- Con 130mila l’ultimo giorno dell’anno, tutte le previsioni più ottimistiche sulla quarta ondata di Covid si sono rivelate sbagliate. E la situazione potrebbe peggiorare ancora.
- Francia e Regno Unito hanno superato quota 200mila casi al giorno. Decessi e ricoveri sono bassi per ora, ma per conoscere davvero gli effetti dell’ondata dovremo attendere ancora qualche settimana.
- Nel frattempo molti si chiedono se torneranno i lockdown: per ora nessun grande paese europeo ha tentato questa strada. Ma se hanno ragione gli anestesisti e a metà gennaio le terapie intensive saranno piene, ogni soluzione rimane sul tavolo.
Tutti gli scenari peggiori sulla quarta ondata di Covid-19 si sono già rivelati tragicamente ottimistici. Un mese fa si parlava di un picco di 30mila contagi a Natale. Fino alla scorsa settimana, gli esperti stimavano che avremmo raggiunto i cento mila nuovi casi al giorno non prima di metà gennaio. Invece, questa cifra è stata superata ieri, con oltre 128mila contagi e 153 morti in un solo giorno.
La situazione è destinata a peggiorare ulteriormente. I casi cresceranno ancora e gli effetti di questa ondata sugli ospedali li vedremo soltanto tra una settimana, quando chi si è ammalato gravemente in questi giorni inizierà a essere ricoverato. Se questi ultimi saranno un numero che il sistema sanitario è in grado di gestire e se il picco di casi si assesterà rapidamente, potremmo uscire da questa nuova ondata relativamente indenni. Ma se, al contrario, i numeri dovessero andare fuori controllo e gli ospedali tornare nella situazione dello scorso inverno, nessuno può escludere il ritorno alle dure restrizioni alla socialità del passato.
I contagi
Con oltre cento mila casi al giorno, quasi 1.200 persone in terapia intensiva e oltre 10mila ricoverati, il sistema dei tamponi italiano è al collasso e gli ospedali iniziano a sentire la pressione dei ricoveri Covid, anche se non sono ancora in una situazione critica.
Tra i più ottimisti su come evolverà questa situazione c’è Pier Luigi Lo Palco, epidemiologo e docente all’università del Salento, che questa settimana ha detto al Corriere: «Il picco ci sarà nella prima settimana di gennaio. Poi la fiammata si spegnerà».
È una stima basata in parte su quanto è accaduto in Germania e Austria, dove l’ultimo picco, tra metà ottobre e la fine di novembre, è durato per circa un mese. Se la curva italiana seguisse un andamento simile, potremmo vedere un rapido calo dei contagi proprio a inizio gennaio.
Ma non ci sono garanzie. Il nostro picco, dopotutto, ha già superato quello tedesco. Siamo a oltre 900 nuovi casi al giorno per milione di abitanti, mentre in Germania ci si era fermati a poco meno di 700 prima di vedere un netto calo. In ogni caso, i contagi sono tornati a crescere anche tra i lander e il paese potrebbe trovarsi presto di fronte a un’altra ondata.
Anche la situazione in Francia non consente di restare tranquilli. Nel paese si registrano ormai oltre 200mila nuovi casi al giorno. L’incremento dura da oltre un mese e mezzo e per ora non mostra cenni di flessione.
I ricoveri
Questi numeri, però, ci dicono poco su quante persone finiranno in ospedale, il vero indicatore che le autorità sanitarie guardano con preoccupazione. I vaccini offrono una protezione senza precedenti dal rischio di ricovero e decesso, mentre gli ultimi studi sembrano confermare che Omicron causa oltre un terzo di casi gravi in meno rispetto a Delta.
Il numero di contagi, quindi, è un indicatore sempre meno affidabile della gravità della situazione. Ma se il numero di casi sarà sufficientemente alto, anche una malattia meno grave rischia di causare il ricovero di così tante persone da mandare in tilt il sistema ospedaliero, causando ritardi nel trattamento delle patologie non Covid e quindi un aumento dei decessi.
Con la variante Omicron «continuerà a esserci un’immensa pressione sul personale sanitario ormai esausto e su sistemi sanitari sull’orlo del collasso», come ha ricordato questa settimana Tedros Adhanom Ghebreyesus, segretario dell’Organizzazione mondiale della sanità, impegnato da settimane in continui appelli affinché i governi prendano seriamente l’arrivo della nuova variante.
