Trentadue anni sono trascorsi dall’omicidio di Fausto Borgioli, uno degli uomini del gangster Francis Turatello, meglio conosciuto come Faccia d’Angelo. Un cold case - quello di Borgioli, morto il 19 ottobre del 1992 al Lorenteggio - che è stato finalmente risolto. Secondo gli investigatori l’uomo che sparò cinque fatali colpi di pistola è Giuseppe Caminiti, il “re dei parcheggi di San Siro”, arrestato lo scorso 30 settembre nell’operazione della procura di Milano che ha decapitato le curve di Inter e Milan.

A Caminiti, originario di Taurianova in provincia di Reggio Calabria, i finanzieri hanno notificato in carcere una nuova ordinanza di custodia cautelare: ora è anche accusato di omicidio.

«Poi ti spiegherò… ti spiegherò la storia di sta via qua un giorno…  c’ha una storia importante fratello! La storia di sta zona… questa mi ha sverginato a me sta zona qua! Lo sai? Nella via li Montegani ho fatto danni eh! Li ho fatto danni», dice Caminiti intercettato nel 2020 per l’inchiesta “Doppia curva”, cioè quella che ha svelato gli intrecci criminali tra gruppi organizzati di Milan e Inter.

E così dal suo racconto intercettato in un’indagine sul business delle curve, gli inquirenti uniscono i puntini. E tornano ai fatti del ‘92. «A distanza di qualche mese, il 27 gennaio 2021 - si legge ancora nell’ordinanza di custodia cautelare - Giuseppe Caminiti chiariva quale era il danno a cui faceva riferimento: confessava invero di essere stato esecutore materiale dell’omicidio di un uomo che abitava in via Montegani 10».

Nelle intercettazioni, parlando col suo datore di lavoro, il “re dei parcheggi di San Siro” chiarisce inoltre le motivazioni alla base del crimine illustrato. Tutto «riscontrava - scrivono i giudici negli atti - con le dichiarazioni già rese da un collaboratore di giustizia».

In “Doppia Curva” Giuseppe Caminiti, detto Pino, viene descritto come il ras «del doppio mondo che governa San Siro».  Aveva il controllo di fatto dei posti auto sin dal 2019. «I parcheggi sono miei, li gestisco io, danno da mangiare», sono appunto le sue parole in una ulteriore intercettazione. «Dietro allo stadio sai c’è un business della Madonna», continua a dire così come i pubblici ministeri rilevano nella registrazione.

Un tatuaggio della Madonna di Polsi sul braccio e amicizie “eccellenti” poi lo caratterizzano. In primis quella con «esponenti di spicco della ‘Ndrina degli Staccu di San Luca». Poi quella con Giuseppe Calabró, alias “U duttiricchiu”, ora a processo, 49 anni dopo, in seguito alla riapertura del procedimento sul sequestro e omicidio di Cristina Mazzotti, la diciottenne sepolta viva in una buca di cemento e fatta ritrovare in una discarica dall’anonima sequestri nel Comasco l’estate del 1975.

Proprio una parte dei soldi dei parcheggi di San Siro sarebbero stati destinati, sempre in base a quanto ricostruito dai magistrati, alla parcella dell’avvocato di Calabró, l’uomo dei posti auto insieme a Caminiti che in un’altra intercettazione si vanta di essersi presentato con una tanica di benzina per convincere la proprietaria di una gelateria di Milano a vendergli il negozio.

Insomma Calcio, affari e malavita. Tutto legato da un sottile filo che racconta di un impero criminale di oggi che ha radici lontane e riporta indietro il tempo di trent’anni almeno.

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