proprio spreco di risorse economiche per dare vita al ponte, la cui realizzazione è tutt’altro che certezza nel futuro del paese.

Stessa sorte toccherà poi ai sette milioni del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) per la riqualificazione, sempre a Villa San Giovanni, del lungomare e per la mascheratura della variante Cannitello, concepita all’epoca come opera propedeutica al ponte ma rimasta, con la successiva bocciatura dell’infrastruttura, un muraglione di cemento di notevole impatto ambientale.

I residenti lo chiamano «l’ecomostro». I lavori in mano al soggetto attuatore, Rfi, sarebbero dovuti terminare entro febbraio 2022. Non è stato così. «Col ponte e i vincoli di esproprio, rischiamo che la mascheratura, per cui sono stati impiegati solo due milioni rispetto ai sette previsti, non venga conclusa», dice la sindaca di Villa, «per questo abbiamo chiesto alla società Stretto di Messina che il comune possa ottenere i cinque milioni non ancora spesi, ma è tutto da vedere».

A Messina, invece, «in zona Gazza, dove si prevede lo spostamento della stazione centrale, c’era un finanziamento, non Pnrr ma di altro tipo, di un paio di milioni», è laconico il sindaco Basile. Anche in questo caso, a causa del ponte, ci potrebbe essere un cambio di programma “obbligato” dalla scelta di Salvini.

Espropri al risparmio

«Al pari del 2011, tremila dovrebbero essere gli espropri complessivi tra Villa e Messina», precisa inoltre Caminiti «con 150 case private nella sola Villa». E gli indennizzi? «Parliamo – risponde la sindaca – di un totale di 300 milioni: una cifra bassissima, meno della metà di quella che dovrebbe essere considerata adeguata. In più – dice – non si tiene conto che per tutte queste persone verranno meno diritti esistenziali, il diritto all’abitare in primis. E poi chi pensa a tutte quelle case, non rientranti nella lista espropri, ma comunque danneggiate? Case che, per il ponte, entreranno in un cono d’ombra o non godranno più della vista panoramica che hanno: in questi casi il danno è legato alla valutazione economica degli immobili».

Sul punto l’amministrazione di Villa non intende dare carta bianca. «La mia amministrazione – prosegue la sindaca – si opporrà a tutti gli espropri non strettamente necessari: è paradossale che, almeno nel piano del 2011 e probabilmente anche ora, rientri una villa di un privato, dal valore di un milione di euro, da abbattere per costruire un’area lavaggio, un’area da cantiere. Cercheremo inoltre di evitare gli errori del passato: sempre nel 2011 i cittadini soggetti a esproprio vennero ricevuti dalla Stretto di Messina, nei sessanta giorni successivi alla pubblicazione delle liste, in un albergo. Oggi – continua Caminiti – i cittadini dovranno manifestare le loro osservazioni nei locali comunali e non in solitudine».

Poi c’è il protocollo che ai comuni interessati dagli espropri è stato chiesto di sottoscrivere. «Io, a differenza della precedente amministrazione che nel 2011 lo firmò, non lo farò – dichiara Giusi Caminiti – Il protocollo riguarda forme di arbitrato per quantificare gli indennizzi in caso di controversie, ma sul punto esistono le norme di legge: sono quelle che bisogna seguire. Firmerò solo e soltanto qualora il protocollo sia migliorativo per i cittadini».

Sempre dall’amministrazione di Villa San Giovanni, si fa largo, infine, una proposta, oltre a quella di «fare dei pilastri del ponte degli attrattori turistici» in modo che, nel caso di mancata costruzione dell’opera, non siano cattedrali nel deserto. «Occupare temporaneamente gli immobili, evitando di espropriarli, e poi restituirli alle famiglie a seguito della costruzione del ponte. Nel caso di espropriazione necessaria, invece, sarebbe opportuno – afferma la sindaca – consentire ai cittadini di scegliere tra l’indennizzo in denaro o una nuova casa. Chiederemo che vengano costruite centocinquanta villette a schiera».

«Cantieri? Non per l’estate»

Salvini e Ciucci hanno annunciato trionfanti: «Lavori entro l’estate 2024». La realtà tuttavia è dura da accettare. Sulle tempistiche, infatti, restano moltissime perplessità. Lo stesso Ciucci, facendo quasi un passo indietro, dichiara a questo giornale che «l’approvazione del progetto definitivo da parte del Cipess nonché la dichiarazione di pubblica utilità, sulla scorta delle attuali procedure in corso, potrà avvenire a metà del 2024 e che soltanto successivamente potrà avviarsi la procedura attuativa degli espropri».

«C’è bisogno dell’approvazione del progetto da parte del Cipess e prima si deve avere l’ok sulla valutazione di impatto ambientale. Non è affatto vero che i cantieri verranno aperti questa estate. Solo nell’autunno 2024 avremo, eventualmente, i cantieri per le opere preliminari al ponte – conferma Caminiti – E le dichiarazioni del ministro Salvini sull’opera che, in termini di incremento di Pil, farebbe bene al Nord, lasciano spazio ad altri dubbi. Per Villa San Giovanni sarebbero necessari investimenti sul sistema dei trasporti, un porto traslato a sud della città per evitare l’attraversamento di 4,5 milioni di mezzi leggeri e pesanti all’anno, un rilancio da un punto di vista turistico».

«Per la Calabria tutta – conclude Caminiti – la priorità non è il ponte sullo stretto, ma la sanità, la scuola, il sociale. Tutti ambiti che, col progetto di autonomia differenziata, rischiano di restare sempre più indietro». La realtà, appunto, supera la propaganda.

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