Un indicatore particolarmente importante della pressione ospedaliera è il tasso di occupazione delle terapie intensive, l’ultima linea di difesa contro il Covid. In Italia abbiamo circa 10mila posti nei reparti di rianimazione, di cui almeno 7-8mila sono in genere occupati da malati non Covid. Significa che con 1.200 ricoverati Covid, il margine di manovra è molto sottile prima che i direttori sanitari siano costretti a liberare letti destinati ad altri pazienti. Alcuni ospedali hanno già dovuto fare questa scelta.
Secondo Alessandro Vergallo, presidente nazionale dell'Associazione anestesisti rianimatori ospedalieri italiani, con l’attuale ritmo le terapie intensive italiane potrebbero riempirsi nel giro di tre settimane, cioè all’incirca alla metà di gennaio.
La situazione all’estero
Sono molti i paesi che si trovano di fronte a situazioni non tanto diverse dalla nostra, oppure in fase ancora più avanzata. Il record di contagi viene superato quotidianamente in Francia, Regno Unito, Spagna e Stati Uniti, soltanto per citarne alcuni.
Nel Regno Unito, dove proprio questa settimana il governo ha deciso di non introdurre nuove restrizioni in vista del capodanno, il servizio sanitario nazionale (Nhs) è «sul piede di guerra», ha detto il suo direttore medico, Stephen Powis. Questa settimana, saranno aperti otto ospedali da campo da cento posti l’uno per accogliere malati Covid lievi, mentre ci si prepara a rendere operativi altri 4mila letti di emergenza.
Si tratta degli ospedali “Florence Nightingale”, dal nome dell’infermiera del XIX secolo, già utilizzati durante le precedenti ondate. Il paese negli ultimi giorni è tornato a essere uno dei principali focolai Covid d’Europa, con un’incidenza per milione di abitanti di quasi due mila casi e un numero assoluto di nuovi contagi individuati ogni giorni pari a 220mila, più alto persino di quello della Francia.
Negli Stati Uniti, che in proporzione alla popolazione hanno in questo momento più o meno gli stessi casi dell’Italia, le cliniche del National Institute of Health, il dipartimento che gestisce i più grandi ospedali dedicati alla ricerca del paese, hanno annunciato ieri di aver iniziato a rinviare gli interventi chirurgici non urgenti a causa dei numerosi casi di Covid tra il personale.
In Francia, il rinvio degli interventi non urgenti è iniziato tre settimane fa, quando le autorità regionali hanno dato il via, una dopo l’altra, al plan blanc, un dispositivo di emergenza che consente di mobilitare gli operatori sanitari e di focalizzare le risorse per fronteggiare una minaccia particolare.
Che restrizioni ci saranno?
La domanda che tutti si fanno è se di fronte a questa situazione avremo nuovi lockdown. Alcuni paesi, come Austria, Slovacchia e Paesi Bassi, sono già ricorsi a questo strumento, in tutti i casi per poche settimane. Ma nessun grande paese ha seguito questa strada. La presenza dei vaccini e il basso numero di ricoveri rispetto ai contagi, hanno fatto sì che quasi ovunque siano in vigore restrizioni minime rispetto a simili picchi del passato.
Le principali sono simili a quelle varate in Italia nelle ultime settimane: estensione dell’utilizzo dei pass vaccinali, obbligo di mascherina o di mascherina Ffp2, cancellazione degli eventi di capodanno. Una grossa differenza con l’Italia è invece il ricorso allo smart working.
Mentre il governo francese ha annunciato che approverà una legge che consenta di multare le imprese che non consentono il telelavoro e in Germania, lo smart working è raccomandato per tutte le attività che possono essere svolte da remoto fin da novembre, in Italia si continua a fare pochissimo smart working e il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta ha annunciato ieri che non intende ricorrere al telelavoro generalizzato per i dipendenti pubblici. Fino a questo momento, il governo non ha nemmeno rivolto un appello a favore del lavoro a distanza. L’unica eccezione è il segretario del Pd Enrico Letta, che ieri in un’intervista a Repubblica, ha chiesto per la prima volta la sua estensione.
Se davvero il picco si arresterà a gennaio, come sperano i più ottimisti, è possibile che usciremo da questa ondata senza nuove restrizioni. Se invece ci troveremo con terapie intensive piene e con malati bisognosi di ricovero tenuti fuori dagli ospedali ormai saturi, tutte le possibilità restano sul piatto. Se Francia, Regno Unito e magari Germania si avvicineranno a un lockdown, sarà difficile per l’Italia non seguirle.
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